Alle 5 del mattino di un mese fa cominciava l’“operazione militare speciale” – così definita da Vladimir Putin – dell’esercito russo in Ucraina. Nel giro di pochi minuti, quella che fino al giorno prima era sembrato soltanto un grande azzardo, una gigantesca partita a scacchi della Russia con gli Usa e la Nato, era diventata guerra vera, combattuta sul terreno. 28 giorni dopo, la politica si fa ancora con le armi e con le vittime.
Abbiamo fatto il punto della situazione con Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver. “Poiché la guerra lampo è fallita, adesso il Cremlino sta puntando su due obiettivi specifici”, spiega Indelicato: “isolare Kiev per fare pressione sul governo e avanzare lungo la costa orientale e nelle province orientali”.
Il resto non possiamo saperlo. Ma ci sono altri fatti salienti. Innanzitutto il peso dei rifornimenti di armi occidentali: “ha un peso solo propagandistico, non credo che cambi di molto la situazione sul campo. Influiscono molto di più le informazioni di intelligence che la nato fornisce all’Ucraina”. E poi ci sono i rischi legati alle operazioni, soprattutto al confine orientale europeo. “Una singola esplosione al di là del confine bielorusso darebbe il pretesto a Lukashenko di intervenire direttamente in Ucraina al fianco di Putin”.
I russi attualmente dove sono più in difficoltà?
Le difficoltà maggiori le truppe di Mosca le stanno avendo nella zona attorno Kiev. Gli ucraini qui hanno innalzato solide difese, la linea del fronte è stata ben fortificata usando tattiche come l’allagamento dei terreni attorno al fiume Irpin, il corso d’acqua che divide la periferia della capitale con le cittadine dell’hinterland occidentale da cui i russi provano ad avanzare. Inoltre ovviamente qui gli ucraini sono ben motivati: difendere Kiev è difendere il cuore politico del Paese.
E dove invece sono in vantaggio?
Sono riusciti a imprimere una certa accelerazione alla loro avanzata nel sud dell’Ucraina. Credo per due motivi fondamentali: non ci sono grandi centri urbani da conquistare, la stessa Mariupol o la stessa Kherson sono sì importanti città ma non sono metropoli e non vanno oltre i 300mila abitanti.
E l’altro motivo?
È dato dal fatto che anche una buona strategia difensiva ucraina deve scontrarsi con il fatto che la coperta, rispetto al potenziale di fuoco russo, è corta: se si difende Kiev, occorre mettere in conto la possibilità di lasciare sguarnito un fianco. In questo caso, il fianco meridionale.
Vediamo adesso le forze ucraine.
In generale, si stanno difendendo meglio nelle grandi città. Si è detto prima del caso di Kiev, ma anche Kharkiv, Chernihiv, Sumy, sono tutti esempi dove l’esercito ucraino ha dato prova di un’ottimale strategia difensiva.
A cosa si deve?
Alla conoscenza del territorio da parte delle proprie truppe e alla difficoltà dei russi di attuare una guerra urbana, difficoltà aumentata anche dal fatto che a Mosca si è deciso di non calcare la mano con i bombardamenti sulle grandi città. Inoltre l’esercito ucraino è stato molto abile nello “sporcare” le retrovie russe.
Cosa significa?
Lì dove i soldati di Mosca sono avanzati, esistono, soprattutto nel nord del Paese, sacche di soldati ucraini che creano scompiglio dietro le linee e provocano rallentamenti nell’avanzata nemica.
Qual è la situazione a Mariupol, città simbolo e uno dei fronti più caldi?
Mariupol è tecnicamente caduta in mano ai russi. Mosca nel sud del Paese è riuscita a conquistare molti territori. Una volta raggiunte Melitopol e Berdyansk, sul Mar d’Azov, l’esercito russo è riuscito a circondare Mariupol e a creare una fascia di sicurezza attorno alla città di 50 km. Vuol dire quindi che i soldati ucraini all’interno della città non possono ricevere rifornimenti e non possono comunicare con gli altri reparti dell’esercito. Tuttavia essendo qui presente il Battaglione Azov, il più ideologizzato e schierato su posizioni nazionaliste, credo che la battaglia andrà avanti fino all’ultimo palazzo di Mariupol.
