E così gli Ucraini stanno arrivando. Sarebbe meglio dire le ucraine stanno arrivando, perché sono tutte donne con bambini e ragazzini, e qualche anziano.
Siccome non faccio solo articoli per il Sussidiario, ne ho presi cinque in casa mia. E già molti altri vengono qui a chiedere aiuto: case dove stare, indicazioni sui documenti da compilare, possibilità di imparare la nostra lingua.
Per fortuna io la loro la conosco bene. Ho insegnato per quasi vent’anni lingue in Kazakistan all’università, e negli ultimi cinque anni all’Accademia diplomatica. In più ho qui un corso di italiano per bambini che sembra fatto apposta per questi ragazzini e le loro mamme.
“Non pensavamo che studiare in Italia fosse così divertente!”, mi dicono. Poverini, non sanno ancora che quando saranno inseriti nelle nostre scuole non a tutti capiterà un insegnante buffone come me. E non necessariamente negli intervalli verrà loro data cioccolata con panna come fa Luciana.
Di notte la piccola di 7 anni ha gli incubi. Sogna che la casa dove si trova, la mia, possa essere distrutta come la sua, a Kharkiv. Per fortuna i missili di Putin non sono ancora arrivati a Porta Venezia e, soprattutto, gli incubi, a differenza del Covid, non sono contagiosi. E così, per ora, almeno io dormo tranquillo.
In parrocchia molti mi aiutano in mille modi e qualcuno mi dice bravo. Allora rispondo che non è che sono bravo, ma che don Edo è un po’ come don Rodrigo: ha con sé molti bravi…
La direttrice della scuola e anche molte persone del quartiere che “non sono della parrocchia” collaborano con un rispetto che hanno scoperto di avere per una Chiesa che a loro sembrava inutile, se non dannosa.
E poi incominciano ad accadere cose che vale la pena di raccontare. Da me sono capitati una signora che ha la cattedra di medicina interna all’Università di Kharkiv, la sua bimba di 7 anni e tre adolescenti accompagnati da lei, figli di colleghi dell’università e addirittura del rettore. Non li ho scelti io. Avevo solo dato la disponibilità per cinque posti e me li sono trovati così. Adesso si prestano molto per aiutare gli altri ucraini che non hanno tutti il loro livello di cultura.
La professoressa si sta già collegando via internet con l’Università di Kharkiv per riprendere le sue lezioni. Il rettore e gli insegnanti hanno deciso che nonostante la città sia attualmente accerchiata e bombardata bisogna dimostrare al mondo, e a se stessi, che non ci si arrende, anche continuando ad insegnare, mai come in questo caso a educare. Certo le lezioni in presenza sarebbero meglio, ma anche in Dad non sono da buttar via.
Tra le persone che mi aiutano vorrei citarne due. Maurizio, che a sua volta è un profugo perché due mesi fa il palazzo in cui abitava è bruciato, e ora è ospitato da amici. E poi Roberto, che ho fatto tornare d’urgenza dalle sue vacanze, perché, come Maurizio, è un uomo pratico e lui sa fare anche quello che altri dicono che bisognerebbe fare.
Nella tragedia della guerra accadono anche miracoli di pace, come quello dell’altra sera. Avevo accompagnato i miei ospiti ad un concerto al Conservatorio di Milano, organizzato in collaborazione con Avsi per il sostegno dei profughi dall’Ucraina, e all’uscita ho incontrato Denis, uno straordinario talentuoso pianista di Mosca, che quest’anno ha vinto il primo premio del concorso del Conservatorio per il suo strumento. L’ho conosciuto due anni fa perché, arrivato a Milano con regolare borsa di studio, aveva trovato il pensionato chiuso per Covid e non sapeva dove andare a vivere. Così la generosità di una famiglia che abita di fronte alla chiesa e che ama la musica (ha 2 pianoforti in casa) gli ha permesso di essere accolto.
Dopo averlo presentato ai miei nuovi amici ucraini c’è stato solo un attimo di reciproco imbarazzo: poi subito i ragazzi lo hanno tranquillizzato dicendo di non farsi problemi perché loro hanno tanti cari amici russi. Com’è ovvio!
E Denis, allora, ha promesso che verrà presto a suonare per loro e per i loro amici. Se questo non è un esempio di pace!
Purtroppo, si sa, rimangono molti problemi. Ad esempio le famiglie che sono disposte ad ospitare, a volte, sono messe davanti a un impegno da prendersi per almeno sei mesi. I bambini, prima o poi, saranno inseriti nelle scuole e, credo, negli oratori estivi, ma le mamme? Molte si illudono di poter tornare presto a casa. Già, ma nel frattempo?
Cari politici, tra una spedizione di armi e la partecipazione, dovuta, a un talk show, perché non vi fate venire un’idea in proposito?
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