In Sudafrica si sta assistendo alla quinta ondata di Omicron, questa volta con le varianti 4 e 5. La curva dei contagi, complice l’autunno, è in salita e nel resto del mondo ci si chiede se accadrà lo stesso, con l’aumento di casi che probabilmente arriverà anche in Europa dopo l’estate. Intanto in Italia Omicron 4 è già stato segnalato da due laboratori: uno a Reggio Calabria il 21 aprile e l’altro a Monza il 29.
Carlo Federico Perno, direttore dell’unità di Microbiologia del Bambino Gesù di Roma, ha spiegato: “Omicron è una variante diversa dalle altre. Ha una capacità straordinaria di evolversi e raffinarsi. Purtroppo è un virus patogeno, ma Darwin lo potrebbe considerare un esempio da manuale della sua teoria”. Ogni nuova variante, infatti, è stata più contagiosa rispetto alla precedente. Ad oggi infatti Omicron è considerato il virus più contagioso fra quelli noti nella storia, spiega Repubblica.
Omicron, varianti 4 e 5 più contagiose ma non aggressive
Mentre in Sudafrica le varianti 4 e 5 di Omicron dilagano, l’Europa guarda con attenzione. Si stima che le due varianti siano dell’8% e del 12% più contagiose di Omicron 2. I contagi, da marzo, sono passati da 1000 a 6 mila e le subvarianti 4 e 5. Le due varianti sono cresciute dal 5% al 50% dei casi: attualmente le due si dividono i casi quasi perfettamente a metà.
C’è però anche una buona notizia: mentre i casi sono in crescita vista la contagiosità di Omicron, i ricoveri e i decessi sono aumentati solamente in modo lieve. “La storia dei virus ci insegna che l’evoluzione li porta a diventare più contagiosi, ma non necessariamente più aggressivi” spiega Perno. Per quanto riguarda la probabilità di reinfettarsi, dal Sudafrica arriva uno studio pubblicato su MedrXiv dall’Africa Health Research Institute. La ricerca ha preso in considerazione gli anticorpi di 24 persone contagiate con Omicron 1 alla fine dello scorso anno. Questi, non vaccinati, non hanno resistito a Omicron 4 e 5. Gli altri 15 volontari, sempre contagiati con Omicron 1 ma vaccinati, hanno invece anticorpi in grado di neutralizzare le subvarianti. “Ma sospettiamo che se oggi ci ammaliamo di meno è più per merito dei vaccini che per l’evoluzione del virus” spiega Perno a Repubblica.