Manca meno di un mese alla prossima riunione del Consiglio direttivo della Bce. L’appuntamento cruciale appare però quello di luglio. Il Governatore della banca centrale olandese, Klaas Knot, ha infatti non solo detto che nell’occasione un rialzo dei tassi “appare scontato”, ma non ha escluso che tale incremento possa essere addirittura di mezzo punto percentuale.
Se la politica monetaria nell’Eurozona andrà inasprendosi, per l’Italia non sarà certo una buona notizia, tanto più che in un’intervista pubblicata a inizio settimana sul Corriere della Sera, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha fatto intendere quella che è la posizione di Berlino sul futuro della politica fiscale europea. «Di fatto – evidenzia Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale – nelle risposte che ha fornito si trovano indicazioni importanti su quella che è la linea rossa dell’interesse nazionale tedesco, in un orizzonte post-crisi ucraina, sia nel contesto europeo, sia in quello più ampio dell’economia mondiale».
Partiamo da quest’ultimo aspetto relativo all’economia mondiale. Cosa dice di interessante Lindner?
Emerge il timore che le conseguenze dell’attuale crisi geopolitica cambino il modello di relazioni economiche internazionali della Germania, basate su un’alleanza politica e militare con gli Stati Uniti, ma con la possibilità di fare affari con tutti, in particolare con la Cina e, ovviamente, e la Russia. Rispetto, infatti, al friend-shoring proposto da Janet Yellen, ovvero la possibilità di avere rapporti economici stabili con gli Stati Uniti sulla base di un allineamento strategico e di una compatibilità con le esigenze di sicurezza nazionale di Washington, Lindner evidenzia in modo diplomatico, ma fermo che ciò non sarebbe compatibile con l’interesse nazionale tedesco. Dice, infatti, di essere d’accordo con “la globalizzazione tra amici”, ma contrario alla “formazione di due blocchi separati“.
Riguardo invece al contesto europeo, cosa dice il ministro delle Finanze tedesco?
A livello di politiche energetiche, distingue tra breve e medio-lungo periodo. Dal suo punto di vista, nel breve periodo bisogna essere pragmatici e riconoscere la forte dipendenza dal gas russo, causata anche degli errori commessi dai Governi precedenti, attivandosi nel contempo per aumentare la diversificazione degli approvvigionamenti e creando le condizioni per maggiori investimenti del settore privato nelle energie rinnovabili. In questo modo, diventa possibile perseguire nel medio-lungo periodo l’obiettivo di un mix energetico molto più ampio, stabile e idealmente coerente con gli obiettivi della transizione ecologica. Riguardo l’economia europea, poi, Lindner lancia una serie di messaggi e avvertimenti.
Dice qualcosa circa la riforma del Patto di stabilità e crescita?
Sì, si dice favorevole a regole “più realistiche ed efficaci”. Quindi, che si basino su obiettivi di lungo periodo per i quali sia prevista una certa flessibilità nel medio.
Una buona notizia. Si può sperare in una modifica delle attuali regole.
Mantenere in vigore dei parametri che oggi sono sconfessati dalla realtà macroeconomica di tutti i Paesi europei andrebbe contro il requisito di realismo indicato dallo stesso Lindner. Tuttavia, rispetto alle sue parole condivisibili, bisognerà poi vedere come il Governo di Berlino intenda declinare questa visione del Patto di stabilità, soprattutto come gli obiettivi di medio-lungo periodo si rapportano al breve, qual è il sentiero di aggiustamento dei conti pubblici. Come si usa dire, il diavolo è nei dettagli. Il ministro delle Finanze tedesco si dice, poi, assolutamente contrario a emettere nuovo debito europeo, ad altre iniziative straordinarie come il Next Generation Eu. Credo sia opportuno soffermarsi sulle sue parole sul tema.
Perché?
