Il numero di effetti avversi dei vaccini Covid è 40 volte superiore a quello precedentemente registrato dal Paul Ehrlich Institute. Questo uno dei risultati dello studio condotto dall’ospedale universitario Charité di Berlino, in Germania, secondo cui i sistemi di sorveglianza “passiva”, basati sulle segnalazioni volontarie, hanno dei limiti. Dunque, solo la sorveglianza “attiva”, quindi col monitoraggio dei pazienti, si intercettano i numeri reali di reazioni avverse ai vaccini. Ma questo studio è diventato un caso per come è stato condotto, tanto da essere ritirato dallo stesso ospedale. Secondo questo lavoro, 8 persone vaccinate su mille riportano gravi effetti collaterali, quindi quasi l’1%. Alcuni durano mesi e richiedono cure mediche. Invece per altri vaccini, come quelli contro poliomielite o morbillo, si registrano un numero inferiore di gravi effetti collaterali.
Si tratta ad esempio di infiammazioni del muscolo cardiaco, reazioni eccessive del sistema immunitario e disturbi neurologici, come compromissioni del sistema nervoso. «La maggior parte degli effetti collaterali, compresi quelli gravi, scompare dopo tre o sei mesi, l’80% guarisce. Ma sfortunatamente nel 20 durano molto più a lungo», dichiara il professor Harald Matthes, che dirige una clinica berlinese specializzata in medicina antroposofica ed è titolare di una cattedra privata di medicina integrativa e antroposofica presso la Charité di Berlino.
PERCHÈ STUDIO È DIVENTATO UN CASO IN GERMANIA
Dall’inizio di maggio questo studio è al centro di un intenso dibattito non solo in Germania, ma anche più in generale tra i no vax. In’untervista alla televisione pubblica MDR, trasmessa il 3 maggio, il professor Harald Matthes ha detto di non essere sorpreso dall’ordine di grandezza della sua stima, perché «corrisponde a quanto noto in altri Paesi, come Svezia, Israele o Canada». Ma guai a definirlo no vax: non è contrario alla vaccinazione anti Covid, «la vaccinazione ha senso, ma come altre vaccinazioni, ha anche i suoi effetti collaterali». Infatti, ha sottolineato che «la probabilità di contrarre la miocardite nei giovani uomini è proporzionalmente più alta con la malattia che con la vaccinazione». Proprio perché difende la vaccinazione, Matthes ritiene che «si debba richiamare l’attenzione della classe medica», affinché sia «sensibile agli effetti collaterali della vaccinazione come lo è ora alle sindromi Covid lunghe».
Ma i risultati di questo studio sono stati criticati fortemente da alcuni esperti, anche dello stesso ospedale universitario Charité. Ad esempio, Leif Erik Sanders, direttore della Clinica di Malattia infettive e ricercatore in vaccinologia alla Charité, ha dichiarato su Twitter che «lo 0,8% di “gravi complicazioni legate ai vaccini” non è affatto realistico o grave». Anche un portavoce dell’ospedale universitario della capitale tedesca ha preso le distanze dal rapporto, dichiarando al settimanale Zeit: «Si tratta di un sondaggio aperto su Internet, quindi non è uno studio scientifico nel senso stretto del termine. Questo database non permette di trarre conclusioni concrete sulle frequenze nella popolazione generale e di interpretarle in modo generale».
“QUESTO NON E’ NEPPURE UNO STUDIO…”
Dunque, emergono gravi problemi metodologici riguardo lo studio, peraltro non pubblicato da nessuna parte (e ritirato appunto dall’ospedale). S tratta in realtà di un sondaggio online accessibile con pochi clic, in cui non si verifica la gravità delle complicanze, nè il nesso causale col vaccino, perché non sono altro che autodichiarazioni. Inoltre, il quotidiano francese Liberation ha evidenziato come sia possibile non fornire alcuna prova della vaccinazione per partecipare. Si inserisce solo un indirizzo e-mail, che non va neppure convalidato, quindi non si può escludere neppure la manipolazione dei risultati da parte dei no vax, così come non si possono escludere risposte contraddittorie. Quindi, è difficile applicare tali risultati all’intera popolazione tedesca. L’infettivologo Leif Erik Sanders ha pubblicato sui social una critica molto elaborata ai dati di Harald Matthes.
Ad esempio, evidenzia che la definizione di effetti collaterali gravi non corrisponde agli standard del settore, visto che ha incluso anche persone che si sono rivolte al proprio medico ricevendo almeno tre giorni di malattia. Per l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) si definiscono eventi avversi gravi quelli che «causano la morte, mettono in pericolo la vita, richiedono l’ospedalizzazione o il prolungamento di un’ospedalizzazione esistente, comportano una disabilità o un’incapacità persistente o significativa, o costituiscono un’anomalia congenita». In dubbio è stato messo anche il confronto con altri studi internazionali, in quanto quei lavori controllati e con placebo hanno misurato gli eventi avversi sia lievi sia gravi. Gli studi americani o israeliani, «di alta qualità, valutati da esperti internazionali indipendenti, non ci permettono di dedurre che esiste un tasso dello 0,8% di effetti collaterali gravi».