Peste, spada, carestia, le correzioni divine evocate dai profeti Geremia ed Ezechiele sembrano di nuovo materializzarsi nella storia umana. Ma il mondo secolarizzato non sa rispondere che con interminabili talk show, polemiche tra esperti che si pronunciano su ciò su cui è difficile se non impossibile pronunciarsi. I crimini, le responsabilità attuali sono più che evidenti. Ma il perché profondo di quanto sta avvenendo non è tema di discussione. Si sente spesso ripetere che la prima vittima della guerra sia la verità. Forse bisogna iniziare rovesciando l’argomento: la guerra è la conseguenza evidente del relativismo, della menzogna sull’uomo che da tempo è dominante nel mondo globalizzato. Conviviamo da decenni con la possibilità, mai annullata, di un conflitto nucleare globale, al quale si è aggiunta la minaccia delle armi chimiche e biologiche. Rimuoviamo il pensiero di questi terribili rischi vivendo la dimensione superficiale dell’homo oeconomicus (produttore e consumatore) dell’homo technicus, dell’homo politicus, dell’homo ludens e, in un certo grado, dell’homo ecologicus.
Queste ultime considerazioni sono esattamente le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II, in una omelia della domenica in Albis del 1980, in una Torino ancora piagata dal terrorismo. Esse si applicano perfettamente alla situazione attuale. “L’uomo contemporaneo ha paura. Hanno paura le superpotenze che dispongono di arsenali nucleari, hanno paura gli altri: i continenti, le nazioni, le città – ammoniva Papa Wojtyła –. Questa paura è giustificata. Non solo esistono possibilità di distruzione e di uccisione prima sconosciute, ma già oggi gli uomini uccidono abbondantemente altri uomini! Uccidono nelle abitazioni, negli uffici, nelle università. Gli uomini armati delle moderne armi uccidono uomini indifesi e innocenti. Incidenti del genere succedevano sempre, ma oggi questo è diventato un sistema”.
Con la caduta del muro di Berlino e il crollo del comunismo in Europa è stata spenta una fonte smisurata di odio. Perché, come appunto affermava Papa Wojtyła, “l’odio e l’ingiustizia si impossessano di intere nazioni e le spingono all’azione quando vengono legittimati e organizzati da ideologie che si fondano su di essi piuttosto che sulla verità dell’uomo”.
Si è creduto che a vincere nazismo e comunismo sia stato l’umanitarismo, un umanitarismo separato dalla sua sorgente: la verità sull’uomo rivelata da Gesù Cristo. Rémi Brague ha affermato in una intervista a Tempi: “La religione del benessere e l’umanitarismo hanno in comune l’idea che non dobbiamo cercare di migliorarci. Il presupposto fondamentale dell’umanitarismo è che non c’è peccato originale, non c’è in noi una tendenza al male contro la quale Dio deve aiutarci a resistere: gli uomini sono buoni, basta un po’ di dialogo e tutto si risolve. Quel che più mi disturba è che anche molti cristiani ragionano così”. La religione dell’umanitarismo non ha quindi nessun bisogno del Perdono, che solo Dio può concedere.
Il dio della religione del benessere è il denaro. San Giovanni Paolo II, proclamando nel 1999 patrone d’Europa santa Caterina, santa Brigida, santa Edith Stein, ha ammonito: “Per edificare su solide basi la nuova Europa non basta certo fare appello ai soli interessi economici, che se talvolta aggregano, altre volte dividono, ma è necessario far leva piuttosto sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo. Un’Europa che scambiasse il valore della tolleranza e del rispetto universale con l’indifferentismo etico e lo scetticismo sui valori irrinunciabili, si aprirebbe alle più rischiose avventure e vedrebbe prima o poi riapparire sotto nuove forme gli spettri più paurosi della sua storia”.
Parole profetiche perché laddove si eclissano i valori irrinunciabili della verità sull’uomo per adorare il denaro risorge quella che René Girard, nel suo interessante libro su Clausewitz, definisce la “tendenza all’estremo”, caratteristica della violenza mimetica delle religioni pagane. L’uomo è sempre più potente tecnicamente, ma sempre più eticamente debole, preda di passioni “estreme”.
