Il fronte europeo non è così unito come Ursula von der Leyen vuol far credere e l’unico problema all’interno dell’Ue non è rappresentato dall’Ungheria per i “ricatti” di Viktor Orban. C’è anche il caso Polonia che rischia di spaccare l’Europa. Renew Europe minaccia, infatti, di presentare una mozione di sfiducia alla Commissione Ue, nel caso in cui dovesse accettare di erogare fondi alla Polonia. Il rischio è di un terremoto politico all’orizzonte, perché parliamo del terzo gruppo per numero di parlamentari, di cui fa parte, ad esempio, il partito di Emmanuel Macron. Il caos è scoppiato dopo che la Commissione europea mercoledì scorso ha approvato il Pnrr polacco, precisando però che i soldi non arriveranno a Varsavia fino a quando non saranno completate le riforme del sistema giudiziario. L’accordo prevede che la Polonia riceva 23,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 11,5 miliardi di euro in prestiti a basso costo per diversi anni. Soldi che, appunto, verranno sbloccati con le riforme richieste. Ed è proprio questo il nodo.
Anche se il Parlamento polacco recentemente ha votato a favore di un disegno di legge che sostituisce la camera disciplinare dei giudizi con un nuovo organismo, molti esperti di organizzazioni non governative ritengono che le modifiche, che non sono ancora effettive, non rispondono sufficientemente alle richieste europee. Ad esempio, la Polonia deve cominciare a reintegrare i giudici licenziati dalla camera disciplinare. La disputa tra il governo polacco, guidato dal partito conservatore di destra Diritto e Giustizia (PiS) e Bruxelles riguarda principalmente i diritti Lgbt, la libertà di informazione e la riforma del sistema giudiziario polacco. Quest’ultimo, secondo esperti di diritto, ha registrato una riduzione della propria autonomia dopo nomine ad hoc del governo che avrebbero compromesso l’indipendenza dei tribunali e della magistratura. Bruxelles aveva chiesto sostanzialmente di conformarsi al diritto europeo. Ne è nato così uno scontro sulla supremazia del diritto comunitario su quelli nazionali, non riconosciuta dalla Polonia.
RENEW EUROPE INSORGE CONTRO URSULA VON DER LEYEN
La notizia dell’accordo tra la Commissione Ue e la Polonia sulle misure che consentirebbero di sbloccare il Pnrr da 36 miliardi di euro, nonostante le precisazioni arrivate da Bruxelles, preoccupa gli altri Stati membri. In particolare il gruppo Renew Europe, che evidenzia la «costante violazione dello Stato di diritto» da parte del governo di Varsavia. «Renew Europe, insieme a una serie di esperti, dubita seriamente che le misure concordate siano sufficienti a garantire che la Polonia sia conforme agli standard dell’UE e alle sentenze della Corte di giustizia europea». Il gruppo ha chiesto con urgenza spiegazioni dettagliate alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: «Dovrebbe presentarsi al Parlamento europeo nella sessione plenaria della prossima settimana e chiarire tutti i dettagli dell’accordo e le condizioni precise per l’erogazione dei fondi UE». Nel frattempo, lancia un avvertimento: «Non dovremmo accettare solo piccole e inadeguate modifiche cosmetiche al sistema giuridico polacco, gravemente politicizzato, in cambio dei fondi UE. Non potremo opporci agli autocrati all’estero placando coloro che disfano la democrazia in patria. Difenderemo i diritti dei cittadini polacchi dell’UE che vogliono libertà e diritti democratici».
“PRONTI A MOZIONE DI SFIDUCIA”
Sophie in ‘t Veld, coordinatrice di LIBE (commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni), attacca duramente Ursula von der Leyen, rinfacciandole di aver dichiarato di non accettare alcun compromesso sullo Stato di diritto. «Esattamente un compromesso di questo tipo è ora in cantiere con la Polonia; un accordo politico a breve termine con danni irreparabili e duraturi per l’UE come comunità di diritto. La Presidente sta sprecando la credibilità della sua Commissione come custode dei trattati e dell’ordinamento giuridico dell’UE. Di questo dovrebbe essere chiamata a rispondere». Durissimo anche l’intervento della polacca Róża Thun und Hohenstein, membro di LIBE: «Abbiamo lottato contro l’oppressione comunista perché volevamo vivere in un Paese democratico che rispettasse lo Stato di diritto. Abbiamo intrapreso tutti gli sforzi per aderire all’UE perché credevamo che fosse una garanzia di pace e dei nostri valori comuni. Confidavamo che, in caso di pericolo di deviazione dalla tripartizione dei poteri, i custodi dei trattati avrebbero protetto tribunali liberi e indipendenti ovunque nell’UE. Se questa non dovesse più essere la priorità, l’unica, meravigliosa costruzione, cioè l’Unione Europea, inizierebbe a marcire. E questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno noi e coloro che verranno dopo di noi».
Infatti, nelle ultime ore i liberali europei hanno cominciato a preparare la sfiducia. «Il partito dell’Alde ha appena accettato di chiedere al nostro gruppo parlamentare Renew di promuovere una mozione di censura della Commissione europea se erogherà denaro alla Polonia nell’ambito del Recovery fund senza che le condizioni della Corte di giustizia Ue siano soddisfatte», ha annunciato Luis Garicano, vicepresidente di Renew Europe, al congresso del partito a Dublino.