Gli intellettuali russi più profondi ci hanno insegnato che il cuore dell’uomo non è fatto per il delitto. Delitto dell’uomo contro l’altro uomo (Dostoevskij), delitto dell’uomo in guerra (Tolstoj), delitto dello Stato contro l’uomo (Solov’ëv) portano alla rovina esistenziale. Dopo l’assassinio di Alessandro II (1881), per tale motivo, Vladimir Solov’ëv fece un appello contro la pena di morte, volto a salvare le vite degli omicidi. La sua posizione coraggiosa lo costrinse a dare le dimissioni dall’università.
In questo periodo, purtroppo, sono stati numerosi i richiami a un possibile atto estremo: la catastrofe nucleare. Il presidente Putin ha parlato dell’uso dell’arma atomica in caso di minaccia esistenziale al suo Paese. Medvedev ha parlato dei quattro casi in cui la Russia potrebbe fare ricorso alle sue armi. Altre dichiarazioni di allerta sono state date da uomini al vertice delle istituzioni della Federazione Russa. Infine, nel corso di un talk show molto noto, in prima serata, un politologo ha minacciato di catastrofe la città di Varsavia.
A seguito di tali dichiarazioni, il presidente Biden ha aperto alla possibilità di uso delle armi nucleari, in caso di circostanze estreme.
Inutile dire che il susseguirsi di tali affermazioni sta preoccupando le persone di tutto il mondo per il rapido e violento passaggio dall’equilibrio del terrore della guerra fredda all’ attuale squilibrio della minaccia possibile e diretta. Ma di cosa parliamo quando affrontiamo l’uso militare del nucleare o di altre armi di distruzione di massa?
Viene messa in gioco l’ effettiva possibilità di un “superdelitto”, di un delitto estremo, di un supremo delitto contro l’umanità: ingiustificato e insensato. Si avrebbe a che fare, infatti, con un’offesa massima, sproporzionata rispetto ai mezzi da usare e agli obiettivi da conseguire, capace di distruggere le vite di tantissime vittime innocenti e di spegnere la vita dell’umanità. Si arriverebbe all’attuazione assurda e disumana dell’ultimo limite, “tutto è permesso: anche la fine dell’uomo”, trasgredendo, così, la scienza dell’anima ben delineata da Dostoevskij nelle sue linee invalicabili.
Possiamo, in parte, avere la raffigurazione dello stato spirituale di chi emette o compie ordini mortali definitivi. Ci viene in soccorso con la sua autorità Dante Alighieri. Nel canto XII dell’Inferno il sommo poeta ci fa vedere, immerso fino alla gola in un fiume di sangue, Guido di Montfort. Per vendicare il padre, fatto uccidere da Edoardo I re d’Inghilterra, uccise a sua volta il cugino del monarca. L’atto feroce avvenne in chiesa, “in grembo a Dio”, davanti al re di Francia e a quello di Napoli. Un atto estremo di sfida al cospetto dell’Altissimo, davanti al popolo presente e alle autorità. Un oltrepassamento della misura umana, insomma, frutto di hybris, con una fosca tinta antidivina e antiumana. La pena del contrappasso è la separatezza finale dell’omicida, persino, dalle altre anime dannate.
È bene notare che l’autore dell’atto non viene mai citato direttamente, perché ha perduto il suo nome, ha distrutto il suo volto e questo viene prima della comune damnatio memoriae per l’atto empio commesso. Le potenti immagini di Dante, forse, sono più efficaci delle parole espresse contro la bomba da Lawrence Ferlinghetti (testimone del disastro di Nagasaki) e da Gregory Corso, esponenti della beat generation e sostenitori di un radicale pacifismo antinucleare.
Ma dopo queste considerazioni, viene da chiedersi: da dove viene tale volontà di potenza e il rischio possibile? È legittimo pensare, a tal proposito, che il prevalere in America della dottrina dell’eccezionalismo rispetto al realismo politico (Kennan, Niebuhr contrario alla dottrina del destino manifesto, Kissinger, Mearsheimer) abbia avuto un ruolo non sempre positivo. Esemplificativo, a tal proposito, un articolo di The Guardian del 23 marzo 2022 in cui si ricorda l’intervista di Madeleine Albright rilasciata a Lesley Stahl su Cbs. Albright affermava che le vittime innocenti causate dall’embargo all’Iraq erano il costo di una scelta difficile, fatta per l’avanzamento dell’etica della libertà e della democrazia. L’eccezionalismo, insomma, pare anteporre, talvolta, principi giusti e validi alla realtà fattuale e alla logica della mediazione, senza un calcolo adeguato. Considera la missione della nazione americana come investita da un’ elezione speciale per il mondo intero.
E che dire dell’ideologia neoconservatrice russa che ha nutrito il proposito di invasione dell’Ucraina? Molte notizie sui fondamenti politico-ideologici si reperiscono dal testo di Luca Gori, La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia post sovietica (Luiss, 2021). L’autore ricorda che nei circoli neoconservatori viene esaltata l’idea della Russia “come scudo che protegge l’ordine dalle forze apocalittiche del caos”. E si definisce il confronto “non più soltanto una competizione geopolitica tra divergenti interessi nazionali, ma una battaglia metafisica tra diversi modelli di valori… Anomia versus kathéchon. Una battaglia che implica anche una crescente politicizzazione della dimensione religiosa, nel caso della Russia dell’ortodossia, attraverso un’alleanza sempre più stretta tra spada e altare”. In tale contesto, che esalta autori come Danilevskij, Gumilev, Leont’ev e Iljn, il proprio universo culturale-religioso fagocita l’io, dimenticando del tutto i santi martiri russi del XX secolo, aperti con la loro vita a tutta l’umanità.
Ma allora come uscire da questa impasse rischiosissima? Si può continuare al gioco della sfida pericolosa di Gioventù bruciata, in cui le auto lanciate ad alta velocità rischiano di portarsi al precipizio, per dimostrare forza e spericolatezza?
Una via c’è: quella del passo indietro. Conduce a Roma. E ci fa tornare alla vita: non esiste un Dio americano, un Dio russo o un Dio fatto a immagine di sé. Esiste solo il Dio di Gesù Cristo, vittima innocente, ucciso da tutti. La sua Croce è per la salvezza di tutti, per la salvezza di ogni io. Papa Francesco ce lo ricorda non solo con l’enciclica Fratelli tutti, ma con i suoi gesti e con i suoi sguardi. Si è recato, infatti, a trovare i bambini ucraini con ferite da scoppio al Bambin Gesù. Ha definito la guerra “una vergogna” e “un sacrilegio”, chiedendo la non proliferazione di armi attraverso l’aumento delle spese militari. Lavora e prega senza sosta per la fine della distruzione e dell’autodistruzione.
La sua testimonianza e la sua mediazione possono perciò essere la base di partenza, per uscire dallo stallo dell’inimicizia radicale, protratta e pericolosa, realizzando il ripristino dei colloqui tra le potenze e il cessate il fuoco. La pace, infatti, è ormai assolutamente necessaria, per fermare la catastrofe umanitaria in atto e disattivare un’altra bomba, quella del dramma alimentare che viene segnalato dalla Fao.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.