I primi sei giorni di giugno fanno segnare un sensibile incremento dei migranti sbarcati sulle nostre coste: 1.236 arrivi quest’anno contro i 136 del 2021. Ma anche i dati relativi ai primi sei mesi dell’anno dicono che gli arrivi sono in aumento. “L’anno scorso a destare le maggiori preoccupazioni era la rotta che investe la Grecia. Quest’anno invece la rotta del Mediterraneo centrale è tornata a essere la più frequentata” spiega al Sussidiario Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver.
Tuttavia questi numeri, secondo Indelicato, non vanno messi in correlazione con la crisi del grano causata dalla guerra in Ucraina, perché gli aumenti dei prezzi – o la mancanza di cereali – non hanno ancora destabilizzato gli Stati nordafricani in modo da creare effetti sulle partenze.
Naturalmente questo non esclude sviluppi drammatici. In ogni caso, per il governo Draghi l’interlocuzione con Mosca e Ankara sarebbe più risolutiva di quella con Bruxelles.
È allarme sbarchi. Cosa dicono i numeri?
Dicono che gli sbarchi stanno aumentando e da questo punto di vista non ci sono dubbi, in quanto i dati sono insindacabili. Si tratta del tipico aumento nel trend degli arrivi che riguarda la stagione primaverile: quando le condizioni meteo migliorano, il Mediterraneo assiste alla partenza dalle coste nordafricane e anatoliche di migliaia di migranti.
Cosa sta succedendo nel Mediterraneo centrale?
La rotta del Mediterraneo centrale, quella cioè che riguarda l’Italia, è tornata a essere la più frequentata. È anche quella che ha subito l’incremento più importante rispetto allo stesso periodo del 2021.
Come si spiega il 30% di arrivi in più rispetto allo stesso periodo (1 gennaio-31 maggio) del 2021?
L’incremento è in linea con i trend registrati negli ultimi anni. Dal 2019 in poi in Italia il numero degli sbarchi è gradualmente aumentato, registrando costanti incrementi sia sua base mensile che annuale. C’è però una particolarità quest’anno.
Quale?
Nel primo trimestre del 2022 per la prima volta si era assistito a un decremento degli sbarchi rispetto allo stesso periodo del 2021. Frontex, nel suo monitoraggio di marzo, vedeva nella rotta del Mediterraneo centrale l’unica che registrava dati minori rispetto all’anno precedente. Poi invece, da aprile in poi, un boom che ha portato l’Italia e il Mediterraneo centrale in cima alle classifiche degli sbarchi.
Come va interpretata l’impennata degli ultimi giorni?
Sono per l’appunto il segno che la rotta riguardante l’Italia sta vivendo una fase di importante incremento di partenze, soprattutto dalla Tunisia e dalla Libia. Qui gli scafisti nell’ultimo mese hanno messo in mare migliaia di barchini e stanno accelerando con il loro business.
La crisi del grano ucraino porterà ad un aumento delle partenze nel Mediterraneo?
La crisi del grano è un elemento potenzialmente importante e destabilizzante anche per il fenomeno migratorio, ma al momento non è possibile mettere in collegamento l’aumento degli sbarchi con la crisi del grano.
Perché?
Per due ragioni. In primo luogo perché i numeri non lo dimostrano: c’è sì un incremento di egiziani e tunisini che sbarcano in Italia, ma non in maniera eccessiva e non in modo così lontano rispetto allo stesso periodo del 2021. In secondo luogo, perché gli allarmi su una crisi migratoria legata alla crisi del grano potranno essere veritieri solo se si dovessero verificare determinate condizioni.
Ad esempio?
Se la penuria di cibo dovesse destabilizzare gli Stati coinvolti che, a loro volta, poi non sarebbero in grado di controllare i flussi migratori. L’aumento del prezzo del grano e l’impossibilità per molte famiglie in Nordafrica di comprare il pane sono fattori molto gravi, ma che da soli non determinano un automatico aumento degli sbarchi.
Vuol dire che le conseguenze di una possibile crisi alimentare sull’immigrazione potrebbero verificarsi nel lungo periodo?
Esatto. Oggi l’incremento degli sbarchi è più figlio dei trend degli ultimi anni. Inoltre, a giudicare dall’aumento importante del numero di cittadini afghani arrivati in Italia, è possibile ritenere che il nostro Paese sta oggi subendo l’onda lunga della crisi innescata dall’arrivo dei talebani a Kabul nell’agosto dell’anno scorso.
Molti Paesi africani sono davanti a un dilemma: acquistare il grano ucraino rubato dai russi oppure rifiutarlo, come vorrebbero gli Usa. Che ne pensi?
Siamo nel vivo della guerra del grano. Tutti i principali attori internazionali impegnati, direttamente o indirettamente, nella guerra in Ucraina stanno cercando di usare il grano come arma per difendere le proprie posizioni. Gli Usa per mettere in ulteriore cattiva luce la Russia e, dal canto suo, la Russia per dimostrare che senza accordi con essa è impossibile scongiurare una crisi.
E se i Paesi nordafricani saranno ridotti alla fame?
Faranno in qualche modo arrivare ugualmente qualsiasi rifornimento. A prescindere dalla provenienza del cargo.
Torniamo all’incremento degli sbarchi sulle nostre coste. C’è un periodo paragonabile? Forse gli anni 2016-17?
Al momento per fortuna i numeri sono ben lontani da quel drammatico biennio. Basti pensare che lì in un solo mese d’estate potevano sbarcare in Italia anche 25mila migranti. Anche se i trend dal 2019 sono in aumento, i numeri di cinque anni fa sono al momento inarrivabili. Ma questo non deve farci riposare sugli allori.
Che cosa intendi?
Usciamo da una pandemia, abbiamo un’economia in crisi e reggere anche il 10% della pressione retta allora potrebbe avere importanti conseguenze per l’Italia.
Il ministro Lamorgese sta lavorando ad un decreto flussi. Cosa dobbiamo aspettarci?
In primo luogo, un’ampia e difficile opera di mediazione da parte dello stesso ministro e dei principali attori della maggioranza. Le divergenze tra i vari partiti sul tema immigrazione sono molto ampie.
Il decreto potrebbe prevedere uno snellimento delle procedure per sopperire alla mancanza di personale in determinati impieghi. È la strada giusta?
Potrebbe portare a una gestione meno farraginosa dei principali nodi riguardanti l’immigrazione, quindi lo schema in questione in linea di principio dovrebbe apportare migliorie. Ma occorrerà vedere poi cosa nella pratica verrà presentato dal governo.
Chiusura dei porti oppure accoglienza contingentata e redistribuzione europea: cosa ritieni che farà il governo?
Sia il governo Conte 2 che il governo Draghi hanno sempre puntato sulla redistribuzione europea. Al momento non ha funzionato e da Bruxelles non sono arrivate molte risposte, ma credo che la linea continuerà a essere quella.
La soluzione alla crisi passa per Russia e Turchia?
Anche. Perché loro sono molto presenti in Libia ed è dalla Libia che partono la maggior parte dei barchini diretti in Italia. Alla fine, sia che si tratti di gas, di grano o di emergenze migratorie, Roma non può fare a meno di contatti con Mosca e Ankara. Non proprio un dato positivo o esaltante per il nostro Paese.
(Federico Ferraù)
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