“Il governo valuta di attivare lo stato di allarme dopo l’ultimatum di Putin sui pagamenti in rubli”. La notizia è trapelata nel pomeriggio suscitando preoccupazione. Un’ora dopo fonti di governo l’hanno smentita, precisando che “non è in corso alcuna valutazione sull’attivazione dello stato di allarme relativo alla crisi energetica”. Di conseguenza, resta lo stato di pre-allerta, dichiarato a fine febbraio, per il quale vi è il costante monitoraggio della situazione. Ma è bene fare chiarezza sulle procedure contenute nel “Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale”. L’ordine imposto dal presidente russo a Gazprom e Banca centrale russa di studiare il modo per far pagare il gas venduto all’Occidente in rubli, per aggirare così le sanzioni imposte dall’Ue, non ha causato solo l’obiezione degli acquirenti.
Il meccanismo studiato imporrebbe ai grandi operatori occidentali di pagare in euro o dollari Gazprombank, che provvederebbe a cambiare la valuta in rubli e trasferirli alle compagnie acquirenti per girarli alla società venditrice, Gazprom. Ma è un sistema fragile che potrebbe causare blocchi parziali o totali delle forniture, uno scenario peraltro possibile anche in caso di rifiuto da parte dell’Occidente.
COSA CAMBIA CON STATO DI ALLARME
Lo stato di allarme, quindi, permetterebbe al governo di non farsi trovare impreparato. Finora lo stato di pre-allarme non ha avuto alcun impatto per cittadini e imprese in termini di forniture di gas e uso, in quanto riguarda gli operatori a cui si chiede correttezza delle previsioni di immissione e prelievo del gas dal mercato per una valutazione migliore sull’evoluzione dello stato di pre-allarme. Quindi, tutto il settore continua a muoversi alle condizioni di mercato. In caso di difficoltà, spiega il Corriere della Sera, si può aumentare l’importazione del gas, ridurre la domanda interna fermando contratti “interrompibili” di natura commerciale e usando combustibili alternativi nelle aziende. Un sistema che si irrigidisce se si passa allo stato di allarme, che scatta in caso di interruzione o riduzione degli approvvigionamenti di gas. Il ministero dello Sviluppo economico può in questa fase chiedere a Snam la riduzione delle forniture destinate agli operatori di energia. Anche in questo caso sono previsti aumenti di importazioni, interventi di riduzione della domanda e uso di combustibili alternativi nelle aziende.
COSA PREVEDE LO STATO DI EMERGENZA
Il piano di emergenza, come precisato dal Corriere, prevede anche un coordinamento tra Snam e Terna, così come con le imprese di stoccaggio e rigassificazione per il monitoraggio delle condizioni e dell’evoluzione del sistema nazionale del gas. L’ultimo step è quello dello stato di emergenza, che invece subentra quando si configura una “alterazione significativa dell’approvvigionamento o interruzione delle forniture”. Si tratta, quindi, di uno scenario critico in cui c’è la sospensione delle condizioni di mercato e il governo ha la facoltà di adottare misure ancor più drastiche. Ad esempio, può usare gas che non è destinato alla domanda interna italiana, definire nuove soglie di temperatura per il riscaldamento domestico, sospendere l’obbligo di fornitura verso clienti non tutelati, sospendere la tutela dei prezzi fissati dall’Autorità di regolazione dell’energia, ricorrere a stoccaggi strategici, attivare misure di cooperazione o solidarietà da parte di altri paesi Ue. In questo contesto, dunque, non si esclude la possibilità di intervenire sull’illuminazione pubblica in centri urbani e lungo le strade italiane.