Nel recente ranking di Standard Ethics (l’agenzia di rating indipendente sulla sostenibilità, con sede a Londra) dedicato alle imprese italiane del food & beverage, oltre a molti aspetti positivi, sono emerse ancora tante zone d’ombra, con una nozione di sostenibilità spesso confusa con la filantropia, con principi soggettivi di natura etica, con il concetto di responsabilità sociale di impresa o con obblighi di legge. “E invece la sostenibilità è una scienza esatta.
Il 2022 sarà l’anno della misurazione, con evidenze oggettive, parametri certi e ogni altra parametrazione certificabile. È un procedimento complesso, che richiede tempo, al contrario di quanto chiedono invece molte aziende, che vorrebbero un ranking in un giorno, evidentemente all’oscuro di cosa si tratta. Ma sarà proprio la sostenibilità a entrare di prepotenza, e lo sta già facendo, nei piani strategici di ogni impresa”.
Lo sostiene Ada Rosa Balzan, un vero riferimento, non solo in Italia, sul tema sostenibilità, ceo e founder di ARB spa, startup Innovativa con cui ha realizzato SI Rating, il primo algoritmo al mondo che valuta la gestione della sostenibilità nelle aziende secondo i criteri ESG (environmental, social and governance, i tre principali fattori nella misurazione della sostenibilità) e SDGs (i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030) basandosi solo su strumenti internazionalmente riconosciuti. Balzan è anche docente universitaria e responsabile nazionale sostenibilità Federturismo Confindustria, e ha partecipato ai tavoli di lavoro per lo sviluppo del piano strategico del turismo in Italia e coordinato nel G20 spiagge 2019 l’area sostenibilità. Ha al suo attivo progetti di sostenibilità e calcolo degli impatti per grandi gruppi tra cui Salvatore Ferragamo, TH Resorts, Fondazione FS, FS Sistemi Urbani, Sonatrach Raffineria Italiana.
Una recente indagine commissionata dalla piattaforma di prenotazione viaggi Omio e realizzata da YouGov ha chiesto al campione di autovalutarsi sulla sostenibilità. Ne è venuta fuori un’Italia abbastanza sostenibile, ma che potrebbe fare molto di più. Cosa ne pensa?
Il promuoversi “sostenibili”, e limitarsi alle parole, è una pratica diffusa e abusata. Ma una cosa è dire e un’altra è esserlo davvero. Recentemente, per la prima volta, un Tribunale italiano (quello di Gorizia) si è espresso sulla comunicazione di marketing di un’azienda, e ha ordinato l’invio della sentenza a tutti i clienti della stessa. Sentenza che chiarisce che “le dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”. Nella fattispecie, si trattava di claim del tipo “L’amica dell’Ambiente” o “Scelta naturale” o “Microfibra ecologica”. Il Tribunale ha accertato che si è trattato di greenwashing, ecologismo di facciata, non verificabile e ingannevole. Ma è anche vero che a volte, a un’analisi accurata, alcune realtà si possono rivelarsi anche più “sostenibili” di quanto pensavano d’essere.
Cosa significa?
Vuol dire che solo l’analisi attenta di tutti le performances di un’azienda può arrivare adun risultato scientificamente certo. Ad esempio, le imprese a conduzione familiare, che sono anche quelle che hanno saputo resistere meglio alle conseguenze della pandemia, a volte si rivelano depositarie di best practice fondamentali. Mentre invece altre realtà, magari più “green”, si scoprono in pesanti carenze in ambito sociale o di governance. Ma sostenibilità non è solo ambiente, quindi i tre criteri integrati tra loro (ESG ambientale, sociale e di governance) con gli SDGs delle Nazioni Unite. Bisogna ricordare sempre quanto sostiene Robert Kaplan, l’accademico statunitense: “Non si può gestire quello che non si misura, e questo non permette di migliorare il successo aziendale”.
Oggi si parla molto anche di finanza sostenibile: un’azienda riconosciuta ESG può ottenere vari vantaggi, come un minor costo del denaro.
Sostenibilità e profittabilità spesso vengono presentati come concetti non conciliabili e distanti. Nella nuova economia post-Covid la sostenibilità deve essere il “core business function” di un’azienda per ottenere anche un incremento di profitto. Fondamentale è non solo saper creare la strategia di sostenibilità adeguata, ma saper individuare e impostare correttamente un set di indicatori di monitoraggio per le tematiche sia ESG che SDGs. Dal luglio 2021 l’EBA, l’autorità bancaria europea, ha inserito, nell’ambito degli standard volti a migliorare concessione e monitoraggio dei crediti, i rischi ESG ambientali, sociali e di governance. Così quest’anno le banche valuteranno le richieste di nuovi crediti per tutte le aziende su come gestiscono e misurano i criteri ambientali. Il rischio per chi non lo fa è avere un tasso di interesse più elevato o non vedersi concesso il prestito richiesto. Sto parlando di GAR, green asset ratio, per misurare l’ammontare di prestiti, anticipi e titoli di debito green rispetto al totale delle attività di un istituto di credito.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza sta mobilitando risorse inedite. Come si potrà verificare che vengano impiegate in modo sostenibile?
Per la partecipazione alle gare per le opere del Pnrr la sostenibilità è elemento fondamentale non solo per avere punteggi aggiuntivi, ma anche per potervi partecipare. Si viene esclusi per un anno a partecipare a ulteriori procedure se non si hanno requisiti precisi. Ad esempio, le aziende anche di piccole dimensioni che partecipano alle gare per le opere del Pnrr sono obbligate a presentare un rapporto sulla situazione del personale in riferimento all’inclusione delle donne. Nei bandi di gara saranno riconosciuti punteggi aggiuntivi per le aziende che utilizzano strumenti di conciliazione vita-lavoro, che si impegnino ad assumere donne e giovani sotto i 35 anni, che nell’ultimo triennio abbiano rispettato i principi di parità di genere e adottato misure per promuovere pari opportunità per i giovani e le donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e degli incarichi apicali. Tra i criteri per partecipare alle gare vi è anche l’impegno a presentare la rendicontazione non finanziaria sulla sostenibilità sociale e ambientale dei processi produttivi.
Oggi viviamo purtroppo in tempi di guerra che almeno in Europa credevamo fossero solo un triste ricordo del passato. Che senso ha parlare adesso di sostenibilità, visto che il concetto stesso di sviluppo sostenibile parla di “soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura”?
Proprio con la guerra ci rendiamo conto della centralità della sostenibilità, che ancor prima di tutto il resto implica il rispetto dei diritti umani, della dignità delle persone, e ovviamente delle sovranità degli Stati e dell’ambiente. Parlare di sostenibilità, adesso, diventa espressione di civiltà, di convivenza migliore tra le persone e il mondo.
(Alberto Beggiolini)
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