Ieri Gazprom ha tagliato i flussi di gas verso Germania e Italia; il prezzo del gas europeo è salito ai massimi da marzo a livelli sei volte superiori a quelli di inizio 2021. Dopo una decisione di questo tipo ci si sarebbe aspettato un calo del rublo coerente con la teoria con cui si è arrivati alle sanzioni. Invece il rublo ha continuato a rafforzarsi contro l’euro e per la cronaca oggi è ai massimi degli ultimi 8 anni contro la valuta dell’Unione. La tesi, ricordiamo, era che la sospensione degli acquisti di gas e petrolio russo da parte dell’Europa avrebbe prosciugato le entrate di Mosca, causato una svalutazione della sua moneta e alla fine avrebbe affondato l’economia e impedito a Putin di continuare a finanziare la guerra. In questo “schema” se la Russia vende meno gas all’Europa si dovrebbe assistere a un indebolimento della sua moneta. Il corollario è che Bruxelles aveva il potere negoziale nei rapporti commerciali in quanto compratore di idrocarburi mentre Mosca non avrebbe mai dovuto scegliere di tagliare le proprie esportazioni.
Quello che è successo ieri con la Russia che decide autonomamente il taglio delle sue forniture a un suo cliente storico è l’epilogo del processo a cui si è assisto dall’inizio dell’invasione in Ucraina. Il prezzo del gas in Europa è esploso e la Russia ha aumentato le proprie esportazioni di gas e petrolio verso Cina, India e altri mercati di sbocco. I mercati si sono comportati assumendo, correttamente, che l’Europa avrebbe fatto molto fatica a trovare alternative e infatti ieri sono comparsi “rumour” sui piani del Governo per limitare i consumi di gas; case più fredde e strade buie. Il caos che si è prodotto sui mercati energetici e i timori che l’offerta di idrocarburi sui mercati globali diminuisca hanno determinato l’impennata del surplus commerciale russo e alla fine della sua valuta. Il rafforzamento del rublo, anzi, è continuato nonostante tre tagli dei tassi della banca centrale. La decisione di ieri potrebbe persino essere spiegata con il tentativo della Russia di svalutare una moneta diventata improvvisamente troppo forte.
Alla fine di questo processo quello che emerge è che contrariamente a “tutte” le aspettative iniziali è la Russia che decide di tagliare le sue forniture all’Europa che invece le subisce. L’Europa subisce un colpo alla competitività delle sue imprese, peggiora l’inflazione interna e, in futuro, dovrà fare i conti con le conseguenze politiche e sociali di questo fenomeno sia dentro l’Europa che sul Mediterraneo. La Russia invece scopre di poter gestire sia il proprio cambio, sia i propri rapporti economici. Questo accade perché il possesso dei rubli consente di approvvigionarsi di idrocarburi e altre materie prime, prodotti agricoli e fertilizzanti. Il possesso di euro, invece, non garantisce questi approvvigionamenti e quello di dollari meno che due anni fa sia perché i prezzi delle materie prime sono esplosi, sia perché un numero crescente di Paesi ha deciso di sottrarre le sue produzioni dai commerci globali per contenere l’inflazione interna.
Se l’Europa non vuole far collassare la propria economia o ritrovarsi con problemi sociali complessi deve assicurarsi le proprie forniture strategiche come stanno facendo tutti gli altri Paesi. In questo processo non può più presumere di potersi permettere il lusso di scelte “costose” perché se il prezzo del gas sale come è salito ieri per un taglio delle forniture prima dell’inverno il problema rischia di diventare ingestibile con il blocco in piena stagione invernale.
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