Nonostante la risoluzione del Parlamento europeo, l’Ue nicchia ancora sulle sanzioni in campo energetico verso Mosca. L’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, lunedì ha invitato a non farsi troppe illusioni, dato che “l’esercito russo sarà lo stesso la settimana prossima e quella dopo, che si tagli o no il gas”.
E ha quindi evidenziato quanto sia “facile per chi non è dipendente dal gas russo dire di non usarlo”, spiegando poi l’importanza di fornire più armi a Kiev. Parole che suonano come un’ammissione sulla scarsa efficacia delle sanzioni e sui contraccolpi che potrebbero avere quelle più drastiche chieste dall’Europarlamento. Secondo Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, “le sanzioni funzionano fino a un certo punto: sono un coadiuvante, ma non si può basare una politica estera soltanto su di esse. Non abbiamo avuto nemmeno più notizie su come si sia risolta la vicenda dei pagamenti delle forniture di gas russo: non credo che le stiamo pagando in rubli, ma questo vuol dire che stiamo continuando a dare a Mosca miliardi di euro e dollari. Certo, per quello che sappiamo, visto che sono rimasti pochi corrispondenti stranieri, si riscontra scarsità di alcuni beni, c’è un impatto delle sanzioni, ma non bastano a fermare le operazioni russe in Ucraina. Con le sanzioni, quindi, abbiamo tolto alla Russia il sovrappiù, ma non l’essenziale”.
La Russia non sembra tra l’altro avere alcun interesse a interrompere le forniture, dovrà semmai essere l’Europa a scegliere di farne a meno…
Sì, bisognerà cercare altri fornitori, ma ciò richiede tempi lunghi, oltre alla messa in campo di tutti gli investimenti di politica energetica che non si sono fatti in questi anni, come per esempio, i rigassificatori.
Investimenti che, ormai appare sempre più chiaro, andranno fatti al di là dell’esito del conflitto.
E così e ovviamente ci auguriamo tutti che non ci sia un’escalation ulteriore. Resto convinto che in questo senso ci siano ancora due date chiave per capire meglio come evolverà la situazione: la Pasqua ortodossa (24 aprile) e il Giorno della vittoria (9 maggio). Putin dovrà cercare per allora di ottenere qualcosa che somigli a una vittoria per i russi. In quel caso, forse, si potrà tornare a trattare.
Il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha chiesto di introdurre un tetto nazionale al prezzo del gas se non ne verrà messo uno a livello europeo. Funzionerebbe?
Sarebbe importante capire a che livello verrebbe fissato questo tetto, perché se fosse parecchio inferiore al prezzo di mercato inevitabilmente si arriverebbe a una qualche forma di razionamento energetico, perché il libero mercato garantisce l’equilibrio tra domanda e offerta e il tetto fa saltare questo equilibrio. Fissare, invece, un prezzo a livello europeo non sarebbe semplicissimo, perché vorrebbe dire prima di tutto che i Paesi che hanno più gas a buon mercato dovrebbero metterlo a disposizione degli altri.
Sempre Confindustria ha paventato il rischio di una recessione per l’Italia. Cosa ne pensa?
L’anno è iniziato con una crescita acquisita del 2,3%. Ci può essere una recessione tecnica, cioè due variazioni trimestrali congiunturali negative consecutive, anche senza avere un dato complessivo negativo a fine anno. E certamente non sarebbe un segno di buona salute economica. Tuttavia al momento si possono fare solo congetture, non ci sono abbastanza elementi per formulare delle stime: possiamo solo dire che l’outlook è abbastanza negativo. Io sono comunque preoccupato anche per quello che sta accadendo in Cina.
Si riferisce al lockdown rigido di Shanghai che blocca un porto chiave per il commercio mondiale?
Sì, ma non solo: a marzo si è registrata un’inflazione superiore alle attese. Anche l’economia di Pechino ha dunque le sue debolezze. E se la minor presenza nel commercio mondiale della Cina dovesse prolungarsi bisognerebbe riflettere sugli effetti che questo potrebbe avere nel medio lungo termine sull’Italia. Sicuramente sarebbero negativi per le esportazioni. Tuttavia, le catene del valore che arrivavano fino in Cina potrebbero tornare in parte in Italia: questo comporterebbe un aumento dei costi di produzione, ma fornirebbe una spinta positiva al Pil.
Oggi è in programma la riunione del Consiglio direttivo della Bce. L’economia sta subendo i contraccolpi del conflitto in Ucraina e l’inflazione non dà cenni di frenata. Secondo lei, cosa farà la Banca centrale europea?
Secondo me, sceglierà di non decidere. Questo perché il 24 aprile si terrà il secondo turno delle presidenziali francesi. La Bce, quindi, deciderà il da farsi solo dopo che si sarà capito in che direzione andrà il secondo Paese dell’Eurozona e dell’Ue.
A maggio non ci sono in calendario riunioni, quindi vuol dire che la Bce lascerà la situazione invariata per due mesi.
Guardando dall’esterno, al momento attuale, questa sembra la possibilità più concreta. Non dimentichiamo poi che si è parlato di un possibile ingresso di Christine Lagarde nell’esecutivo francese nel caso di vittoria di Macron. La situazione, quindi, è molto complessa. Bisogna andare avanti a piccoli passi sapendo che un chiarimento verrà sia a livello europeo che mondiale. Se il 9 maggio Putin potrà far sfilare sulla piazza Rossa un esercito vittorioso secondo i russi, ci potrà essere ancora spazio per delle trattative. Altrimenti le ostilità continueranno e dovremo continuare ad aiutare l’Ucraina con l’invio di armi.
(Lorenzo Torrisi)
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