Marina Ovsyannikova cacciata dalla Russia e non accolta neppure in Ucraina. La giornalista che ha sfidato la censura imposta da Putin, mostrando un cartello in diretta tv nel programma in cui lavorava, perdendo appunto il posto di lavoro e rischiando la prigione, ha dovuto lasciare il Paese per evitare di finire in carcere. L’Ucraina, Paese che ha difeso, ha bloccato il suo ingresso.
La donna, diventata ben presto simbolo l’opposizione russa al regime, lo scorso marzo aveva protestato in diretta tv nazionale mostrando un cartello con su scritto “No alla guerra”.
L’Ucraina, il Paese che ha difeso, ha scelto di non accoglierla perché “coinvolta nella propaganda russa che ha alimentato la guerra per anni”. Marina Ovsyannikova, dunque, non potrà entrare neppure in Ucraina nonostante sia stata cacciata dalla Russia proprio per aver difeso il Paese invaso. La giornalista del canale Channel 1 di Mosca, dopo la protesta aveva passando una notte in prigione e ricevuto una multa. La reporter era stata poi assunta dal quotidiano tedesco Die Welt e premiata in Norvegia, con il Vaclav Havel International Prize “per aver mostrato il proprio dissenso pubblicamente”. L’Ucraina, però, non la vuole.
La giornalista: “Le autorità ucraine non mi vogliono”
Ad annunciare il dissenso degli ucraini la stessa Marina Ovsyannikova con un tweet nel quale spiega: “Le autorità ucraine vogliono bloccare il mio ingresso nel Paese. Le autorità russe mi privano della cittadinanza.” La giornalista ha lavorato per anni a Channel One come produttrice. Il 1 giugno era in programma una conferenza stampa in Ucraina dal titolo “Marina Ovsyannikova spiega come funziona la propaganda russa”, ma l’evento è stato annullato. In Ucraina è infatti accusata di aver incrementato per anni la propaganda del Cremlino.
In un’intervista rilasciata al Daily Telegraph, la giornalista ha spiegato di non essersi pentita affatto del suo gesto e tornando indietro lo rifarebbe senza alcun dubbio: “Non lo stiamo facendo per noi, lo facciamo per il futuro della Russia perché non cada in un’oscurità medievale la guerra, è diventata un punto di non ritorno oltre al quale i problemi privati non significano nulla se paragonati a quelli del popolo ucraino”.