Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia e Presidente del Centro Studi EconomiaReale, non ha molti dubbi: da sole le sanzioni contro la Russia non possono rappresentare una vera mossa strategica per cercare di risolvere la crisi ucraina, «anche perché creano conseguenze negative anche per chi le applica, all’Ue più che agli Stati Uniti. È evidente che un sostegno ai settori penalizzati deve essere dato dall’Europa nel suo insieme, non solo dai singoli Stati».
In che modo l’Europa dovrebbe intervenire?
Anzitutto annunciando subito che del ritorno delle regole del Patto di stabilità e crescita nel 2023 non se parla, rinviando quindi la necessaria riforma su cui in passato ho già espresso le mie proposte. E poi attuando la mossa sicuramente più importante.
Quale?
Se di fronte al Covid si è riusciti per la prima volta ad approvare una manovra europea da 750 miliardi, ora, di fronte alle esigenze della guerra e del dopoguerra che verrà, occorre quanto meno raddoppiare il Next Generation Eu, con una natura però completamente diversa fin dall’origine: le risorse vanno reperite con l’emissione di eurobond e destinate ad alimentare tre fondi comuni. Non si tratta di risorse da assegnare ai singoli Stati, se non in secondo momento a livello quasi organizzativo: sul piano decisionale questa volta occorre davvero creare l’embrione di un bilancio federale europeo.
Ha parlato di tre fondi europei. A cosa dovrebbero servire?
Il primo per i necessari sostegni alle imprese e ai settori colpiti dal boomerang delle sanzioni. Vi sono infatti nell’Ue Paesi (per esempio, Italia e Germania) che subiscono più di altri (vedasi la Francia che ha 58 centrali nucleari) i contraccolpi delle pur necessarie misure contro Mosca. Il secondo fondo va destinato alla creazione di una difesa europea nell’ambito Nato, che presuppone ovviamente anche uno stretto coordinamento tra i vari eserciti degli Stati Ue. Infine, vi è il fondo più importante e urgente destinato finanziare a un piano energetico comune: l’Europa, purtroppo, negli ultimi vent’anni si è legata ai gasdotti russi e ora deve sganciarsi da essi.
Aumentando l’afflusso da altri gasdotti?
Non solo. Per raggiungere un’indipendenza energetica l’Europa deve cercare di diversificare le fonti di approvvigionamento. Può raggiungere questo obiettivo aumentando il numero di rigassificatori, sfruttando maggiormente i propri giacimenti di gas e puntando sulle rinnovabili e sul nucleare.
In Italia però abbiamo fatto due referendum sul nucleare, il cui esito è stato piuttosto chiaro…
Si può benissimo pensare di finanziare a livello europeo la costruzione di altre centrali in quei Paesi dove già esistono per rifornire le altre aree dove invece non si possono realizzare. Del resto già ora in Italia importiamo energia prodotta col nucleare dall’estero. Come detto, si tratta di realizzare un piano energetico europeo, quindi l’importante è che la produzione sia sul territorio dell’Ue e che ci sia finalmente una vera integrazione strategica delle reti di trasmissione di energia elettrica e non una semplice interconnessione tecnica come oggi.
Per questi interventi che ha delineato servirebbe comunque un salto in avanti dell’Europa molto importante rispetto anche a quello che abbiamo visto a Versailles la scorsa settimana.
Certamente. Del resto l’Ue ha fatto passi avanti nell’integrazione solo di fronte a crisi profonde. Purtroppo nella routine non riesce ad andare avanti. L’attuale crisi è quindi una grossa opportunità politica.
Nel frattempo cosa dovrebbe fare il Governo italiano?
Secondo me dovrebbe agire urgentemente. A seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, famiglie e imprese sono state chiamate, infatti, a pagare un extra-costo per le bollette di luce e gas pari a circa 35 miliardi di euro a trimestre. Di questa somma, solo 15 miliardi sono trasferiti all’estero per l’aumento effettivo del costo della materia prima. I rimanenti 20 sono extra profitti per le aziende energetiche e tasse in più incassate dallo Stato. L’esecutivo dovrebbe varare misure di sostegno contro il caro bollette pari almeno a 50 miliardi.
Con quali risorse?
Le risorse necessarie vanno trovate appunto negli extra profitti delle compagnie e nella fiscalità. Il Governo, essendo azionista delle grandi aziende energetiche e il soggetto che decide sulla tassazione, ha ampia autonomia su questo fronte. Se occorressero altre risorse, allora si può pensare a uno scostamento di bilancio, meglio se in coerenza con l’auspicato rinvio del ritorno in vigore delle regole del Patto di stabilità. È poi importante che il Governo metta a punto, in connessione con quanto farà l’Europa, un piano energetico nazionale che nel nostro Paese manca da oltre vent’anni, e che acceleri sul fronte delle riforme.
Lei già il mese scorso auspicava un’accelerazione su questo fronte…
Allora dicevo che le riforme strutturali dovevano essere varate in tre-quattro mesi. Dopo lo scoppio della guerra lo scenario è cambiato e bisognerebbe approvarle in 6-7 settimane.
Bisognerà trovare allora una coesione nella maggioranza che poco si è vista negli ultimi tempi.
Se neanche di fronte a una guerra si trova una coesione strategica…
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI