Giacomo Trimarco si è tolto la vita a 21 anni all’interno del carcere di San Vittore. Una tragedia commentata in questi termini da Maurizio e Stefania, genitori del ragazzo, sulle colonne del “Corriere della Sera”: “A certi ragazzi è come se mancasse la pelle. L’ipersensibilità non consente loro di gestire le emozioni e finiscono per farsi molto male, se non sono curati. Si chiama disturbo borderline di personalità a basso funzionamento ed è incompatibile con la detenzione. Nessuno ora si può stupire di quello che è accaduto a nostro figlio”.
La madre e il padre di Giacomo Trimarco hanno raccontato di avere combattuto a lungo “contro” servizi di salute mentale che “fanno acqua da tutte le parti“, fuori e dentro al carcere. “Ci impegneremo perché non capiti a nessun altro, mai più”, hanno giurato. Il loro ragazzo si è suicidato con il gas dentro una cella del settimo reparto martedì a mezzanotte “e noi lo abbiamo saputo solo mercoledì mattina, quando qualcuno ha avuto il pensiero di avvertirci”. Ma come ci era finito dietro le sbarre, Giacomo?
GIACOMO TRIMARCO, I GENITORI: “SE PUÒ SERVIRE AD ALTRI RAGAZZI, ADIREMO LE VIE LEGALI”
Giacomo Trimarco era stato arrestato ad agosto per il furto di un telefonino e rinchiuso, appunto, a San Vittore. Nel mese di ottobre, però, perizie psichiatriche alla mano, giunse la disposizione di trasferirlo in una Rems (residenze subentrate nel 2014 alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari). Il problema, spiega il “Corriere della Sera”, è che “il 31 maggio, a distanza di otto mesi e dopo altri tentativi di farla finita, Giacomo era ancora lì”.
I genitori di Giacomo Trimarco dicono che il loro figlio si trovava “illegalmente dentro, mentre doveva essere in una struttura di cura. Se può servire ad altri ragazzi, adiremo le vie legali. Se i servizi di salute mentale facessero il loro dovere, questi ragazzi al carcere non arriverebbero neanche. Non sono criminali. Per le loro condizioni psichiche non sarebbero neanche in grado di progettare reati. Mancano le comunità terapeutiche per adolescenti, gli psichiatri e psicologi in carcere sono pochi, i giudici non hanno per legge il potere di ordinare l’ingresso nelle Rems che sono sottodimensionate rispetto al bisogno”.