Non c’è solo la manipolazione delle provette, c’è anche quella dell’informazione. Su quest’ultimo fronte il Governo mondiale dello sport ha ancora tanto da imparare: continua a regalarci succulenti episodi di autolesionismo. L’ultimo è tutto un rosario. Cominciamo dal “tempismo”. A Bolzano fu un tripudio vedere la Wada nominare i propri periti a perizia conclusa, per di più uno era un pregiudicato prescritto. Ora, nello stagno dell’oblio mediatico calato sulla vicenda Schwazer dopo l’ordinanza del giudice Pelino, a distanza di un anno getta un sasso, che quanto meno aiuta l’atleta ad avere ancora qualche insperato riflettore che non sia quello del reality Pechino Express.
Dopo essersi ben guardata dal denunciare il giudice italiano come aveva minacciato di fare, la Wada – per non smentire le sue usanze – contro di lui ricorre alla perizia stavolta non di un pregiudicato ma del più chiacchierato “scienziato” del doping/antidoping, lo svizzero Martial Saugy, per 14 anni direttore del Laboratorio di Losanna, accusato dai colleghi americani di aver coperto il doping del ciclista Armstrong, poi segnalato dai media anglosassoni per le strette e remunerate relazioni con le autorità sportive russe all’epoca delle Olimpiadi di Sochi, infine rimproverato da una commissione Wada per la distruzione di 67 campioni di urine arrivate dal Laboratorio di Mosca.
A che pro viene rispolverato Saugy? Per spiegarci con una lezioncina di tre paginette – ineccepibile sul piano formale – che è molto difficile taroccare il profilo steroideo di un atleta con l’urina di un altro, “per non dire impossibile”. Ohibò! Che sia difficile per il farmacista di Voghera, non c’è dubbio, ma impossibile… suvvia Martial! Basterebbe un pizzico di letteratura per sapere che non è affatto impossibile replicare il profilo degli androgeni di un atleta se si hanno su di lui le informazioni adeguate e se l’operazione viene gestita da mani esperte e competenti.
Avrebbe potuto chiederlo all’amico Rodchenkov, a cui – durante la massiccia manipolazione di provette avvenuta a Sochi – le autorità sportive russe avevano chiesto esattamente di fare la stessa cosa (toccata poi a Schwazer) con un’atleta avversaria, ritenuta particolarmente competitiva…
Non essendo un genetista, Saugy non può però affrontare il tema chiave della spaventosa concentrazione di Dna riscontrata in Schwazer. Su questo ci pensa direttamente l’alleata Athletics Integrity Unit, che dà in pasto le urine di 85 atleti di sport di resistenza a un laboratorio genetico di Losanna (e dove se no!) per averne un verdetto secondo cui il 20% di loro ha valori di concentrazione di Dna superiori a quelli riscontrati nelle provette di Schwazer. Conclusione: nessuna anomalia, quindi nessuna manipolazione!
Non annoiamo il lettore con le tecniche per amplificare la concentrazione del Dna, tipo centrifugare le urine. La considerazione da farsi è un’altra: avendo avuto a disposizione 30 mesi di inchiesta giudiziaria, come mai Aiu e Wada non hanno collaborato a produrre in quella sede le loro ricerche e le loro “prove”, ammesso e non concesso che siano credibili? Anzi l’analoga sperimentazione a campione fatta dal perito del Tribunale di Bolzano li ha trovati non collaborativi, ostruzionisti e denigranti, allo stesso modo in cui la vecchia Iaaf per 18 mesi aveva fatto resistenza e boicottato la consegna delle urine incriminate di Schwazer.
Tale rinuncia alle aule di Giustizia si spiega forse perché un tardivo tentativo di produrre qualcosa a Bolzano fu demolito sul piano scientifico e procedurale dal consulente del Tribunale, le cui procedure peraltro furono sempre condivise dal perito genetista della Wada. Meglio allora farsi un test in casa, senza contraddittorio, lontano da occhi indiscreti. Autoreferenziali, come sempre.
I nostri dirigenti sportivi? A cuccia!
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