Luca Mercalli, climatologo, ha lanciato l’allarme: ci restano dieci anni per invertire la tendenza in relazione alla crisi climatica, altrimenti sarà troppo tardi per ogni (re)azione. L’esperto ha analizzato la situazione attuale del pianeta Terra sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano”, ricordando la lunga siccità invernale, che ha portato il Po in secca come mai prima d’ora si era visto in questo periodo dell’anno, e l’assenza di precipitazioni all’orizzonte, eccezion fatta per qualche sporadico temporale locale. Si va verso il razionamento dell’acqua potabile (già in corso in oltre cento Comuni) e verso inevitabili difficoltà nel settore agricolo, senza scordarsi del fatto che un forte aumento della richiesta elettrica per i condizionatori e quindi la gestione della rete di fornitura energetica sarà molto delicata al fine di evitare black-out.
“Per i climatologi e gli idrologi questi dati non stupiscono, in quanto previsti ed evidenziati nei rapporti tecnici ormai da un buon trentennio – ha scritto Luca Mercalli –. Una quantità di ricerca scientifica sostanzialmente ignorata, inutilizzata, sepolta nelle biblioteche dell’accademia e nei cassetti delle commissioni, che quando occasionalmente è riuscita a diventare oggetto di dibattito pubblico è subito stata bollata di catastrofismo, di inutile allarmismo […]. Eh sì, quando si parla di ambiente, c’è sempre qualcosa di più urgente nell’agenda politica”.
LUCA MERCALLI: “ASSUMERE UNA POSIZIONE D’EMERGENZA”
Nel prosieguo del suo articolo sul “Fatto”, Luca Mercalli ha sottolineato come sia venuto il tempo di rompere gli indugi senza… indugio: “È ora di assumere una posizione di emergenza e di terapia d’urto della patologia climatica. Manca meno di una decina d’anni per invertire il corso delle emissioni globali, che ci stanno portando verso un potenziale aumento a fine secolo di 4-5 gradi, con livello marino più alto di circa un metro: un pianeta ostile alle giovani generazioni, le uniche a tentare peraltro una sommessa protesta”.
L’Unione europea con il suo Green deal e il programma di riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 “a parole si dimostra consapevole della sfida, ma nei fatti sconta la vischiosità dei provvedimenti legislativi ostacolati dagli interessi organizzati e le contraddizioni interne per cui una mano dipinge di verde ciò che l’altra fabbrica di nero”. Insomma, “accanto a un clima inedito stiamo anche distruggendo la biodiversità planetaria e rischiamo di non essere più adatti al futuro e quindi spazzati via”.