Perché Mariupol è così importante per Mosca?
Perché permetterebbe di congiungere i territori già conquistati dall’offensiva iniziata il 24 febbraio con quelli delle repubbliche separatiste del Donbass. Si creerebbe quindi un lungo corridoio tra la Crimea e Lugansk, primo vero obiettivo militare per il Cremlino. Questo corridoio potrebbe essere il preambolo o della creazione di territori cuscinetto tra la Russia e un’Ucraina ridimensionata territorialmente oppure, in caso di ulteriori avanzate, della presa di possesso delle regioni orientali del Paese.
Altri fronti sotto la tua attenzione?
Si parla molto di Odessa, ma per il momento a parte alcuni raid compiuti in questi giorni non si segnalano qui molti movimenti. I russi sono ancora bloccati alle porte di Mykolaiv e anzi qui stanno subendo alcuni timidi ma importanti contrattacchi ucraini. È quindi importante monitorare quanto sta accadendo proprio a nord di Mykolaiv e di Kherson.
Quale sarebbe l’obiettivo delle forze russe?
Qui i russi potrebbero decidere di avanzare, risparmiando per il momento Odessa, e premere verso Dnipro, isolando quindi l’est dell’Ucraina dalle regioni occidentali. Stesso discorso vale per il fronte a nord di Mariupol: nell’entroterra le truppe di Mosca potrebbero tentare di avanzare verso Zaporizhzhia e anche in questo caso verso Dnirpo. Entrambe le operazioni potrebbero isolare definitivamente l’est dell’Ucraina. Importante è anche il fronte di Izium.
Di che si tratta?
Izium è una cittadina tra Kharkiv e Lugansk, caduta negli ultimi giorni in mano ai russi. Gli ucraini qui stanno opponendo una forte resistenza perché in caso di definitiva presa nemica del territorio, l’esercito di Mosca andrebbe a ricongiungersi da nord e da ovest con le repubbliche separatiste. Complessivamente, come si può vedere, le province orientali dell’Ucraina sono quelle in cui si stanno concentrando i massimi sforzi bellici.
Alla luce di tutto questo, quale poteva essere la strategia di Mosca e come è stata modificata?
La Russia puntava a una guerra lampo in quanto il piano A prevedeva uno sfaldamento politico, prima ancora che militare, dell’attuale Stato ucraino. Questo non è avvenuto, non solo per la resistenza offerta dall’esercito, ma anche per una popolazione che non ha accolto i russi con il tappeto rosso, come forse ci si aspettava dal Cremlino almeno nelle regioni orientali. E allora adesso si sta puntando su due obiettivi specifici: isolare Kiev per fare pressione sul governo e avanzare lungo la costa orientale e nelle province orientali.
“Non intendiamo occuparci delle riforme istituzionali nelle zone liberate dell’Ucraina” ha detto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Esistono al momento “zone liberate”?
Dal punto di vista russo, le zone dell’est dove le truppe hanno potuto porre la loro bandiera sono zone liberate dalla presenza di autorità “naziste”. Questo è il punto di vista di Mosca e si può spiegare così l’affermazione del portavoce del Cremlino. Sappiamo però che a Kherson, a Melitopol e in altri centri dove già i russi sono arrivati la gente non è ben contenta dello sventolio di bandiere diverse da quelle dell’Ucraina.
Allora come commenti quella dichiarazione?
Peskov ha per il momento chiuso alla possibilità di tenere referendum volti a far sganciare questi territori dal resto del Paese. Niente Crimea per intenderci, almeno per il momento. Le truppe si limiteranno a togliere amministratori non favorevoli alla Russia e a piazzare altre autorità filorusse, ma in ambito “ucraino”. Occorre capire poi se, in caso di ulteriore avanzata, Mosca non decida di creare nuove entità statali.
Il rifornimento di armi occidentali a Kiev ha un peso quantitativo o anche qualitativo?
