Ma molti analisti considerano il viaggio in Angola e Congo dei ministri Di Maio e Cingolani semplicemente inutile, dato che i paesi dell’Africa non potrebbero mai rimpiazzare la Russia come partner fornitore di gas.
Missione impossibile, ma evidentemente piena di speranze stante il fatto che i gasdotti TransMed e Tap, entrambi che emergono a Mazara del Vallo ed in Salento, dovrebbero iniettare nelle arterie italiane La maggior quantità di gas possibile estratta dai giacimenti di Algeria e Azerbaigian, già fornitori dell’Italia che sono chiamati a compiere uno sforzo che però sembra un vero e proprio miracolo.
Gas dall’Africa: perchè una missione in un paese che non esporta?
Eppure i paesi fornitori nord africani hanno già dato comunicazione che non potranno raggiungere le quote richieste dal belpaese, che ha così pensato di orientarsi ancora più a sud, per trasformare l’Africa in una miniera di gas e convincere quei paesi che non l’hanno mai fatto ad investire su questo business. Anche il Qatar ha detto che può aumentare i rifornimenti soltanto del 10%.
Eppure l’Angola, tra i pesi in classifica per le riserve mondiali di gas, figura al quarantesimo posto e, fino ad ora, ad estrarlo non ci ha pensato minimamente, tanto più per farlo arrivare in Europa.
Come riportato dal Libero quotidiano: Salvatore Carollo, analista e trader, ha dichiarato sulla rivista Energia che
“in Angola non ci sono giacimenti di gas. Esiste solo il gas associato ai campi petroliferi di pessima qualità che viene inviato ad un impianto di liquefazione di proprietà di una joint ventures di 5 partners e di quella ne possiede solo il 13,6%. Una volta liquefatto il gas viene di regola acquistato dalle compagnie asiatiche che pagano il prezzo più alto”.
Gas dall’Africa: attenzione alla Cina, amore di vecchia data
Infatti la Cina è uno dei maggiori investitori in Africa e, attualmente, nello scenario geopolitico internazionale, sostiene la Russia e, sua volta, ha di diversificare i suoi partner commerciali allargando le esportazioni anche all’Africa, la stessa Africa a cui Mario Draghi guarda con appetito, suscitando lo stupore degli analisti.
Invece il Congo se la passa peggio dell’Angola, infatti nella classifica internazionale figura il 53 esimo posto, ma come partner esportatore e agli ultimi posti nella classifica mondiale. In pratica il Congo non ha mai investito per allargare l’estrazione del proprio gas, tanto da non figurare nel corso del 2020, tra gli stati che hanno estratto venduto metano.
L’Algeria coinvolge l’Italia nel progetto di gasdotto Nigal
Intanto l’Algeria si rivolge a Roma per il progetto Trans sahariana, anche detto Nigal, un gasdotto delle forti ambizioni che dovrebbe percorrere 4000 km collegando le coste della Nigeria, attraversando il Niger fino al cuore del Sahara, in territorio algerino.
Ma il Nigal ha dei problemi non da poco: infatti si estende in tutti i territori in cui la guerriglia armata è all’ordine del giorno, anche quella dei combattenti islamici. Per questo la sua realizzazione è ancora in fase embrionale e il suo sviluppo è ancora in itinere. Per questo l’Algeria ha chiesto aiuto a Roma in un incontro tra l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi ed il premier italiano Mario Draghi, che hanno guidato la delegazione italiana ad Algeri qualche giorno fa, stipulando un accordo in base al quale la società Sonatrach avrebbe aumentato le forniture di gas all’Italia fino a 9 miliardi, e mentre l’Italia avrebbe aiutato l’Algeria ad aumentare le esportazioni di gas, l’Algeria chiede all’Italia di aiutarla nella transizione ecologica delle rinnovabili.
Gas dall’Africa: che ci fanno gli italiani in Africa?
Se le difficoltà sono tali, perchè l’Italia insiste a dichiarare che i viaggi in Africa servano ad ampliare la rosa dei fornitori? Il sospetto cade sulle dichiarazioni di Putin che, proprio pochi giorni fa, ha dichiarato di voler costruire nuovi gasdotti tra Russia ed Africa, oltre che in direzione Est-Sud Est, per battezzare la Cina e l’India, paesi in ampia espansione che necessitano di ridurre l’uso del carbone. Eppure anche i piani di Putin sono difficilmente realizzabili nel breve termine, per l’allargamento del gasdotto Power of Siberya ci vorranno tre anni e si potrà trasportare solo 10 miliardi di metri cubi in più, per l’India e l’Africa invece, il progetto è ancora in fase di definizione. Ma di sicuro un accordo del genere introdurrebbe la Russia nell’economia africana dove l’Italia e l’Europa hanno già pensato di espandersi in questi anni, giacché hanno perso molto terreno se pensiamo che, soprassedendo sulla metà dei paesi assenti all’Assemblea delle Nazioni unite, circa la metà restante dei paesi africani chiamati al voto, si è astenuta dall’applicare sanzioni alla Russia.