Centoventi miliardi di dollari in più. A tanto ammonta – secondo una fotografia scattata da Davidia Zucchelli, economista della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che ha analizzato 11 Paesi islamici – la crescita nel 2021 dei depositi bancari presso gli istituti di credito islamici, soprattutto in Arabia Saudita (+30%) e nei Paesi del Golfo.
A favorire questo aumento sono stati soprattutto due fattori: da un lato, la pandemia, che ha frenato le varie economie dirottando una parte delle disponibilità finanziarie proprio sul sistema bancario islamico; dall’altro, l’incremento del prezzo del petrolio, che ha ovviamente rimpinguato le risorse a disposizione di questi Paesi. Come vengono raccolti i depositi? In che modo vengono impiegati? Che ruolo gioca la finanza islamica in Europa e in Italia? Lo abbiamo chiesto a Rony Hamaui, docente all’Università Cattolica di Milano in Scienze bancarie, finanziarie e assicurative ed esperto di economia e finanza islamica.
Nel 2021 la finanza islamica ha visto crescere i propri depositi di 120 miliardi di dollari. Pandemia e greggio hanno fatto da propellente. È così?
Con la pandemia l’aumento dei depositi è diventato un fenomeno tipico e trasversale a tutte le economie mondiali e ha coinvolto sia le banche convenzionali occidentali che quelle islamiche. I motivi sono tanti, a partire dall’aumento dei tassi di risparmio delle famiglie, che hanno lasciato soprattutto sui depositi bancari ciò che non riuscivano o volevano spendere. Nella finanza islamica, ovviamente, un ruolo importante lo sta giocando l’incremento di prezzo del petrolio, ma questa spinta è arrivata soprattutto nella seconda parte dell’anno. E probabilmente assisteremo alla stessa dinamica anche in questo 2022.
La finanza islamica, dunque, dipende molto dal greggio?
Le dimensioni della finanza islamica dipendono da tanti fattori, ma da sempre l’aumento delle quotazioni del greggio provoca un miglioramento di tutti gli asset della finanza islamica, al cui interno le banche sono una componente maggioritaria e preponderante.
Nel mondo risultano operative 235 banche islamiche, di cui 9 nei 27 paesi della Ue, con un’ampia presenza nella City di Londra. Che ruolo svolgono in Europa?
Londra ha sempre giocato un ruolo preminente: sono anni che il governo inglese ha cercato di favorire la presenza di banche islamiche, proprio perché la City ci tiene al suo ruolo di centro finanziario globale e non poteva essere assente dal segmento delle banche islamiche. La maggior parte di queste banche serve da raccordo con la finanza dei paesi islamici. Solo un paio si rivolgono alla popolazione musulmana che vive in Europa, la grandissima parte opera nell’investment banking, perché in Europa non si è mai sviluppata una forte presenza di banche islamiche nel settore retail.
La finanza islamica si sta diffondendo anche in Italia?
Assolutamente no. Non ci sono banche islamiche, è rimasto tutto fermo.
Un’assenza legata alle nostre normative bancarie o ci sono altre ragioni?
Innanzitutto, ragioni politiche, nel senso che i musulmani in Italia non sono particolarmente ben visti e molti partiti non vedono di buon grado la presenza, in generale, di istituzioni islamiche. E poi la comunità islamica in Italia riveste ancora un ruolo marginale. Si è fatto qualche tentativo, ma in concreto non si è mai concluso nulla, anche perché legislatore e supervisore ci hanno messo del loro.
Come avviene la raccolta del risparmio? Dipende in misura rilevante dalle rimesse inviate dagli emigrati islamici in giro per il mondo?
Sì, le rimesse coprono una quota importante. Nella finanza islamica abbiamo due forme di depositi: una non remunerata in termini di tasso d’interesse e un’altra più strutturata in cui di fatto si remunera l’investitore, perché è come se investisse in un fondo comune, partecipando a una serie di attività di investimento.
Ma la sharia vieta di ottenere interessi sui prestiti…
Vero, ma la remunerazione in tal caso non avviene con un tasso fisso, bensì attraverso compartecipazioni ai progetti o ai profitti della banca oppure con una forma molto succedanea del tasso d’interesse, applicando un equalizzatore che li spalma nel tempo.
Secondo la finanza islamica il denaro non può essere accantonato, ma va fatto circolare per aiutare lo sviluppo e la crescita. Dove viene investito questo enorme flusso di risparmio?
Le banche della finanza islamica investono nei progetti, ma il discorso è molto complesso. Si utilizzano molti strumenti, alcuni molto vicini al profit & loss, che è molto sharia compliance, e alcuni che di fatto aggirano le leggi della finanza islamica, tanto che “finiscono” anche loro, con contratti denominati sale back, a prestare denaro o interessi. Alla fine, comunque, si muovono non in modo così differente da quel che fanno le nostre banche convenzionali.
Si dice che la finanza islamica sia molto attenta a sostenere le Pmi. Le risulta?
La risposta è nì.
Perché?
Bisogna sempre distinguere la forma dalla sostanza, perché l’islam è molto attento alla forma. Quindi, in termini di contatti giuridici è così, in termini di sostanza queste dichiarazioni di intenti poi vengono in vario modo aggirate.
C’è una quota di questa montagna di depositi bancari che potrebbe finire con il finanziare il terrorismo o il radicalismo islamico?
È una vecchia querelle. Casi del genere si sono verificati e ancora oggi all’interno della finanza islamica ci sono varie forme, soprattutto quando si finanziano alcune fondazioni poco trasparenti e molto legate al fondamentalismo islamico, che destano più di un sospetto sul fatto che una parte dei depositi possa finire nelle mani di organizzazioni radicali. Non a caso nei Paesi occidentali questi flussi sono attentamente monitorati. Va però anche ricordato che in questi anni, anche se non in tutti i Paesi, sono stati compiuti dei passi avanti e sono stati fissati diversi paletti.
Per esempio?
La compliance delle banche islamiche si sta sempre più adeguando alla compliance delle banche convenzionali, come per esempio sull’anti-riciclaggio, e nei paesi musulmani c’è anche il divieto all’uso delle criptovalute.
(Marco Biscella)
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