È bastata un’ora all’Inter per togliere ogni velleità alla Magica arrivata a Milano decisa a scatenare l’inferno. La Roma si sentiva giustamente forte per due motivazioni: è l’unica squadra italiana ancora in Europa e arrivava dall’aver messo alla frusta il
Napoli al Maradona. Mou non aveva tenuto conto della voracità dei bauscia capaci di rintanarsi in difesa per poi ripartire all’improvviso e colpire con deliberata ferocia. Grande Brozovic, da ritenere uno dei più completi calciatori al mondo. Gioca alla Di Stefano (Don Alfredo la saeta rubia): difende, svolge i compiti da regista e segna come un vero attaccante. Oggi è il miglior calciatore in Serie A. La Roma ha fatto quello che l’organico le permetteva. Ha costruito gioco ma si è mostrata troppo lenta e vulnerabile: era già successo a Napoli, sulla fascia destra.
Un episodio divertente: sul calcio d’angolo battuto dal Calha e perentoriamente messo in rete di testa da Lautaro, Smalling ha ricevuto una spintarellina da un compagno di squadra. Anziché rimanere in piedi e saltare si è buttato a terra morto, probabilmente convinto che lo avesse toccato un avversario: ciò ha permesso a Lautaro, che arrivava in corsa, di colpire indisturbato. Morale: chi finge, paga. Poi, chissà perché, Inzaghi ha tolto Brozovic e i giallorossi hanno cominciato a far ballare il centrocampo interista. È finita con la solita pazzia della Beneamata che, ad ogni partita, fa rischiare colpi al cuore ai propri tifosi che non possono stare tranquilli nemmeno quando sono in vantaggio di tre reti all’ottantacinquesimo. 3-1, giusto così. Nessun biasimo alla Roma, sono i nerazzurri ad essere, oggi, troppo forti e maturi.
SERIE A, ADDIO SOGNI DEL NAPOLI
Non è stata certamente perfetta la giornata di Serie A del Napoli a Empoli. Spalletti ha impostato un 4-2-4 spurio perché sia Insigne che Lozano rientravano aggiungendosi al centrocampo. Andreazzoli ha messo in campo la solita Empoli: squadra che gioca bene ma Pinamonti e Cutrone non sono mai parsi grandi sfondatori. Quando tutto era avviato ad una felice conclusione per i campani, gli uomini di Spalletti si sono spaventati di quanto stava accadendo: portavano a casa tre punti da Empoli. Bene, in sette minuti hanno incassato tre reti, perso l’incontro e detto addio ad ogni sogno di scudetto. Tutto ciò con annessa una ‘cavolata’ insuperabile di Meret che, credo, abbia concluso la sua carriera all’ombra del Vesuvio. Due reti le ha realizzate, una regalata, Pinamonti che all’Inter non hanno tenuto neanche come quarto attaccante. ”Una in meno a rompere le sacre corbelle per il titolo“, questo è divenuto il refrain mentale di casciavit e bauscia.
Deciso a rimanere con l’Inter, il Milan avrebbe voluto entrare in campo, a Roma, per decapitare ogni velleità laziale di partecipare alle kermesse europee nella prossima stagione. Però pochi minuti e già Immobile aveva continuato l’opera iniziata dall’Inter nel derby, prima rete. I rossoneri parevano rintronati, l’assenza di Bennacer si sentiva e le sue mancate interdizioni mettevano la difesa in difficoltà. Era un Milan con poca determinazione. Al contrario la Lazio è apparsa subito in palla e sicura di sé. Dopo un quarto d’ora il gioco si è fatto più equilibrato. Lentamente i milanesi hanno, sempre più, preso campo con grandi sgroppate di Leao che Lazzari non riusciva a contenere. I rossoneri meritavano sicuramente il pari. Non lo hanno ottenuto nel primo tempo ma hanno gettato le basi per la ripresa: infatti dopo cinque minuti del secondo tempo il pareggio era cosa fatta. I biancocelesti schiacciati parevano sfiniti, la partita era solo del Milan che ha inanellato occasioni sciupandole regolarmente.I romani, impotenti, parevano aspettare solo il colpo di grazia, anche perché Sarri, come sempre, non ha avuto l’umiltà di ammettere di essere inferiore e costruire la Maginot sulla propria trequarti campo. Il proverbiò dice ”tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”: non è stato così a Roma, i diavoli si sono beccati il lardo dei tre punti e così aspettiamo un gigante derby della Madonnina per lo scudetto.