Ha un peso solo propagandistico. Tutti in guerra fanno propaganda, anche chi sostiene indirettamente una parte. l’Europa fornisce armi che, in primo luogo, non è detto che arrivino a destinazione, visto che i russi bombardano anche gli aeroporti delle regioni occidentali dell’Ucraina. In secondo luogo, non credo che cambi di molto la situazione sul campo.
Sai dirci cosa sta fornendo l’Italia?
Si parla di missili stinger, così come di mitragliatrici 12.7 Browning, mitragliatrici MG 7.62, almeno 200 lanciarazzi e missili anticarro Milan. Poi anche elmetti e giubbotti antiproiettili, almeno 5mila.
Quali saranno secondo te le prossime iniziative russe?
Proseguire con le avanzate sul campo non appena arriveranno nuovi rifornimenti lungo i fronti più cruciali. Non credo che da parte di Mosca, ma così come anche da parte di Kiev, arriveranno novità dal fronte politico.
C’è un nesso tra i molti generali russi che sono stati uccisi e il supporto di intelligence occidentale?
Indubbiamente gli ucraini non sparano a casaccio. Se hanno potuto uccidere così tanti generali è perché hanno avuto, anche dall’estero, precise indicazioni su determinati movimenti avversari. Le informazioni di intelligence da parte della Nato, e degli Usa in particolar modo, si stanno rivelando più importanti delle armi inviate. E questo già prima della guerra.
Puoi farci un esempio?
Perché Mosca non è riuscita a imporre un preciso dominio sui cieli ucraini nonostante intensi bombardamenti? Kiev ha avuto indicazioni, a pochi giorni dal conflitto, di spostare i propri aerei in basi minori in tutto il Paese e non concentrarli in aeroporti su cui erano prevedibili i raid russi. Se oggi l’Ucraina ha ancora a disposizione una parte della propria aviazione, è grazie a questo “suggerimento” arrivato dall’intelligence Nato.
Secondo Stoltenberg l’eventuale impiego da parte di Mosca di armi chimiche “avrebbe conseguenze di vasta portata e sarebbe inaccettabile”. Sai dell’utilizzo di armi chimiche o di bombe al fosforo, oppure è ancora questione indecidibile?
Quando si parla di armi chimiche si entra in un campo in cui la verità è molto difficile da decifrare. Ricordiamoci ad esempio che in Siria in ben due occasioni si è sfiorata negli anni passati l’escalation sulla base di presunti attacchi chimici ancora oggi non dimostrati. Quindi le dichiarazioni circa il possibile impiego di armi chimiche, dall’una e dall’altra parte, vanno prese con le pinze.
Temi operazioni false flag?
In un contesto del genere operazioni di false flag sono sempre in agguato. Difficile però prevederle, proprio per la loro natura. C’è da dire che nella fase iniziale del conflitto non ce n’è stato bisogno: i russi hanno attaccato puntando su pretesti storici e su richieste difensive delle repubbliche autoproclamate, senza aspettare specifici episodi “autoindotti”.
Secondo te quali sarebbero e come verrebbero procurate le “conseguenze di ampia portata” citate da Stoltenberg?
Occorre temere maggiormente “incidenti” che coinvolgano Paesi attualmente “terzi”. Una singola esplosione al di là del confine bielorusso darebbe il pretesto a Lukashenko di intervenire direttamente in Ucraina al fianco di Putin, ad esempio. Così come un bombardamento, vero o presunto, di mezzi militari Nato impegnati a portare armi in Ucraina darebbe il via a ulteriori grandi escalation dalle conseguenze imprevedibili.
Hai notizia di ripercussioni sulle trattative di quanto sta avvenendo sul campo?
Le uniche ripercussioni riguardano i corridoi umanitari, quelli che si riesce ad aprire veramente. Per adesso le due delegazioni diplomatiche sono riuscite a concordare locali tregue per i civili e nulla più. Per il resto, purtroppo, la parola è in gran parte affidata alle armi.
(Federico Ferraù)
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