La battuta più ricorrente che circola sulla notizia di dotare Roma di un termovalorizzatore di nuova generazione è che i cinghiali capitolini si sono mobilitati per raccogliere firme contro la sua costruzione. Al di là del folclore immortalato di media internazionali di una capitale intasata da cumuli di rifiuti che esporta ecoballe SPQR negli impianti di smaltimento del Nord Italia e di mezza Europa, il piano complessivo di impiantistica presentato dal Sindaco prevede biodigestori anaerobici e isole ecologiche oltre al controverso inceneritore con recupero di energia. Rompendo un tabù trentennale della combustione controllata di rifiuti e smontando il mito “zero rifiuti”, Roberto Gualtieri, con un piano realistico e adeguato di smaltimento, ha deciso di allineare Roma al resto delle capitali europee.
Secondo un sondaggio della società di ricerche Izi, l’84% dei romani vuole l’impianto. Secondo una nuova indagine dell’Osservatorio Permanente della Camera di Commercio di Roma, il 75% delle imprese sul territorio ritiene un termovalorizzatore di ultima generazione un passo avanti necessario per chiudere il ciclo dei rifiuti. Anche il fronte degli ambientalisti è meno compatto. C’è un’apertura del Presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci. Non è contrario Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente e Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile. Favorevole all’impianto anche la sezione romana di Italia Nostra. I contrari invece si concentrano nell’elettorato grillino. Al punto che Giuseppe Conte ha deciso di farne la linea del Piave del Movimento minacciando una crisi di Governo con l’assist dell’ex Sindaca di Roma e dei consiglieri pentastellati intenzionati a bloccare il progetto. Tale la perdita di comprensione della realtà e di buon senso che Virginia Raggi, durante la sua visita pugliese all’impianto sperimentale (non funzionante) di trattamento di rifiuti speciali a Gioia del Colle, indica la Puglia come modello contro l’inceneritore pensato dal suo successore al Campidoglio. Peccato che la Puglia di termovalorizzatori ne abbia due, i quali peraltro si prendono anche i rifiuti del Lazio.
A convincere della necessità di realizzare entro il 2025 un termovalorizzatore in aggiunta a quello di San Vittore (nel programma elettorale del Pd sembrava che fosse sufficiente potenziare quello in provincia di Frosinone) sono alcuni dati sulla non chiusura del ciclo dei rifiuti e la dipendenza di Roma da terzi. Nel 2021 la città ha prodotto 1,607 milioni di rifiuti (volume destinato a crescere con la ripresa dei flussi turistici). Secondo i dati riportati nel dossier Waste Roma Capitale, il 46% (tra cui organico, carta, cartone, vetro) è stato differenziato ma solo per il 4% in impianti AMA (municipalizzata per i servizi ambientali), mentre il 54% è risultato indifferenziato con il trasferimento in discarica di 450mila tonnellate per tutto l’anno scorso. Si tratta del 30% del totale dei rifiuti capitolini contro una media nazionale del 20%. Valore ancora doppio rispetto agli obiettivi europei che fissano al 10% il limite dei rifiuti da conferire in discarica.
Considerando pragmaticamente la composizione dei rifiuti che produciamo, c’è una quota tra il 30% e il 50% che non si presta a essere riciclata, si riesce tutt’al più a ricavarne materiali inerti da aggiungere al fondo stradale o nel cemento. Scartata la discarica, questa sì ultima risorsa incompatibile con l’uso sostenibile del suolo e il contenimento dei gas serra, resta il recupero energetico realizzato nei termovalorizzatori destinati a bruciare tutto il residuo. L’alternativa non è tra incenerimento e raccolta differenziata, bensì tra incenerimento e discarica. A dimostrazione i dati Eurostat, ufficio statistico dell’Unione europea, relativi al 2018, che riporta per la Danimarca: 1% in discarica, 50% riciclati e compostati, 49% inceneriti; Germania: 1% in discarica, 68% riciclati e compostati, 31% inceneriti; Austria: 2% in discarica, 59% riciclati e compostati, 39% inceneriti; Olanda: 1% in discarica, 57% riciclati e compostati, 42% inceneriti; Svezia: 1% in discarica, 46% riciclati e compostati, 53% inceneriti.
Motivare il rifiuto di un inceneritore per Roma sostenendo che ogni kg di rifiuti bruciato è un kg in meno di rifiuti riciclati viene smentito dalla legge dei rendimenti decrescenti. È controintuitivo, eppure spingendo la raccolta differenziata oltre il 70-80%, persino il 90% (la Lombardia raggiunge il 73%), gli scarti crescono in modo più che proporzionale della frazione raccolta perché si accresce l’eterogeneità del materiale da recuperare. Bisognerebbe separare a monte con numerose raccolte differenziate molto selettive. E ciononostante, oltre alla difficoltà di implementazione a monte, ci si scontra con la barriera tecnologica di recupero di materiali speciali, dei poliacoppiati. Magari in futuro l’ostacolo verrà superato, ma nel frattempo per evitare di finire in discarica, meglio il recupero di materia e in seconda istanza il recupero di energia. Anche ai fini della sicurezza energetica e dell’indipendenza dalle forniture russe.
Secondo i calcoli di Utilitalia, associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali, dal recupero energetico dei rifiuti si otterrebbe un risparmio nelle importazioni di gas dalla Russia di quasi il 5%.
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