Il fenomeno della Trap è molto più esteso e complesso di quello che la gente crede. Gli interpreti di questo genere sono tantissimi, occupano i primi posti di ogni classifica e la competenza musicale è di altissimo livello e non dico un’eresia se affermo che era dai tempi della dance anni 90 che l’Italia non vedeva un periodo di fioritura artistica di questa portata.
La questione investe tutta Italia e ogni città esprime i suoi artisti: da Milano (Ghali, Sfera, Lazza, Vegas Jones) alla Liguria (Tedua, Mike Highsnob, Samuel Heron) senza dimenticare Bologna (Drefgold) e infine passando per la Capitale (Dark Polo Gang, Tha Supreme, Side, Skioffi, Nayt) il tutto condito dai produttori Charlie Charles e Sick Lucke (figlio di Duke Montana vecchia gloria del rap made in Roma).
È vero, i temi trattati nei testi ad un ascolto superficiale possono sembrare terribili: droga, sesso, alcol, il tutto corredato da un linguaggio crudo e video pieni di macchine, gioielli e ragazze seminude. Ma se si scavasse un attimo più in profondità e si uscisse dal pregiudizio che fa puntare il dito, si potrebbe scoprire che quello che cantano questi ragazzi non è altro che il mondo in cui vivono i figli di questa generazione. Tra le righe dei testi si può scovare una richiesta d’aiuto enorme, una ricerca di una mano tesa, che spesso non trova risposta in famiglie troppo occupate a ripugnare la Trap.
Un tema ricorrente è l’amore viscerale dell’artista per la Madre, unica luce in una vita dura che sembra priva di senso e trova nella fama e nei soldi l’unica scappatoia: “Salvo il mondo con l’amore che mamma mi dà Le sue lacrime è la mia eredità.” [Nayt, Real Talk]. O ancora: “Tu aspetta sotto casa / Se non piaci a mamma, tu non piaci a me (…) ” [Ghali, Cara Italia] “E me ne andrò su un jet, lontano da casa/ Ma almeno sono riuscito a far ridere mamma / In mezzo a qualche ragazza che non mi conosce/ Che non mi ama quanto ama il mio conto in banca” [Sfera, Ricchi per sempre]
Accanto a questo si trova l’odio e la disperazione per la mancanza di un Papà che spesso e volentieri ha abbandonato la famiglia o che è scomparso prima del tempo. Lo grida dal palco dell’Ariston il vincitore di Sanremo “Lasci la città ma nessuno lo sa, Ieri eri qua ora dove sei, papà” [Mahmood, Soldi]. Lo ribadisce Skioffi nella sua Hallelujah: “Dimmi cosa rimane / La forza per asciugare le lacrime di mia madre che ancora non ha la forza per l’assenza di un padre / eppure c’ho ancora il flow per mandarti a cagare”. Storie drammatiche di padri traditori o in carcere come canta Ghali in Ninna Nanna: “Figlio di una bidella /Con papà in una cella / Non è per soldi, giuro, wallah”.
In questa desolazione, in questo vuoto che tanti di noi hanno provato l’unica via sembra essere quella dell’auto affermazione, quella del successo a tutti i costi che si sostanzia nei soldi, nelle macchine e nei vestiti: “Sono fuori la notte / Rime fra chiavi mi aprono porte / Tipe tranquille diventano porche /Porsche Panamera, La vera natura di un uomo /È riempire di soldi ste borse /Ho anelli e collane /Pago l’affitto per me e per mia madre.” [Bimbi, Charlie Charles] “Quando poi è morto il pa’ ho detto: Sono un uomo / Anche se non mi son riuscito a tenere un lavoro. [Sfera, Ricchi per Sempre].
E dopo aver visto il dolore di una madre che resta sola come può un figlio promettere ad una donna che le starà accanto tutta la vita? Hanno provato sulla propria pelle il disastro di una famiglia in pezzi per una promessa d’amore rotta e l’unica risposta che si danno i cantanti (e tutti i ragazzi) è che forse vivere tutto superficialmente, fermarsi all’atto fisico dell’amore è meno dannoso di quello che hanno lasciato loro i padri.
La donna e l’amore diventano strumenti usa e getta: “Mamma guarda, senza mani, sono una rockstar / Mamma sai che a parte te non amo nessun’altra / Non esco più di tre volte con una ragazza” [Sfera Ebbasta, Rockstar] “La tua tipa è una cagna, vuole un guinzaglio e un padrone (…) Troia sta lontano dai miei sogni” [Dark Polo Gang, Cavallini]
È vero, cantano della donna come mero oggetto, è vero cantano della droga come di una dolce compagna, è vero tutto quello che si è scritto e detto, ma l’unica cosa che non si è colta è il vuoto desolante in cui si sentono abbandonati i ragazzi che, senza una figura di riferimento con la quale confrontarsi e scontrarsi, devono anestetizzare il tutto nella droga e nelle facili relazioni. Se ci pensate quanto è più facile non pensare al vuoto piuttosto che entrarci dentro ed affrontarlo. La soluzione NON è dunque censurare l’artista, lui sta solo cantando del suo tempo. La soluzione è dare agli adolescenti che ascoltano tutto questo una chiave di lettura per non credere che quello che viene cantato sia l’unica speranza per la loro vita.
Non tutti quelli che hanno ascoltato gli Iron Maiden sono diventati satanisti come non tutti quelli che hanno ascoltato Vasco hanno cominciato a tirare di cocaina e infine non tutti quelli che ascoltano la Trap sono dei tossici.
Invece di scandalizzarsi, per una volta potrebbe vincere la voglia di ascoltare con i figli una canzone, di chiedere e capire con loro che emozioni muovono dentro di loro queste canzoni. Basterebbe lo sforzo di cercare nelle parole dei testi ciò che muove questi ragazzi a scrivere e ad ascoltare questa nuova musica.
Magari la Trap continuerà a non piacere, non è per tutti me ne rendo conto, ma almeno ci sarà stato il tentativo di guardare, di entrare in questo “mondo nuovo” che cerca un incontro con il mondo degli “adulti” con cui è sempre in conflitto.