CALDEROLI ANNUNCIA LO SCIOPERO DELLA FAME PER IL REFERENDUM
«Abbiamo deciso di rompere il muro di silenzio sui referendum con una sciopero della fame che scatterà a mezzanotte. Io mi nutrirò solo con tre caffè e andrò avanti fino al 12 giugno a meno che quel muro non crolli prima»: questo è l’annuncio fatto dal senatore Roberto Calderoli (Lega) e della tesoriera del Partito Radicale, Irene Testa. In una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, i due esponenti tra i proponenti del Referendum popolari sulla Giustizia, al voto il prossimo 12 giugno 2022.
Dopo aver contestato nei giorni scorsi il “muro del silenzio” sul voto dei 5 quesiti referendari – Abrogazione decreto Severino; riforma Csm; valutazione dei magistrati; separazione delle carriere; misure cautelari – il vicepresidente del Senato Calderoli ha preso parola in conferenza stampa dalla sede del Partito Radicale in quella che ha ricordato nel passato una delle tante iniziative di Marco Pannella. «Faccio lo sciopero della fame perché è sceso il muro del silenzio sul referendum sulla giustizia. Due terzi degli italiani non sa nemmeno che si vota il 12 giugno, figuriamoci se conoscono i quesiti», spiega il leghista, contestando il monologo di domenica scorsa a “Che Tempo Che Fa” di Luciana Littizzetto contro i referendum, ma riconoscendo che almeno se ne è parlato, «Nei talk show il referendum c’è o c’è parlarne male senza contraddittorio. L’apoteosi c’è stata con il monologo della Littizzetto. Io però la devo ringraziare, anche se ha sbertucciato i referendum, perché ne ha parlato in prima serata».
“REFERENDUM GIUSTIZIA, BAVAGLIO SUL VOTO”: LA PROTESTA DI CALDEROLI
Tra i motivi che hanno portato Calderoli a prendere la strada estrema dello sciopero della fame, vi è il mancato dibattito generale pubblico sul Referendum della Giustizia, ma non solo: «Tra le tante emergenze, nazionali ed internazionali, non vorremmo che emergesse anche una sorta di emergenza democratica latente – ha detto il vicepresidente del Senato – laddove le condizioni minime per l’esercizio di un così importante diritto costituzionale, come il referendum, venissero svilite o finanche pregiudicate».
Per Calderoli, le condizioni generali attuali avrebbero richiesto una scelta ponderata meglio anche dallo stesso Governo, «circa la fissazione della data e delle modalità della stessa consultazione, circoscritta ad una sola giornata, nella domenica immediatamente susseguente alla chiusura estiva delle scuole. Questo rende ancor più paradossale il silenzio informativo cui assistiamo». Roberto Calderoli lancia poi due stoccate non da poco, prima alla Ministra della Giustizia e poi addirittura alla Corte Costituzionale: in primo luogo, «La riforma Cartabia di riforma ha ben poco. Noi abbiamo scelto la via referendaria. Abbiamo raccolto 4 milioni e 380 mila firme e depositato in Cassazione le delibere di 9 regioni». In secondo luogo poi, l’attacco alla Consulta dal momento che «Spiace constatare come abbia bocciato il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati. Era quello su cui si erano raccolte più firme. E spiace anche che non siano passati i referendum su eutanasia e cannabis». Secondo il senatore Calderoli, fossero passati anche quei 3 quesiti sugli 8 totali, «Ci saremmo espressi in maniera diversa se si fosse arrivati al voto, ma quando più di un milione di cittadini propone un referendum io credo che sia giusto che ad esprimersi sia il popolo. Casualmente, forse sarò malizioso io, i tre quesiti che avrebbero determinato un’alta affluenza al voto sono stati dichiarati inammissibili. Forse è solo un indizio, ma in questo percorso ne ho trovati altri» . Tra gli “indizi” il “pannelliano” Calderoli ne identifica ben 3: «La riforma della giustizia – ha proseguito il vice presidente vicario del Senato in conferenza stampa con i Radicali – che da due anni giaceva nella palude parlamentare prende improvvisamente il turbo e in due mesi viene approvata alla Camera, e ancora peggio qualcuno aveva sollecitato la sua approvazione finale entro la fine di maggio, cosa che avrebbe determinato il venir meno di tre quesiti referendari. E siamo a due indizi». Il terzo riguarda la scelta dell’Election Day il 12 giugno: «Ringrazio il Governo di aver accolto la nostra richiesta dell’election day. Peccato che i Comuni al voto sono uno su otto. Peccato che quella giornata sia il primo fine settimana di scuole chiuse e con il venir meno delle limitazioni Covid. Avevamo per questo chiesto di poter votare fino al lunedì alle 15. Ci è stata negata anche questa possibilità. Se metto insieme tutti questi indizi a me la cosa puzza».