Nel 2015 solo il 17% degli italiani aveva gustato un bicchiere di vino bio. Nel 2021 la percentuale è salita al 51%. A rivelare la tendenza è un’indagine curata da Nomisma-Wine Monitor per FederBio e AssoBio, che attesta, alla prova dei numeri, come il consumatore riconosca a questa categoria valori più elevati rispetto a quelli dell’offerta convenzionali. Tra i plus, l’indagine mette in luce innanzitutto il metodo produttivo maggiormente rispettoso dell’ambiente rispetto a quello utilizzato per coltivazioni tradizionali: un aspetto nodale, riconosciuto trasversalmente sia dal 72% degli user che dal 58% dei non user. Ma alla lista si aggiungono anche le maggiori garanzie di sicurezza percepite grazie ai controlli previsti dal disciplinare (60% tra gli user) e un alto riconoscimento di qualità che non solo arriva dall’esperienza diretta dei consumatori (49%), ma viene percepito anche tra chi non ha avuto esperienze di consumo. E così – rileva sempre la ricerca – non stupisce che ben l’86% dei wine user bio sia disposto anche a riconoscere un differenziale di prezzo. Un atteggiamento che fa ben peraltro sperare per il futuro della categoria.
“Le opportunità di crescita per il vino biologico sul mercato italiano sono molto alte – dichiara Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence di Nomisma -: non solo la consumer base è destinata ad aumentare negli anni a venire, ma l’interesse è collegato anche alla qualità che questi vini sono in grado di esprimere”. Un interesse testimoniato dai dati: secondo la survey, infatti, il 32% degli attuali wine user bio si dice intenzionato ad accrescere il consumo, a patto però che l’assortimento venga ampliato. E in questa stessa direzione si pone anche un altro indicatore: la richiesta di maggiore comunicazione. Un punto ancora aperto visto che un utilizzatore su 3 lamenta di non avere informazioni sufficienti, quota che sale al 54% tra coloro che non hanno mai consumato il prodotto. E non è tutto. Non va infatti dimenticato neppure il sampling: il 14% degli attuali non user potrebbe essere infatti invogliato al primo acquisto se fosse offerta l’opportunità di effettuare assaggi in negozio.
Dalle parole agli scontrini
Gli italiani insomma si dichiarano ben disposti verso il vino bio. E non solo a parole, come conferma il riscontro del carrello della spesa che attesta come in Italia nel 2021 le vendite di vino biologico nella distribuzione organizzata abbiano mosso 46,5 milioni di euro, mettendo a segno un incremento del +3,7% rispetto al 2020. Il che significa avere incassato un ritmo di crescita analogo a quello registrato dal vino convenzionale. Un risultato positivo, frutto soprattutto del traino delle vendite realizzate dai vini fermi&frizzanti: secondo i dati NielsenIQ, questo segmento pesa infatti per ben l’86% sul totale vino bio venduto nel canale retail. Una percentuale “bulgara’” che corrisponde a un giro d’affari di 40,1 milioni di euro, segno di un allungo del +4,5% rispetto al 2020, che ha permesso al settore di distanziare nettamente l’incremento ottenuto nello stesso periodo dagli omologhi non a marchio bio (-0,2%).
E ancora più in dettaglio, il maggiore contributo alla crescita è stato assicurato dal Prosecco che, con all’attivo un incasso di oltre 5 milioni di euro, risulta il vino bio più venduto in iper e super. Alle sue spalle, si posizionano poi due rossi fermi – Nero d’Avola (2,9 milioni di euro) e Montepulciano d’Abruzzo (2,6 milioni di euro) -, seguiti da Pecorino (1,9 milioni di euro) e Chianti (1,7 milioni di euro).
Dove si acquista
Ma dove si acquista il vino bio? I canali preferiti sono iper e supermercati (46%). Degno di nota è però anche il ruolo recitato dalle enoteche (19%), dagli acquisti diretti dal produttore/in cantina (15%) e dai negozi alimentari specializzati in prodotti biologici (10%). Ma non va neppure dimenticato l’e-commerce: nonostante il web rappresenti appena il 2% della distribuzione e le vendite abbiano decelerato rispetto al boom del 2020, gli acquisti online continuano a crescere a doppia cifra (+13,4% rispetto al 2020) e ad orientarsi su prodotti di fascia di prezzo superiore. Il differenziale rispetto al vino bio venduto negli scaffali di iper e supermercati è infatti pari al 10%.
Dove si produce
Il successo del vino biologico va insomma ricondotto al contributo assicurato da un variegato bouquet di canali. Ma non solo. A fare da volano al fenomeno c’è infatti anche la questione produttiva. E questo perché, con 398 mila ettari, l’Unione europea rappresenta ben il 79% della superficie vitata bio del mondo. Una leadership, quella dell’Europa, che emerge anche se si guarda all’incidenza delle superfici vitate bio sul totale: nel 2020 l’Unione ha infatti superato il 12% a fronte di una quota mondiale pari al 7%. E in questo scenario, l’Italia con i suoi 117 mila ettari di vite con metodo biologico, detiene, insieme alla Francia, il primato, grazie a una quota del 18% del totale. Va detto però che concorrenza europea è agguerrita, dal momento che in un decennio le superfici bio in Italia sono cresciute del +125% (2020 vs 2010) contro il +129% della Spagna e ben il +171% messo a segno dai cugini francesi.
Dove si esporta
Il nostro Paese è, dunque, chiamato a una sfida produttiva, così come è chiamato anche a non perdere le importanti opportunità che si aprono sul fronte dell’export. Secondo Nomisma, infatti, nel Regno Unito – il quinto mercato per consumi di vino al mondo -, il 29% dei consumatori pensa che i vini biologici saranno tra i trend di consumo dei prossimi 2/3 anni. E la quota sale al 35% in Cina per arrivare, addirittura, al 46% negli Stati Uniti. “Proprio gli Usa – conferma Emanuele Di Faustino, Senior Project Manager di Nomisma – rappresentano il mercato a maggiore potenzialità per il vino bio italiano. Sono del resto il primo consumatore di vino al mondo e il primo destinatario dell’export vinicolo italiano. E qui ben 1 consumatore su 3 – parliamo di circa 65 milioni di persone – beve vini biologici. Per le aziende italiane oltreoceano si aprono dunque ottime opportunità e questo alla luce sia dell’elevata capacità di spesa degli americani sia dell’ottima percezione di cui godono i vini bio Made in Italy. Per il 63% dei consumatori statunitensi è infatti molto importante che il vino bio sia di origine italiana e il 18% indica proprio il vino come il prodotto bio Made in Italy a maggior potenziale sul mercato Usa”.
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