La situazione della Bolivia è tornata al centro dell’attenzione mediatica dopo che l’assemblea dei vescovi di questo Paese considera un’ingiustizia la situazione dell’ex Presidente in pectore, Janine Añez, che è tuttora in carcere con una serie di accuse che, sin dall’inizio della sua detenzione, puzzano lontano un miglio di vendetta da parte di Evo Morales per i fatti che, alla fine, causarono la sua destituzione e lo costrinsero alla fuga dal Paese.
Infatti, il 13 marzo del 2021 la Procura Generale della Bolivia spiccò degli ordini di cattura sia per Añez che per diversi Ministri e alti funzionari, nonché Ufficiali delle Forze Armate, nell’ambito del presunto golpe ai danni di Morales, con le accuse di terrorismo, sedizione e cospirazione riguardanti le forzate dimissioni dell’ex Presidente, costretto a esiliarsi all’estero per oltre un anno, tra residenze “dorate” sia in Messico che in Argentina.
Bisogna dire che in America Latina è in corso, anzi sono in corso, operazioni di lavaggio mediatico senza precedenti per riciclare personaggi politici di primissimo piano che, pur avendo alcune volte iniziato bene i loro mandati presidenziali, con il tempo e specialmente a causa della lunghezza temporale del loro potere sono finiti tutti quanti per interpretarlo non come una delega popolare fornita dal voto democratico, ma semplicemente incarnandosi come “potere eterno” che poi, alla fine, li ha coinvolti in scandali grandissimi che ne hanno bruciato la carriera.
La grande trappola di cui si sono serviti alcuni è quella del cosiddetto “lawfare” che in pratica trasforma i processi nei quali questi esponenti sono coinvolti in altrettante armi di persecuzione nei loro confronti. L’ultimo esempio è quello di Lula: l’ex plurimandatario brasiliano coinvolto, con tutto il sistema politico alla sua guida, in scandali di corruzione e che improvvisamente è diventato un Santo perseguitato dal potere politico avverso, come testimonia addirittura una risoluzione delle Nazioni Unite in suo favore, ma anche gigantesche campagne mediatiche ben orchestrate.
Altro personaggio degno di nota in questo circo è sicuramente Cristina Kirchner: ma pure l’ex Presidente dell’Ecuador Rafael Correa (attualmente esiliatosi in Belgio per sfuggire alla condanna di 8 anni di carcere per corruzione) fa parte di questo club, non tanto ristretto.
Evo Morales, lo ricordiamo, nel 2016, ossia dopo 10 anni di Presidenza, a seguito di una modifica della Costituzione che prevedeva un massimo di due mandati in 5 anni, organizza un referendum, in forma totalmente illegale, per modificare il tutto e approdare a un terzo mandato: lo perde sonoramente, ma se ne frega e si presenta come candidato del Mas (il Movimento socialista a cui appartiene) vincendo però con evidenti imbrogli che, alla fine, provocano una fortissima protesta popolare. A questo punto Evo cerca l’appoggio dei militari che, viceversa, si rifiutano, costringendolo alla fuga e al “dorato” esilio, mediaticamente trasformato in un martire (come Lula & c. già citati).
Viene proclamato un Governo provvisorio con il compito di traghettare la Bolivia verso nuove elezioni, presieduto da Jeanine Añez: successivamente i gravi problemi causati dalla pandemia sanitaria ritardano un po’ i termini ,ma alla fine si tengono il 18 ottobre del 2020 con la vittoria del candidato del Mas Luis Arce, in pratica eletto suo delfino da Morales stesso. E neanche un anno dopo, come sopra citato, si consuma la vendetta politica, con l’arresto di Añez.
Il fatto è che, paradossalmente, in questa occasione si consuma una vera persecuzione politica perché dopo 417 giorni di detenzione e violazione dei suoi diritti in un processo chiaramente illegale, il Tribunale incaricato si è astenuto dall’emettere il giudizio nei confronti dell’ex Presidente Añez prima che il potere politico risolva la questione di incostituzionalità presentata dall’accusata.
L’Osservatorio per i diritti umani contro la violenza dello Stato e l’abuso di potere ha emesso un lunghissimo comunicato descrivendo punto per punto il processo storico che ha prodotto la situazione del 2019, confermando che i fatti realmente accaduti configuravano una frode elettorale prodotta da Evo Morales, respingendo quindi la favoletta mediatica del colpo di Stato e sostenendo che il Governo provvisorio fu nominato all’epoca dall’Assemblea legislativa per impedire il caos che si sarebbe prodotto dal vuoto di potere causato dalla fuga dell’ex Presidente.
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