Il pentitismo è quel fenomeno inserito all’interno della lotta alla mafia che si è sviluppato a partire dalla prima metà degli anni Ottanta. I primi pentiti di mafia si trovano collocati nella storia con l’avvio del primo Maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra. In particolare, pare che questa figura nacque in seguito alla repressione che i Corleonesi intrapresero versi gli esponenti delle famiglie perdenti della Seconda Guerra di Mafia.
I collaboratori di giustizia, anche chiamati “grandi pentiti”, furono proprio coloro che scelsero di collaborare con la giustizia “tradendo” le proprie organizzazioni. La stagione fu inaugurata da Tommaso Buscetta, che il 18 luglio 1984, dopo l’estrazidizione in Italia, scelse di collaborare con Giovanni Falcone, che era impegnato nel Maxiprocesso. Il “boss dei due mondi“, come era stato chiamato dalla stampa, per 45 giorni rivelò tutto quello che sapeva su Cosa Nostra.
Pentito di mafia, il primo fu Buscetta
La testimonianza di Buscetta, uno dei primi pentiti di mafia, fu talmente importante che Falcone anni dopo disse: “Prima di lui, non avevo – non avevamo – che un’idea superficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbiamo cominciato a guardarvi dentro. Ci ha fornito numerosissime conferme sulla struttura, sulle tecniche di reclutamento, sulle funzioni di Cosa Nostra. Ma soprattutto ci ha dato una visione globale, ampia, a largo raggio del fenomeno. Ci ha dato una chiave di lettura essenziale, un linguaggio, un codice. È stato per noi come un professore di lingue che ti permette di andare dai turchi senza parlare coi gesti”.
Dopo la denuncia di Buscetta e la sua collaborazione con la giustizia, di conseguenza si assistette ad un vero e proprio effetto domino. Come lo stesso Buscetta, molti altri uomini mafiosi lo seguirono sulla strada del “pentimento”. Giovanni Falcone, da lì a poco, ricevette richieste di collaborazione da parte di uomini “d’onore” del calibro di Salvatore Contorno, Antonino Calderone, Francesco Marino Mannoia e molti altri ancora.