Se con l’invasione russa dell’Ucraina Putin pensava di poter mettere a segno un goal a suo favore, cercando di allontanare i confini della Nato da Mosca, in realtà ha dato via libera a un contropiede che ha portato a un clamoroso autogol: Finlandia e Svezia, infatti, hanno annunciato l’intenzione di voler aderire entro giugno all’Alleanza atlantica. In questo modo la Russia, che condivide con la Finlandia 1.300 chilometri di confini, si troverà ancor più a stretto contatto con la Nato. E che la prospettiva non faccia piacere a Mosca lo dimostrano le dichiarazioni dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vice presidente del consiglio di Sicurezza della Russia (“Non si potrà più parlare di status denuclearizzato per il Baltico, l’equilibrio dovrà essere restaurato”), e quelle del viceministro degli Esteri, Alexander Grushko (“La Russia prenderà le necessarie misure di sicurezza difensive, con conseguenze tra le più indesiderabili”).
“L’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia – commenta Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza – accentua ancor di più l’isolamento della Russia nel continente europeo. Verosimilmente, la Russia dovrà tener conto di questa circostanza nelle proprie dottrine strategiche. E ciò mi induce ulteriormente a ritenere che l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina non sia stata davvero una buona idea, neanche da un punto di vista strategico”.
Finlandia e Svezia dovrebbero chiedere, entro giugno, l’adesione alla Nato, che ha già fatto sapere di voler accogliere i due Paesi a braccia aperte. È fattibile in così poco tempo? La richiesta era già in cantiere?
Lo status di neutralità della Svezia e della Finlandia ha origine da una propria proclamazione. Non si tratta, quindi, di uno status di neutralità imposta e garantita attraverso un trattato internazionale. Ciò consente, quindi, a questi due Stati di rinunciare allo status di neutralità sulla base di una decisione unilaterale. Però, l’adesione alla Nato non consegue automaticamente alla rinuncia alla sovranità dei due Paesi.
Come avverrà?
Essa dovrà seguire la procedura stabilita dall’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord. Questa disposizione prevede che alla Nato si accede per invito unanime degli Stati facenti parte. In seguito all’invito, lo Stato invitato potrà ratificare il Trattato sulla base delle proprie disposizioni costituzionali e depositarlo presso il governo degli Stati Uniti, che funge da depositario. Non è previsto alcun termine per questa procedura. Di conseguenza, se l’invito venisse rivolto dagli Stati che sono già parte della Nato, la Finlandia e la Svezia potrebbero velocemente diventarne parti. Tutto dipende dalla rapidità delle procedure costituzionali interne dei due Stati.
In Finlandia è il 60% della popolazione a volere l’ingresso nella Nato, per “difendersi da Putin”. È un’argomentazione plausibile? La Finlandia può davvero subire la stessa sorte dell’Ucraina?
Sta ponendo una domanda alla quale è davvero difficile rispondere. La reazione da parte della Russia, che ha dichiarato, secondo quanto riportato dalla stampa, di voler installare armi nucleari nell’area baltica, sembra davvero una minaccia, ancorché non esplicita: se tale fosse, peraltro, sarebbe una violazione della Carta delle Nazioni Unite, la quale, all’articolo 2, paragrafo 4, vieta non solo l’uso della forza, ma anche la minaccia di usare la forza. Quel che si può dire è che, se la Russia ha dato inizio alla guerra in Ucraina nel tentativo di allontanare dai propri confini la Nato, la crisi ucraina sembra produrre proprio l’effetto opposto.
Come cambia a questo punto l’architettura di sicurezza del trattato Nato e dell’Unione? Si sposta ulteriormente a Est dell’Europa, assumendo una marcata caratterizzazione anti-russa?
Non ho una particolare competenza a discutere del nuovo assetto strategico che farà seguito al possibile ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato. Mi limito ad osservare come i due Stati siano già da tempo membri dell’Unione Europea e, quindi, legati economicamente, socialmente e culturalmente al mondo occidentale. Il loro ingresso nella Nato certamente accentua ancor di più l’isolamento della Russia nel continente europeo. Verosimilmente, la Russia dovrà tener conto di questa circostanza nelle proprie dottrine strategiche. Questa osservazione mi induce ulteriormente a ritenere che l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina non sia stata davvero una buona idea; neanche da un punto di vista strategico.
Mosca ha spiegato più volte che riterrebbe una minaccia alla propria sicurezza l’eventuale ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Il risultato sarà quindi quello di esacerbare ancora di più l’aggressività di Putin?
Personalmente ritengo che il mondo occidentale avrebbe potuto fare qualcosa in più – o, forse, qualcosa in meno – al fine di non accentuare l’isolamento russo, per lo meno fino allo spartiacque rappresentato dall’invasione della Crimea. È però certo che, almeno a partire dal 2014, la Russia ha accelerato la propria politica imperiale, ponendosi radicalmente al di fuori del “concerto” europeo e tendendo anzi a presentarsi come un’evidente fonte di destabilizzazione dell’area.
Grazie alla loro neutralità, in queste settimane la Finlandia e la Svezia sono state spesso indicate come possibili modelli cui ispirarsi per trovare una soluzione allo status dell’Ucraina post conflitto, come Paese cuscinetto. Adesso questa ipotesi non sta più in piedi? E potrebbe complicare futuri possibili negoziati fra Mosca e Kiev?
Non vi è dubbio che, da un punto di vista giuridico, la Finlandia abbia tutto il diritto di rinunciare al proprio status di neutralità e i paesi della Nato abbiano tutto il diritto di invitarla a far parte della propria organizzazione di difesa. Non sembra neppure esservi dubbio – almeno secondo la mia opinione – che all’origine di tale storica decisione vi sia proprio il carattere apertamente aggressivo dell’azione russa in Ucraina, contraria non solo al diritto internazionale ma anche ai dettami minimi della convivenza civile fra Stati e ai valori fondamentali dell’umanità. Resta da chiedersi, peraltro, se, da un punto di vista politico, questo fosse il momento più opportuno per compiere questo passo.
(Marco Tedesco)
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