E’ un racconto davvero da incubo quella vissuto da Antonella Vittore, 47enne funzionario di un ente pubblico. La donna è stata ricoverata presso il noto ospedale San Camillo di Roma, rimanendo per svariate ore a fianco ad un cadavere. La vittima parla di «allucinante esperienza» che ha voluto raccontare al Corriere della Sera, nella speranza che possa servire «a rendere i politici più consapevoli che la sanità pubblica non è cosa loro, che non può essere gestita come altri settori, ma deve essere all’altezza di un Paese civile e al servizio di tutti noi che paghiamo le tasse». Il tutto ha inizio alle ore 19:00 del 24 maggio 2022, quando Antonella Vittore cade in scooter, richiedendo l’intervento dell’ambulanza: «Il piede sanguinava tantissimo e la ferita aveva scoperto il tendine. Un dolore terrificante, da svenire. L’ambulanza è arrivata dopo circa 40 minuti». Un tempo di attesa sicuramente non così breve, ma siamo solo all’inizio. «A bordo – racconta ancora – ho trovato infermieri gentili, ma un disorientamento totale. È partito il circo per capire dove portarmi, visto che necessitavo di un ospedale con un reparto di ortopedia e uno di chirurgia degli arti. Allora siamo passati prima al Santo Spirito e poi al Fatebenefratelli, sull’isola Tiberina, dove ci hanno respinti. Tempo perso. Altra sofferenza. Fino a che, attorno alle 20.30, finalmente arriviamo al San Camillo».
E una volta giunti nel nosocomio romano, «E’ stato come varcare le porte dell’inferno. Diciotto ore di pronto soccorso in condizioni disumane. Quel giorno c’erano stati parecchi accessi. Quindi col piede sanguinante e addosso il tremore della scarica di adrenalina, sono stata messa su una barella e portata in quello che chiamano “la zona nuova del PS”. Praticamente uno stanzone-bunker in cui c’erano più o meno 60 malati. I telefonini non prendevano. Ho avuto subito una crisi di pianto. Nessuno si è degnato di chiedermi qualcosa, almeno mi avrebbe infuso coraggio». E’ un racconto quasi da film horror quello che fa la 47enne: «Tante persone stavano male. Molti anziani erano in evidente stato di scompenso mentale. Una signora, fratturata al femore, era stata legata al letto e ha parlato ad alta voce tutta la notte. Altri si lamentavano urlando, io imploravo un antidolorifico chiesto alle 3, che mi hanno dato soltanto alle 8… Ma un fatto in particolare mi ha turbata e non dimenticherò mai. Un signore con un colorito stranissimo. Lo guardavo e pensavo che dovesse stare proprio male… Sembrava morto… Ebbene, ho realizzato solo dopo un po’ che era morto davvero! E’ rimasto lì per oltre un’ora. Scoperto. Sulla settantina, a torso nudo. La faccia al soffitto, gli occhi vitrei. I fogli dell’Ecg erano linee piatte srotolate e ce n’erano almeno cinque metri, segno che era successo da parecchio. Poi sono venuti due infermieri che l’hanno coperto e portato via».
20 ORE AL SAN CAMILLO DI ROMA: “MI DICONO CHE DOVRO’ COMPRARMI UN CALZARE…”
Dopo una prima visita, il dottore si materializza alle 2 e mezza di notte, dopo quasi otto ore dall’incidente a ponte Matteotti: «L’ortopedico, nel mio stordimento da risveglio notturno, mi dice che ho una frattura ma non possono ingessare per le ferite che ho riportato e che dovrò usare un calzare, da comprare a mie spese. Se ne va. Passano altre infinite ore… Vedo attorno casi agghiaccianti. A una signora arrivata con un dolore al petto viene fatto l’Ecg. Lei prova timidamente a dire che soffre di pressione alta. Viene trattata male e liquidata. La mattina passando accanto alla mia barella mi dirà: “Ho firmato, me ne vado a casa. Meglio morire lì che qui…”. Una donna colpita da ictus viene lasciata nuda”.
“Un’altra – prosegue il racconto choc – in preda a dolori lancinanti alla schiena, dopo un bel po’ viene visitata e si scopre che ha un collasso delle vertebre. Quindi non può più alzarsi per andare in bagno. Le viene messo il pannolone e le viene fatto un clistere: poi viene lasciata sporca per ore. Era accanto a me, ho sentito bene quante volte ha implorato aiuto…». Il suo calvario finisce alle 14:30, dopo essere stata finalmente medicata dal famoso chirurgo, e dopo un acceso battibecco con una dottoressa. “La prego, scriva tutto – conclude la lettera inviata al Corriere della Sera sul San Camillo di Roma – i malati sono abbandonati a se stessi. Medici e infermieri sono pochi, è vero. Ma non basta a spiegare. C’è anche mancanza di umanità, di empatia verso chi soffre…».