Caro direttore,
la guerra che Putin ha intrapreso contro l’Ucraina e, soprattutto, la questione che Draghi ha ben sintetizzato nel dilemma “meglio il condizionatore spento o il gas russo?” stanno mettendo a nudo la debolezza e le contraddizioni del processo di integrazione, iniziato verso la metà del secolo scorso, e oggi giunto ad un passaggio decisivo. Si tratta di affrontare scelte che avranno conseguenze non solo sul futuro della nostra Europa, ma anche di altre aree del globo, visto il ruolo che il nostro continente, piccolissimo sul piano geografico ma assai rilevante su quello culturale e civile, potrà avere sul mondo intero.
Sempre più evidenti appaiono i segni di quel “cambiamento d’epoca” che Papa Francesco ha evidenziato nel suo magistero e con i suoi continui interventi. La Verità della storia umana e di quella che potremmo definire “umana avventura” si sta palesando nella sua radicalità, che, in sostanza, consiste nel decidere se si vuole un mondo più umano, in cui viga davvero il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano, chiamato ad essere signore e dominatore della natura, o se tali diritti resteranno solo appannaggio di chi è furbo o potente, mentre saranno ridotti a sogno per il resto di una umanità disprezzata e schiava dei padroni del momento.
Il vero problema della nostra cultura (e la politica non può prescindere dal riconoscere di non essere un semplice tecnicismo, perché anch’essa è espressione di certi valori culturali) è la difficoltà e l’imbarazzo a riconoscere se ci sia o meno una Verità “vera” sull’uomo e sul suo destino. La questione ripropone con forza il problema espresso dalla cosiddetta “sinistra hegeliana” nei primi decenni del XIX secolo, ed è ben evidenziato da Ludwig Feuerbach, sostenitore di un “umanesimo naturalistico” al quale è sottesa la grande domanda: è Dio che ha creato l’uomo, o è l’uomo che ha creato Dio?
La questione è decisiva, perché, se vale la prima ipotesi, la questione religiosa è ineludibile; se, invece, è vera la seconda – come ritiene Feuerbach – sulla religione si può scherzare. Marx, un economista che ha un’importanza decisiva sulla cultura degli ultimi due secoli, ha alla radice del suo pensiero una filosofia materialistica, frutto inevitabile di un pensiero che ha dimenticato il valore anche teoretico della filosofia cristiana da Agostino a Tommaso D’Aquino e dell’intera “Scolastica”. Tale posizione lo porta a ritenere la religione “oppio dei popoli”, cioè uno strumento di oppressione e di asservimento; è esattamente il contrario dell’esperienza proposta dalla Chiesa cattolica, alla quale appartengo con serena letizia e con razionale convinzione, proprio per l’esperienza tanto opportunamente ribadita da Benedetto XVI nella sua prima enciclica, quando afferma che “la fede purifica la ragione”. Questa non è solo un’affermazione teorica, ma una possibile esperienza per ogni uomo che segua con serenità il “giogo dolce” di Cristo (Mt 11, 30),
La questione va chiarita. Lo aveva ben intuito il compianto cardinale Jean Louis Tauran, già presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, sostenendo che “Non si può capire il mondo di oggi senza prendere in considerazione le religioni”. Lo stesso concetto è alla base del “paradosso” di Ernst-Wolfgang Böckenförde, per il quale “Uno Stato liberale e democratico non può imporre valori etici per legge, perché cesserebbe di essere democratico; ma se certi valori non vengono riconosciuti e rispettati, la democrazia finisce ugualmente”. Si tratta di un’affermazione che smantella radicalmente la pretesa del primato dello Stato sulla persona e sulla società, perché riconosce che lo Stato liberale, pur nella sua giusta “laicità”, si fonda su presupposti valoriali che esso stesso non può garantire, perché lo “precedono”. Essi scaturiscono infatti dal riconoscimento del primato della persona umana e – per dirlo con l’articolo 2 della nostra Costituzione – delle “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” sullo Stato stesso.
La “questione” che propongo è di grande spessore e dovrebbe condizionare inevitabilmente le scelte che ognuno di noi farà nel segreto della cabina elettorale. Qual è dunque il rischio più grande per uno Stato liberale e democratico? C’è una risposta sola: il relativismo etico. Per questo sono profondamente convinto che il primo grande problema di una democrazia vera sia quello educativo. Se lo Stato pretende il monopolio dell’educazione – “privilegio” che si arrogano tutte le dittature, di destra o di sinistra che siano – e rifiuta nei fatti la libertà di educazione, finisce la democrazia. Lo riconosce bene anche un altro grande tedesco, Jürgen Habermas, che, proprio riflettendo sul paradosso di Böckenförde, osserva che il consolidarsi del relativismo etico trasformerebbe i cittadini di società liberali prospere e pacifiche in “monadi isolate” che agiscono per il proprio interesse, puntando reciprocamente l’una contro l’altra “le armi dei loro diritti soggettivi”.
Occorre dunque trovare un’intesa per salvare la democrazia, riconoscendo il valore “razionale” di certi fatti che sono “naturalmente” veri. Faccio un esempio: mettere in discussione che un bambino abbia il diritto di essere generato in un rapporto d’amore tra un uomo e una donna non può essere giusto, perché, se lo si mette in dubbio, diventa un’affermazione “dogmatica”, cioè di fede. Ma questo vale sia per chi afferma quanto ho ora esemplificato, sia per chi lo nega, sostenendo invece il “diritto” a farsi i figli in provetta e mettendoli in un utero “in affitto”. Diventano egualmente dogmatiche entrambe le affermazioni: nello scontro prevarrà il più “forte”, che non è necessariamente il più intelligente e il più buono, ma quello, per esempio, che può meglio manipolare i media, magari finanziato da qualche casa parafarmaceutica. Ma la natura, cosa suggerisce al riguardo? Basta vedere come sei nato tu e lo capisci! In caso contrario la società pacifica diventa una giungla e occorrerà sguainare le spade, come aveva previsto un secolo fa Gilbert K. Chesterton: “Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.
In Olanda è già “legale” il “Partito pedofilo” (censurato, ma non vietato dagli organismi europei); la distruzione della Ragione è dunque iniziata. Tutto sarà ridotto a “dogma”: nella nostra “società liquida” (forse già “aeriforme”) occorre che i politici twittino di meno e ragionino di più. E creino le condizioni perché si affermi una Verità vera e non ideologica.
La posta in gioco è molto alta: vincerà la Verità o l’Ideologia? Cioè: vincerà la verità della “natura”, o la verità ideologica creata dall’uomo? Il problema è ancor più alla radice: è Dio che ha creato l’uomo, oppure è l’uomo che ha creato Dio?
Ecco il vero nodo da sciogliere. All’inizio, quando c’è stato il Big Bang, non c’era nessuno di noi che potesse vedere come sono andate le cose… Appare dunque assai ragionevole (e assolutamente razionale e scientifica) la proposta del cristianissimo Blaise Pascal: io scommetto con lui, che è Dio ad aver creato l’uomo e il mondo e non il contrario. E tu, cosa scommetti?
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