RIFORMA PENSIONI. Dopo che nei giorni scorsi era stata ventilata la possibilità che ci sarebbe stato un altro anno di proroga della sospensione delle ferree regole del Patto di stabilità, l’altro ieri è arrivata l’ufficialità su un provvedimento che, se non fosse stato approvato, avrebbe costretto i Paesi dell’Ue a fare ulteriori sacrifici dopo tre terribili anni di pandemia.
In sostanza anche per tutto il 2023, a causa dell’incertezza per le prospettive economiche nel contesto della guerra in Ucraina e degli aumenti senza precedenti dei costi dell’energia, si sospendono gli obblighi del Patto com’era già accaduto nel 2021 e nel 2022.
Era ovvio che la Commissione giungesse a queste conclusioni e anche se il Vicepresidente Dombrovskis ha subito sgombrato il campo da facili entusiasmi affermando che non è un “liberi tutti”, che la clausola di salvaguardia generale non sospende le norme di bilancio dell’Ue e che la Commissione continuerà a fornire orientamenti di bilancio per gli Stati membri è ovvio che, ognuno di essi, avrà più margine per operare nelle proprie Leggi di bilancio.
La motivazione di questa sospensione del Patto di stabilità anche nell’anno 2023 va individuata nel conflitto russo/ucraino che a parere di tutti sarebbe dovuto durare poche settimane e che invece adesso si teme possa durare per tutto il 2022, quasi che “grazie alla guerra” e alle terribili conseguenze che ci sono in tutta Europa con un raddoppio dei costi energetici, si possa operare una sospensione che altrimenti non ci sarebbe stata. Infatti, l’idea che aveva la Commissione alla fine del 2021 era quella che si stava velocemente andando verso la conclusione della pandemia e che quindi nella primavera del 2022 si sarebbe affrontato nuovamente il problema del Patto di stabilità quasi dimenticandosi delle centinaia di migliaia di decessi, dei milioni di posti di lavoro persi e delle centinaia di miliardi di euro spesi a causa del Covid.
Sarebbe stato un errore evidente in quanto le economie europee non si sono ancora riprese dalla pandemia, che ancora non è del tutto debellata e con cui temo faremo ancora i conti in autunno, e ripristinare il Patto di stabilità così com’era in passato avrebbe costretto i Paesi membri, tra cui l’Italia, a un sistema economico troppo rigido che non avrebbe permesso un’adeguata crescita. Ovviamente la guerra con i disastri che sta provocando in termini di vite umane nonché dal punto di vista economico con un’inflazione che in pochi mesi è schizzata al 6,5% ha frenato questi facili entusiasmi, ma ci voleva una guerra nel cuore dell’Europa dopo decenni di relativa tranquillità per capire che il Patto di stabilità va pensato in un modo completamente diverso dopo la pandemia? Sembra quasi che si debba ringraziare la guerra altrimenti Dombrovskis & company ci avrebbero, dopo tre anni di inferno e oltre 166.000 decessi, costretti nuovamente a un regime di lacrime e sangue.
A parere della suddetta Commissione l’Italia ha ancora uno squilibrio macroeconomico eccessivo e rimane caratterizzata da un elevato rapporto tra debito pubblico e Pil nonché da una bassa crescita della produttività e da una debolezza strutturale dei mercati del lavoro e finanziario, ma, per la prima volta da parecchi anni, non si fa cenno esplicito alla situazione previdenziale.
Normalmente quello della riforma delle pensioni era da sempre un argomento dove la Commissione europea affondava a piene mani affermando che in Italia il rapporto previdenza/Pil era ormai prossimo al 17%, che l’Italia era seconda solo alla Grecia per spesa pensionistica, che “Quota 100” non doveva essere prorogata e che qualsiasi eventuale flessibilità in uscita avrebbe dovuto essere solo nel solco del sistema contributivo.
Questa mancata tirata d’orecchie al Bel Paese su un argomento, quello della riforma delle pensioni, che da sempre è stato oggetto di polemiche tra il Governo italiano e la Commissione europea prevede due possibili scenari. Il primo, auspicabile, è che i burocrati di Bruxelles si siano finalmente resi conto che in Italia al netto dell’assistenza il costo delle pensoni è in linea con i principali Paesi europei e che in Italia l’età del pensionamento a 67 anni è tra i più alti in Europa, oppure, e sarebbe lo scenario più nefasto e quello che temono i cittadini italiani, il Governo ha rassicurato i vertici di Bruxelles che perlomeno fino alle elezioni della primavera del 2023 non sarà attuata nessuna riforma delle pensioni sostanziale, ma ci si limiterà a piccoli aggiustamenti, come peraltro già fatto nel 2021, lasciando la soluzione del problema a chi uscirà vincitore dalle urne.
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