Perché sottolinea che i finanziamenti del Next Generation Eu non sono stati ancora assorbiti dai Governi, anche a causa di problemi burocratici. Questo è vero, ma non bisogna dimenticare che per poter beneficiare appieno dell’impatto propulsivo di questi fondi occorre anche disporre di deficit fiscali in linea con il pieno assorbimento di tali risorse addizionali. E questo si scontra con la contrarietà di Lindner a scostamenti di bilancio. Oltretutto, in un momento in cui, come lo stesso ministro tedesco riconosce, c’è una crisi economica in Europa e nel mondo, nel breve termine l’imperativo è cercare di evitare o mitigare la recessione. Dunque, la politica fiscale deve giocare un ruolo importante proprio mentre si pongono le basi di una crescita sostenibile ed equilibrata grazie agli investimenti. Se, invece, le si mettono dei paletti eccessivi in questo contesto particolarmente critico, il rischio è paradossalmente di far incrementare il rapporto debito/Pil, perché il denominatore diminuisce mentre il numeratore aumenta.
E questo di certo non aiuta Paesi come il nostro che cominciano già a vedere uno spread in rialzo.
A proposito degli spread, Lindner spiega di ritenerli indicatori della credibilità delle politiche economiche di un Paese e del suo livello del debito. In condizioni di sostanziale stabilità è senz’altro così, ma nel 2010-11 ci sono stati attacchi speculativi che poco avevano a che fare con questi elementi. Non dobbiamo dimenticare che i mercati finanziari operano su quelli che in gergo si chiamano equilibri multipli, per cui una stessa situazione può essere prezzata in modo diverso in funzione delle aspettative che gli operatori si formano.
Lindner dice anche che l’aumento degli spread al momento non è una minaccia e che l’attuale situazione non è paragonabile a quella di 12 anni fa. Questo è vero, ma fino a quando?
È vero che non siamo in una situazione come quella del 2010, però gli spread stanno aumentando e nelle situazioni di vulnerabilità i mercati tendono e penalizzare le economie più fragili. Quindi, un debito pubblico considerato sostenibile, in un nuovo contesto, determinato da una crisi geopolitica che acuisce le asimmetrie tra le economie, può non essere più considerato tale, perché cambiano le aspettative e le valutazioni degli operatori di mercato. Occorre, dunque, fare attenzione a che le asimmetrie non si traslino in aspettative divergenti degli operatori di mercato sulle prospettive dei singoli Paesi, perché a quel punto gli spread potrebbero tornare a crescere significativamente, come, in parte, già hanno iniziato a fare, e la speculazione potrebbe ulteriormente ampliarli.
Alimentando poi le stesse asimmetrie tra le economie dei Paesi europei.
Esatto. Perché con costi di rifinanziamento assai più elevati, la politica fiscale farebbe fatica a stabilizzare il debito di un Paese.
Vedendo anche le dichiarazioni di Knot, le prospettive non sono rosee rispetto a un possibile ampliamento degli spread e delle asimmetrie.
Noto, negli ultimi tempi, una convergenza crescente da parte di molti membri del Consiglio direttivo della Bce verso un inasprimento della politica monetaria nell’Eurozona a breve. Su questo credo che ormai le stelle si siano allineate e tra non molto riceveremo i primi segnali oggettivi che non saranno più “a salve”.
Il Governo italiano può prepararsi in qualche modo, a parte stringere i cordoni della borsa come sta già facendo?
Quello che è importante in questa fase è cercare di alimentare le aspettative di crescita, unico modo per contenere il rapporto debito/Pil, visto il valore assoluto del numeratore, cioè il debito. In Italia lo si può fare solo con le riforme. Nella misura in cui vengono finalizzate, questo contribuisce a stabilizzare le aspettative. La sensazione, però, è che il Governo e il presidente del Consiglio siano molto in affanno e che le tanto necessarie riforme stentino a concretizzarsi. E questo di certo non aiuta.
(Lorenzo Torrisi)
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