Il suo testamento, scritto col pane e l’acqua, lo fece alla presenza di Giuda l’Iscariota: anche lui – che per gli altri era forse il parente screanzato, quello che si fa sedere all’angolo della sala per non far bestemmiare la nonna – era giusto che avesse la sua parte. Come gli altri. Poi, di quella parte, ne avrebbe fatto ciò che avrebbe ritenuto opportuno, ma non c’era motivo che non l’avesse: “Il corpo di Cristo, Giuda” (Amen). Poi, “quando Giuda fu uscito (dal cenacolo)” Cristo si permise di fare una piccolissima aggiunta, che non aggiungeva nulla a loro, che non toglieva nulla a Giuda: “Figlioli, ancora per poco sono con voi” disse. E c’è da credergli che l’abbia detto col cuore in gola, l’anima in affanno, la testa ch’era sul punto di scoppiargli.
Già se lo sentiva che quella masnada malconcia degli amici suoi – forti come buoi quando il vento era a favore, molli come budini in mezzo all’alta marea – di lì a poco l’avrebbe lasciato solo come un cane. Senza più Giuda con loro, aggiunse dunque ciò che gli stava più a cuore, al netto delle cose materiali – il pane e l’acqua -, che aveva riservato anche all’Iscariota. Disse che dava loro “un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi“. Lo disse senza le orecchie di Giuda a disposizione: per lui e per me l’amore è un lusso che sempre potrei permettermi e che spesso non voglio permettere al mio cuore. In fatto d’attendibilità, io e mio fratello Giuda possiamo fare il paio con i cantastorie vaganti della Galilea di ieri. Del mondo di oggi.
Lo disse agli altri, senza Giuda: “Amatevi (…) come io vi ho amato“. Mai furono pronunciate così pazze, da un uomo che pazzo non lo era affatto. Perché non raccomanda di amare soltanto, come le mamme in punto di vecchiaia, sulla soglia della morte: “Fatemi solo un regalo, così muoio in pace: vogliatevi bene, anche quando non ci sarò più!”. Mette, sulle loro anime gobbe, una misura che è quasi impossibile da imitare: come io vi ho amato. Nè più né meno: gratis et amore Dei. L’ha detto quando Giuda non c’era già più: nutro il sospetto che, alla fine delle sue parole, s’aspettasse che qualcuno degli Undici s’alzasse per uscir fuori e andarsi a gettare al collo di Giuda: non l’aveva, forse, amato assai Gesù, alla vista di tutti?
Scusiamoli, scusiamoci, dicendo che gli amici avevano proprio il cervello in subbuglio dopo aver ascoltato la fine del testamento: come era un avverbio assolutamente fuori dall’ordinario. “E se uno non se lo meritasse? E se mi rifiutasse l’amore? Prima non è possibile chiedergli le scuse per i malfatti?”: son tante le domande rimaste in sospeso, appoggiate alla labbra, mai dette per la paura di veder Gesù reagire in maniera spudorata. Bastò guardare il seguito, basta guardare gli amici di Gesù d’oggi, per dare voce a quelle domande mute.
Siccome, quella volta, non chiesero, Lui ne approfittò per chiudere bene il discorso, per sigillarlo del tutto, per tutti i secoli dei secoli (Amen): “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (cfr Gv 13,31-35). C’era un qualcosa di speciale nella sua voce: a leggere il resoconto dei Vangeli, era calma, decisa, confidenziale. A maggior ragione in attimi così densi d’agitazione e d’ebetudine. I suoi occhi erano strani, indagatori, senza nessuna ombra di sfrontatezza sembravano chiedere: “Hai capito? Son stato chiaro? Se avete dei dubbi, ditemelo subito, che ve lo rispiego”.
Il fatto era altro: loro non dubitavano (più) che Lui fosse la luce, solamente non volevano dirgli esplicitamente che la loro razza, la razza umana, non voleva la luce. Tutto filava liscio, come oggi, se avevano la possibilità di mostrarsi alla gente come impresari dello spettacolo, e Gesù come il loro numero d’attrazione formidabile. Quando, però, assicurò loro che non c’era cosa più bella di quella di amare come erano stati amati, iniziarono a tremare. Non poteva dire altrimenti, comunque: altrimenti la sua vita sarebbe passata alla storia come una favola. Invece era una storia, una lunghissima storia d’amore. Dove l’Amore non ha mai affittato il posto ch’era di Giuda. Rimane suo in aeternum.
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