Sono finite con un pareggio le due votazioni avvenute ieri a Strasburgo in una delle battaglie più importanti della legislazione 2019-2024. Gli europarlamentari in seduta plenaria sono stati chiamati a esprimersi su 8 dei 14 testi legislativi che introducono modifiche più ambiziose nel pacchetto energia-clima che accompagna al 2030 gli Stati membri nella riduzione di 55% le emissioni rispetto ai valori del 1990. Questa è la prima tappa del percorso che deve portare al raggiungimento della neutralità carbonica entro metà secolo.
Bocciata la riforma del mercato di scambio delle emissioni, ETS, affossata dal mancato accordo tra le forze politiche sull’estensione del sistema anche ai settori del trasporto e delle costruzioni, nonché sull’ulteriore riduzione dei permessi annuali che le aziende possono comprare per aumentare la loro quota emissiva. Respinti in quanto interconnessi, anche il cosiddetto dazio sulla CO2 importata sui beni e servizi extra UE, Cbam, e il fondo sociale climatico di 72 miliardi di euro per le famiglie a basso reddito e piccole imprese per affrontare la transizione ecologica.
Viene invece approvato l’obbligo di vendere veicoli a zero emissioni entro il 2035. In sostanza, si tratta del bando dei motori a combustione interna nelle auto e nei furgoni seguendo un percorso che richiede alle case automobilistiche di ridurre le emissioni medie delle flotte del 15% nel giro di 3 anni rispetto al 2021, e del 55% nel 2030 e del 100% nel 2035. La decisione che segna la sorte del motore endotermico, tecnologia che in oltre un secolo ha progredito compiendo notevoli innovazioni anche in ambito di emissioni e costruito le fortune dell’industria automobilistica europea che occupa 6,5% della forza lavoro, è stata particolarmente dibattuta. Accolti gli emendamenti che posticipano al 2036 l’azzeramento delle emissioni per chi produce un numero di auto inferiore ai 10mila unità e 22mila unità per furgoni.
Prossima tappa dello stop al motore termico sarà l’esame da parte dei ministri dell’Ambiente dei 27 il cui Consiglio è previsto il 28 giugno.
L’industria automobilistica per quanto preparata all’esito del voto, invoca in nome della neutralità tecnologica un approccio alla decarbonizzazione della mobilità più realistico. La realtà si rivela diversa dai programmi sprint di neutralità carbonica delineati dai politici. Le vendite dei modelli elettrici e ibridi plug-in di auto e furgoni in Italia e Spagna sono inferiori al 10% per le autovetture e al 2% per i veicoli commerciali leggeri; mentre in Paesi come Svezia o Danimarca sono al di sopra del 30% per le auto e del 5% per i furgoni. In Italia, le auto elettriche pesano per meno del 3,5% del totale venduto. Da inizio anno, poi, si registra una flessione del 19% in corrispondenza con la curva discendente degli incentivi.
In soprammercato, meno immatricolazioni di auto con motore termico arrestano un flusso di introiti nelle casse dello Stato per mancati incassi di bollo e superbollo. Secondo i calcoli riportati dalla Staffetta Quotidiana, nel solo mese di maggio sono state immatricolate 58 Ferrari e 62 Lamborghini, equivalenti ad almeno 750mila euro di entrate pubbliche contando solo i prossimi 12 mesi e anche se non dovessero circolare affatto.
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