Tra carriera e vita privata, Paolo Calabresi a tutto tondo a Oggi è un altro giorno. L’attore ha esordito parlando del grande dolore provato per la morte dei due genitori, scomparsi a dieci giorni di distanza l’uno dall’altra: “A distanza di anni posso dire che hanno deciso di volare via insieme. Mia madre aveva una malattia, mio padre stava benissimo. Quando lui si accorse che per mia madre non c’era nulla da fare, si fece venire un infarto nel sonno dieci giorni prima di lei. Come se fosse andato elegantemente ad aprirle la porta”.
Un momento difficilissimo per Paolo Calabresi, considerando che nello stesso periodo passò a miglior vita il suo maestro Giorgio Strehler: “Strehler era il mio punto di riferimento professionale, il papà professionale diciamo. Lì per lì era come se non mi fosse successo nulla. Ho rimosso, sono andato avanti come se non fosse accaduto nulla. Poi questo forziere è scoppiato con ampio ritardo e due anni dopo ho avuto una depressione professionale molto forte”.
PAOLO CALABRESI A OGGI È UN ALTRO GIORNO
Dal manager di Casiraghi a Marilyn Manson, Paolo Calabresi nella sua carriera ha vestito i panni di diverse star per prendere in giro il sistema. L’esempio più eclatante fu la trasformazione in Nicolas Cage per assistere a Milan-Roma: “Dopo la serata a San Siro, ho riflettuto molto su quello che mi era accaduto. Io quella sera avevo semplicemente fatto il mio lavoro: ho fatto finta di essere un altro, con credibilità. C’era talento e coraggio, ma vicino a me non c’era nessuno che sapeva che stessi recitando. Tutti erano inconsapevoli di essere attori”. “Ho pensato di dover continuare a fare questo tipo di installazioni. Per 7-8 anni ho continuato a fingere di essere persone realmente esistenti in situazioni reali, all’insaputa di tutti. Ho dato il via a una serie di cose, alcune anche pericolose”, ha raccontato Paolo Calabresi nel salotto di Serena Bortone: “C’era un senso di sberleffo verso un sistema che ti fa sentire importante. Ma c’era anche un amore sincero per l’essenzialità del mio lavoro. Poi c’era anche uno stato di confusione mentale, per il dolore da dove tutto è partito: con queste performance esorcizzavo il dolore e mi dimenticavo di me stesso”.