Nel paese dei necrofili che sa solo rendere tributi postumi, perché poi nemo propheta in patria, si resta sinceramente spiazzato dal numero di articoli, commenti, focus e approfondimenti su Richard Benson.
Era un pasticcione con la chitarra e certamente un eretico controcorrente, sempre e a qualunque costo. Nell’Italia sommersa dal cantautorato e l’industria milanese che comandava il mercato discografico, spuntò fuori sulle emittenti locali romane questo personaggione che faceva ascoltare e conoscere musica inopinatamente esclusa dalle radio commerciali (prone agli ukase del business). Convinto della forza dirompente dei suoni metal e prog, non esitava a far conoscere giovani musicisti, che poi sarebbero diventati importanti riferimenti di genere, uno su tutti William Stravato, che ha lasciato il proprio toccante ricordo sulla propria pagina facebook. Registrava anche dei tutorial per chitarristi rock, molto più chiari di tanta mondezza che circola in rete, piaccia o no; insegnava a piegare le pentatoniche a suoni metal e va bene così. Invitava i ragazzi a studiare tutto il giorno quei pattern, anche la notte se necessario: l’unico modo per diventare bravi e veloci.
Poi, siccome siamo uomini, gli è andata male, si è lasciato sopraffare dall’immagine che diventava sempre più caricatura e da gente spregiudicata che lo ha spremuto come un limone e lui, non sapendo cosa fare, si è infilato dentro il tritacarne immolandosi a macinato. Macchietta da ridere, bersaglio per gli sfoghi più animali e turpi, che non hanno risparmiato nulla per soddisfare un personale “crucifige!” con patate, pajata e mentuccia.
Se l’industria avesse deciso sarebbe diventato un Marilyn Manson de noantri, invece è finito dietro maglie di ferro a farsi tirare uova e ortaggi in periferia. Carlo Verdone lo ha ricordato sul set come un uomo super professionale e nessuno dovrebbe stupirsene, perché Richard Benson era bravo e disposto ad una buona corrente, che però non era dentro il suo destino. A nessuno è interessato tirarlo fuori da lì, tanto bello era lo spettacolo osceno di un degrado promesso.
E così, non ha avuto il beneficio della redenzione sanremese di Gianluca Grignani, non c’è stato un rovescio di fortuna. Capita. Rivedere oggi le immagini di un uomo seduto a suonare la chitarra mentre qualcuno lo insulta tirandogli un pollo crudo dovrebbe ferire l’umanità e la dignità di chiunque. Altro che affettuoso sberleffo, crudeltà piuttosto.
Alla fine è diventato un uomo malato per davvero, costretto a chiedere aiuto, con una società di alimenti vegani che per farsi pubblicità gli ha spedito un pollo di soia. Divertente, vero?
Una storia di miseria, tristissima e non per chi non c’è più. Alla fine ha vinto lui, che ha sacrificato il pollo a satana, chiedendo anche una capretta. Rip.