Quello della famiglia di Pamela Mastropietro è un dolore senza verità. C’è tanta rabbia, perché non è stata riconosciuta la violenza sessuale dalla Cassazione, che ha disposto un nuovo processo in appello. “Nella scorsa udienza in Cassazione i giudici hanno confermato da una parte che è stata uccisa da Oseghale, escludendo la morte per overdose, ma hanno rimesso in discussione la violenza sessuale, rinviando a Perugia per discutere di questo reato in Appello“, ha spiegato a Storie Italiane l’avvocato Marco Valerio Verni, che è anche lo zio della ragazza violentata e fatta a pezzi da Innocent Oseghale.
“Dobbiamo essere onesti e dire che aspettiamo le motivazioni per capire il percorso seguito dai giudici. D’altra parte, la violenza sessuale era stata riconosciuta dalle corti di Ancona e Macerata, che erano state categoriche. Se Oseghale è stato condannato all’ergastolo è anche perché l’omicidio era preceduto dalla violenza sessuale. Quindi, si rischia di mettere in discussione il movente del delitto“, ha proseguito il legale nella sua analisi.
LA RABBIA DELLA ZIA DI PAMELA MASTROPIETRO
Sconcertata è la zia di Pamela Mastropietro, anche lei in studio. “Siamo decisi a lottare per la verità e per la giustizia“. A Storie Italiane ha spiegato di essere stata amministratrice di sostegno, quindi per questo di essere a conoscenza dei problemi che aveva la ragazza. “Quello che deve emergere è la grave patologica psichiatrica di Pamela, borderline grave, alla base dei suoi comportamenti, delle sue paure e delle sue reazioni. Negli ultimi tempi era stato accertato che aveva distacchi autistici dalla realtà. Sono tutti aspetti che devono essere conosciuti e sottolineati“, ha evidenziato la zia di Pamela Mastropietro.
“Invece si è sempre insistito sulla tossicodipendenza. Ancora oggi leggo da parte di giornalisti importanti e pseudo-scribacchini scrivono che la comunità da cui si era allontanata è una per tossicodipendenti. Invece è a doppia diagnosi. Questo disturbo psichiatrico l’ha portata alla droga“. Ora dovranno affrontare il processo d’Appello e coglieranno l’occasione per ribadire questi aspetti. “È clamoroso che questa patologia psichiatrica sia stata sottovalutata. Abbiamo dovuto faticare per inserirla nel ragionamento generale“, ha aggiunto l’avvocato Marco Valerio Verni.