Nell’omelia pronunciata a Torino nell’81, il papa polacco aggiungeva: “Viviamo, perciò, nell’epoca di un gigantesco progresso materiale, che è anche l’epoca di una negazione di Dio prima sconosciuta”. È stata negata la verità sull’uomo rivelata in Gesù Cristo, il Servo Sofferente preannunciato dai profeti: “La Luce delle nazioni”, l’amore, l’amore al nemico. Infatti il Figlio di Dio è morto sulla croce per perdonare i peccati degli uomini. Così papa Wojtyła, prendendo spunto dalla paura vissuta dagli apostoli riuniti nel cenacolo di Gerusalemme (Gv 20, 19 ss.), aggiungeva: “Il timore, che travaglia gli uomini moderni, non è forse nato anch’esso, nella sua radice più profonda dalla ‘morte di Dio’? Non da quella sulla croce, che è diventata l’inizio della risurrezione e la fonte della glorificazione del Figlio di Dio e contemporaneamente il fondamento della speranza umana e il segno della salvezza”. La paura dell’uomo contemporaneo nasce, invece, “dalla morte, con la quale l’uomo fa morire Dio in sé stesso, e particolarmente nel corso delle ultime tappe della sua storia, nel suo pensiero nella sua coscienza, nel suo operare”.
Perché dunque adesso l’uomo ha paura? “Forse addirittura – aggiungeva il Papa – perché, in conseguenza di questa sua negazione di Dio, in ultima analisi, rimane solo: metafisicamente solo”. Questa è la vera radice della Paura. E forse “proprio perché l’uomo, che fa morire Dio, non troverà neanche un freno decisivo per non ammazzare l’uomo. Questo freno decisivo è in Dio. L’ultima ragione perché l’uomo viva, rispetti e protegga la vita dell’uomo, è in Dio. E l’ultimo fondamento del valore e della dignità dell’uomo, del senso della sua vita, è il fatto che egli è immagine e somiglianza di Dio!”.
Dunque “proprio questi tempi, in cui viviamo – tempi in cui si è operata la prospettiva della ‘morte dell’uomo’ nata dalla ‘morte di Dio’ nel pensare umano, nella umana coscienza, nell’agire umano – proprio questi tempi esigono, in modo particolare, la verità sulla Risurrezione del Crocifisso. Esigono pure la testimonianza della risurrezione, che sia eloquente come non mai prima. Non invano, il Vaticano II ha richiamato l’attenzione di tutta la Chiesa verso il mysterium paschale”.
Ritornando sullo stesso Vangelo di Giovanni, il Papa polacco evidenziava: “La sera di quello stesso giorno, il giorno dopo il sabato, essendo gli apostoli dietro le porte chiuse ‘per timore dei giudei’, venne a loro Gesù. Entrò, si fermò in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi’ (Gv 20,19). Allora egli vive! La tomba vuota non significava niente altro, se non che egli era risorto, come aveva predetto. Vive, ed ecco viene a loro, nello stesso luogo che aveva lasciato insieme con loro la sera del giovedì dopo la cena pasquale. Vive, nel suo proprio corpo. Infatti, dopo averli salutati, ‘mostrò loro le mani e il costato’. Perché? Certamente perché vi erano rimasti i segni della crocifissione. È quindi lo stesso Cristo che fu crocifisso e morì sulla croce, e adesso vive. È Cristo risorto. La mattina dello stesso giorno non si è lasciato trattenere da Maddalena; e adesso ‘mostra loro – agli apostoli – le mani e il costato’. ‘E i discepoli gioivano al vedere il Signore’. Gioivano!”.
Possiamo oggi tornare a gioire?
Papa Francesco, nell’accorata preghiera che ha accompagnato l’atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina, ha ammonito: “Noi abbiamo smarrito la via della pace. Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali”. È una preghiera che sollecita un silenzio purificatore, una riflessione profonda sulle nostre colpe puntualmente elencate dal Papa, una riflessione che estesa a tutti gli ambiti da quello personale, a quello politico nazionale ed internazionale, può aprire una strada di speranza e di pace, di testimonianza della Risurrezione. “E con vergogna diciamo: perdonaci, Signore!”, ha concluso Francesco.
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