La guerra tra Russia e Ucraina preoccupa anche per le conseguenze sull’economia occidentale. Tantissimi, infatti, i prodotti provenienti proprio dai due Paesi che dal 24 febbraio scorso si trovano a combattere una guerra che fa paura anche ai mercati. Mario Draghi, al Parlamento europeo, ha fatto il punto sulla situazione.
“Dal punto di vista economico, il conflitto ha causato instabilità nel funzionamento delle catene di approvvigionamento globali e volatilità nel prezzo delle materie prime e dell’energia. Le forniture alimentari ucraine sono crollate a causa delle devastazioni della guerra e dei blocchi alle esportazioni imposti dalla Russia nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov. L’Ucraina è il quarto maggiore fornitore estero di cibo nell’Unione europea, ci invia circa metà delle nostre importazioni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali. Russia e Ucraina contano per oltre un quarto delle esportazioni globali di grano. Quasi 50 Paesi del mondo dipendono da loro per più del 30% delle proprie importazioni” ha spiegato il presidente del Consiglio parlando al Parlamento europeo.
Mario Draghi: “Si rischia la crisi alimentare”
Il presidente Mario Draghi ha poi proseguito il suo discorso scendendo più nello specifico. I prezzi di determinati prodotti hanno raggiunto livelli altissimi a causa del conflitto, ma c’è anche il rischio di assistere ad una crisi alimentare: “A marzo, i prezzi dei cereali e delle principali derrate alimentari hanno toccato i massimi storici. C’è un forte rischio che l’aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibilità di fertilizzanti, produca crisi alimentari. Secondo la Fao, 13 milioni di persone in più potrebbero soffrire la fame tra il 2022 e il 2026 a causa della guerra in Ucraina”.
Il pericolo è che dunque il globo vada incontro ad una crisi alimentare che andrebbe a gravare ancor di più su nazioni dell’Africa e del Medio Oriente, già particolare esposte a rischi di questo tipo: “Molti Paesi, soprattutto dell’Africa e del Medio Oriente, sono più vulnerabili a questi rischi e potrebbero vivere periodi di instabilità politica e sociale. Non possiamo permettere che questo accada. Il nostro impegno, attraverso le banche di sviluppo e le istituzioni finanziare multilaterali deve essere massimo”.