L’indice dei prezzi della produzione (PPI) del mese scorso non era inferiore al 19,2% rispetto un anno fa, come fa notare l’osservatorio Riparte l’Italia. Dal momento che questo indice serve ad anticipare la crescita dei prezzi di produzione che si riflette inevitabilmente sul consumatore, si prevede un aumento globale che potrebbe finire per erodere i risparmi delle famiglie.
Inflazione: su l’indice dei prezzi che non è destinato a scendere
Già negli Stati Uniti d’America l’inflazione è salita a livelli record segnando + 8,5% ad aprile, riducendo i consumi individuali. Così anche in Italia con il caro energia e gli incrementi del prezzo del carburante che hanno totalizzato rispetto all’anno scorso un + 30,7%, in aggiunta all’incremento dell’energia elettrica che segna un + 18,1%, elementi che hanno già avuto un impatto devastante con un aumento dei prezzi per il consumatore che, secondo gli analisti, è soltanto all’inizio.
Se infatti Ofgem ha stimato un aumento del 54% per aprile, come tetto massimo dei prezzi dell’energia per famiglia, l’incremento dei prezzi delle bollette medie per le famiglie italiane, ha seguito lo stesso trend al rialzo, suggerendo un incremento dell’inflazione CPI e RPI (rispettivamente indice dei prezzi al consumo ed indice dei prezzi retail, ndr) a livelli mai visti dal 1990, ma l’incremento della PPI sarà ancora maggiore, visto che Ofgem non considera le aziende.
Ciò significa che l’incremento dei costi per l’energia, sommati all’inflazione è già in atto (si segnala infatti che l’aumento dei prezzi di produzione era salito già un anno prima della pandemia, ndr), ciò causerà un incremento dei prezzi che non può che essere applicato al consumatore.
Inflazione: la sorpresa verrà in autunno
Il mondo comincerà a sopportare male il peso di questi rincari nel prossimo autunno. E’ quanto riporta l’economista britannico Liam Halligan su The Telegraph, che analizza questa situazione mettendola in relazione con il rincaro degli alimenti che, a quanto pare, farà più danni del caro carburante.
Se infatti l’Italia e l’Europa riusciranno in tempi brevi a sostituire il proprio fornitore di energia, la Russia, poco si potrà fare per il comparto alimentare. Infatti l’ipotesi di embargo del gas dalla Russia, ha fatto salire il prezzo dei fertilizzanti che, con la crisi ancora in atto, sarà difficile riportare a livelli precedenti.
Inflazione: Russia, Cina e Ucraina, un rapporto d’amore
La Russia, l’Ucraina e la Bielorussia sono importanti partner per la produzione agroalimentare di molti paesi del mondo, compresa la Cina, che proprio qualche anno era riuscita ad accaparrarsi alcuni territori agricoli ucraini.
La Cina infatti importa dall’Ucraina circa l’80 percento del mais. Non è tutto: dei 42 milioni di ettari ucraini destinati alla coltivazione, 100000 ettari sono stati ceduti in affitto alla Cina per un periodo di 50 anni e destinati all’allevamento dei suini. L’accordo fu stipulato tra il corpo cinese di costruzione e produzione dello Xinjiang e l’Ucraina KSG Agro nel 2013.
Inflazione: Cina e Russia e gli accordi energetici
Anche sul fronte energetico i rapporti sono intensi: dal momento che il gasdotto Power of Siberia terminerà il potenziamento e l’ampliamento solo nel 2025, la Cina ha cominciato a sfruttare il carbone ucraino, in sostituzione del gas russo che manca per il raggiungimento dei 38 milioni di metri cubi di gas.
Proprio riguardo al rapporto russo cinese, il volume degli scambi bilaterali ha raggiunto i 38,2 miliardi di dollari segnando così un +30%. Inoltre la Russia ha sempre considerato l’espansione verso est una priorità. Parallelamente, gli Stati Uniti il Giappone l’Australia hanno invece tentato di frenare l’espansione cinese nelle regioni dell’indo-pacifico.
Inoltre, come riportato dall’osservatorio economico, la presenza di Le, un ex giornalista cinese implicato nella gestione dei rapporti internazionali tra Cina e Russia ed impegnato nella diplomazia cinese che, per prima, addebitò la responsabilità della guerra in Ucraina all’espansione della NATO e agli USA. Elementi che, se considerati in maniera unitaria probabilmente saranno un monito della Cina all’occidente, in grado di presagire un possibile e più determinato appoggio al Cremlino da parte del dragone di Pechino.
Inflazione: bisogna sostituire i fertilizzanti
Ma torniamo all’approvvigionamento delle derrate alimentari che, nonostante tutti gli accordi stipulati tra Cina e Ucraina, in questa situazione di conflitto non possono giungere nemmeno a Pechino.
Al contempo, i prezzi alimentari mondiali sono aumentati di quasi il 13% a marzo: a dirlo è l’indice dei prezzi dell’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura. Russia e Ucraina infatti producono la gran parte di grano, orzo e altre derrate alimentare che vengono trasportate attraverso l’Ucraina a molti altri paesi del mondo grazie all’utilizzo dei porti.
L’economista britannico Halligan, prosegue facendo notare che i tre paesi fratelli Russia, Ucraina e Bielorussia “rappresentano i due quinti delle esportazioni mondiali di potassio ed un terzo delle esportazioni dei fertilizzanti a base di azoto e fosforo”.
Ecco perché è ragionevole pensare che o il settore primario di tutti i paesi del mondo cambia e le politiche agricole vengono prese seriamente, così da sostituire radicalmente i fertilizzanti con altre sostanze (magari naturali), oppure la situazione andrà sempre più a peggiorare e sarà impossibile tirare giù i prezzi gonfiati dall’inflazione.