La Russia è solo volontà di potenza e potere minaccioso o nella sua ragion d’essere c’è altro? L’invasione dell’Ucraina e le terribili immagini sono sotto gli occhi di tutti e fanno soffrire. Devastazioni e lutti, vittime inermi ed esodo biblico di rifugiati. E non si sa quando questa “pazzia” (Papa Francesco) finirà. L’indignazione è generale e anche il giudizio sulle gravi scelte fatte. Talune reazioni nel mondo del politicamente corretto sembrano però sconcertanti e incomprensibili. Derivano dalla cancel culture, che in questo caso vorrebbe rimuovere i grandi contributi dati dal genio russo all’umanità. Si annullano, perciò, corsi su Dostoevskij in università, non si pagano i contributi agli artisti russi o si allontano direttori d’orchestra. Bene anche non suonare Rimskij-Korsakov o i grandi compositori russi. D’altro canto, come tutti sanno alla base del nazismo c’è Kant e del fascismo Leonardo da Vinci. Le repressioni a Hong Kong erano già scritte nella filosofia di Confucio e di Lao Tse, i quali vanno estromessi dalla Treccani.
Si tratta di mosse sbagliate che dimostrano una debolezza della democrazia e una carenza nella conoscenza dell’altro. E non fanno tesoro degli studi dello psicologo americano Muzafer Sherif, il quale dimostrò, già negli anni Cinquanta con i suoi esperimenti, che i pregiudizi e i conflitti inter-gruppo aumentano, quando c’è una polarizzazione noi/loro. In cui il gruppo dei “loro” è sbagliato non solo moralmente, ma ontologicamente. La persona e la sua cultura vengono, perciò, murati in una chiusura senza ponti.
In questa prospettiva è anche legittimo chiedersi se talune sanzioni vadano a colpire il popolo piuttosto che la dirigenza politica responsabile dell’attacco, creando sofferenza ulteriore. Considerando sempre urgente la necessità di una decisa azione europea nell’aiuto umanitario alla popolazione ucraina e un’accoglienza straordinaria dei rifugiati che scappano dalla guerra.
Si tratta, allora, di partire dal di dentro dell’anima della civiltà russa, per vedere se è possibile un’altra strada, che riapra i sentieri interrotti, anziché ritenere finito il percorso comune. Guardando, con attenzione, se c’è un’altra Russia da scoprire. E una Russia diversa la vediamo in chi, oggi, dice con coraggio “no alla guerra” o in chi fa memoria di una storia diversa: d’amore e rapporto con l’altro. La storia russa ci consegna anche la memoria dei santi Boris e Gleb, canonizzati nel 1020. Ivan Kologrivov in Santi russi (La Casa di Matriona, 1981) racconta che Boris, anziché fare resistenza armata al fratello che vuole ucciderlo, lo aspetta in preghiera e lacrime. Si affida nell’angoscia lacerante a un Altro, totalmente. E dal testo curato da Bianchi, Magnanini, Salamoni, Culture della disobbedienza. Tolstoj e i duchobory (Bulzoni, 2004) emerge la storia di una pacifismo morale attivo e vivo. Nel celebre film Sacrificio (1986) di Tarkovskij viene messa in luce la sostituzione vicaria del protagonista che si offre per la salvezza dell’umanità dalla catastrofe nucleare. Che dire, poi, dei santi martiri russi del XX secolo? Sono il seme fecondo di una terra di pace per tutti e di una Russia diversa.
Insomma, in questo momento, laddove è possibile, bisogna rimemorare all’altro la verità della sua storia e così facendo rimemorare l’origine della propria. E andando alla genesi di una storia, non si trova l’odio di Empedocle che tutto disgrega, ma Vladimir di Kiev, padre terreno di un’unità ontologica e reale.
Vladimir si converte, per tutto quel mondo oggi in fiamme, perché attratto e sedotto dalla Bellezza sovrannaturale della liturgia, non dalla bruttezza del male. E dopo aver interiorizzato il cristianesimo, abbatte gli idoli. Ecco perché l’appello di oltre 270 sacerdoti russi, pubblicato da La Nuova Europa, andrebbe letto dappertutto e considerato anche dai radical chic. C’è una verità più forte dell’idolo del Potere: piccolo o grande che sia.