Il pestaggio di Stefano Cucchi nella caserma della compagnia Roma Casilina fu la “causa primigenia” della morte del 24enne. Lo sottolinea la quinta sezione penale della Cassazione nella sentenza depositata il 9 maggio 2022, le cui motivazioni vengono ora rese note. Il pestaggio avvenuto la sera del 15 ottobre 2009, dunque, fu “l’origine” di tutta la “catena causale che ha portato al decesso“, per questo lo scorso 4 aprile 2022 i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro sono stati condannati in via definitiva a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Il pestaggio è dunque la causa primigenia di una serie di fattori sopravvenuti, come le “negligenti omissioni dei sanitari“, che ha causato la morte del geometra romano, il quale era stato arrestato per droga. Nelle motivazioni la Cassazione precisa anche come “la questione della prevedibilità dell’evento” delle lesioni e poi della morte di Stefano Cucchi “è certamente fuori discussione“, a fronte delle “modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima“.
STEFANO CUCCHI, CASSAZIONE “COLPI VIOLENTI…”
La Cassazione fa esplicito riferimento ai “colpi violenti al volto e in zona sacrale“. Quindi, il modo in cui fu percosso Stefano Cucchi era “idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione“. In particolare, la Corte ha accertato che le percosse inflitte hanno determinato la caduta e l’impatto violento col pavimento, stabilendo che quest’ultimo ha “provocato la frattura della vertebra sacrale, poi identificata come l’innesco del successivo decorso causale“. Un decorso che ha portato il giovane a morire una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma. Di fatto, la Suprema Corte ha così respinto i ricorsi dei carabinieri autori del pestaggio del geometra, i quali sostenevano “il decorso anomalo” della sua morte.
Non ci sono dubbi, inoltre, che il pestaggio sia avvenuto in caserma. I giudici hanno ricordato che “al momento della perquisizione domiciliare, alla presenza dei suoi genitori, il Cucchi non presentasse evidenze di essere stato sottoposto a violenze di alcun genere“. Invece, come riferito da uno dei testimoni, “al momento del suo ingresso nella caserma di Tor Sapienza, reduce dal passaggio effettuato in quella di Roma Casilina dove era stato condotto al termine della perquisizione, accusava forti dolori, tanto da rendere necessario l’intervento del 118, il cui personale riscontrava segni palesi dei colpi ricevuti dalla vittima al volto“.