GIOVANNI VERGA ALLA MATURITÀ 2022: SCELTO LO SCRITTORE VERISTA PER LA PRIMA PROVA
Tra le conferme relative alle tracce della prima prova della Maturità 2022 c’è Giovanni Verga. Come Giovanni Pascoli, anche lui scelto per la Tipologia A dello scritto, è uno degli autori più importanti del panorama culturale italiano. Ma probabilmente la scelta è ricaduta su di lui anche perché quest’anno ricorre il centenario, e dunque quale occasione migliore per ricordarlo e omaggiarlo. Ma non era solo scrittore: Giovanni Verga era anche drammaturgo e fotografo italiano. Per le sue opere e il suo pensiero, comunque, è considerato il maggior esponente della corrente letteraria del Verismo.
Per la prima prova della Maturità 2022 è stato scelto un brano tratto da Nedda, novella che scrisse in soli tre giorni e fu pubblicata sulla “Rivista italiana di scienze, lettere e arti”. Dunque, è stato scelto un lavoro per il quale Giovanni Verga ottenne un successo inaspettato. Spinto da quel successo cominciò a scrivere alcune novelle di Primavera e iniziò a sviluppare la bozza di ‘Ntoni, che poi andrà a far parte de I Malavoglia. La scrittura del romanzo però fu lenta, a causa di due gravi lutti: morirono nel giro di poco tempo la sorella prediletta Rosa e la madre, amata profondamente.
TITOLI TRACCE SVOLTE PRIMA PROVA E DIRETTA MATURITÀ 2022: TIPOLOGIA A – TIPOLOGIA B – TIPOLOGIA C. QUALI SONO LE TRACCE
LA VITA DI GIOVANNI VERGA
Giovanni Verga nacque il 2 settembre 1840 a Catania in una famiglia le cui caratteristiche si ritrovano in parte dei suoi romanzi. Nobili di provincia, avevano però scarse risorse finanziarie. La madre apparteneva alla borghesia catanese, il padre appunto dal ramo cadetto di una famiglia nobile. Quindi, anche se non avevo grandi disponibilità economiche, dovevano apparire sempre in un certo modo. Completati gli studi elementari e medi, seguì le lezioni del romanziere e poeta Antonio Abate, nonché patriota. Così Giovanni Verga entrò in contatto con i grandi classici della letteratura italiana come Petrarca, Dante, Tasso, Manzoni, Monti e Ariosto. Nel 1845 la famiglia fu costretta a trasferirsi a Vizzini a causa di un’epidemia do colera. Qui concluse il suo primo romano, a soli 15 anni, Amore e Patria, che su consiglio del suo maestro Mario Torrisi non venne pubblicato. Poi per assecondare la volontà del padre, Giovanni Verga si iscrisse alla facoltà di legge all’Università di Catania, anche se aveva scarso interesse per gli studi giuridici, che infatti poi abbandonò. Incoraggiato dalla madre, cominciò così a dedicarsi alla sua attività letteraria. Nel 1860 si arruolò nella Guardia Nazionale istituita dopo l’arrivo di Garibaldi, restandoci per quattro anni circa. Fondò per soli tre mesi il settimanale “Roma degli Italiani”, poi cominciarono le pubblicazioni del romanzo I carbonari della montagna.
Nel 1862 uscì il quarto e ultimo tomo del libro che inviò addirittura ad Alexandre Dumas, quindi collaborò con la rivista “L’Italia contemporanea” su cui pubblicò il primo capitolo di un racconto realista. Nel 1863 il primo grave lutto, la perdita del padre. Nel 1867 fu ufficialmente introdotto negli ambienti letterari di Firenze, visto che ci tornò per un’altra epidemia di colera, pur tenendo una regolare corrispondenza con la famiglia. Nel 1872 il trasferimento a Milano. Quella vita mondana lo aiutò a superare le difficoltà , infatti scrisse Nedda, appunto, inter giorni. A causa della morte della sorella Rosa e della madre, Giovanni Verga entrò in crisi, ma cominciò a lavorare con accanimento. I Malavoglia però fu accolto freddamente dalla critica, mentre il riscontro di Cavalleria Rusticana in teatro fu negativo. Furono anni di crisi psicologica e difficoltà economiche che lo spinsero a tornare in Sicilia. Ebbe invece un discreto successo con la pubblicazione di Mastro-don Gesualdo. Fino al 1920, quando viene nominato senatore, continuò a occuparsi delle sue opere. Morì nel gennaio del 1922 a causa di un ictus.
LA POETICA DI GIOVANNI VERGA
Nella poetica di Giovanni Verga si ritrova la costante sfiducia nei confronti del mondo cittadino per la quale preferiva il mondo contadino siciliano. Lo descriveva con la tecnica dell’impersonalità, quindi senza esprimere giudizi, e con un abbassamento costante del punto di vista, scegliendo quello del popolo. Il progresso viene descritto come un fiume che travolge chi non riesce a restare al passo con esso, i vinti, di cui parla spesso per ripagare la loro sconfitta. Dunque, nei suoi scritti c’è la regressione del punto di vista, a differenza di Zola che narrava da un punto di vista esterno e onnisciente. Per quanto riguarda i temi, ne sceglieva di diversi, da quelli patriottici ad altri più mondani.
Ma quella frivolezza lo rendeva insoddisfatto, anche per questo preferiva occuparsi dei vinti e della questione meridionale. Oltre all’impersonalità e alla regressione, nel suo stile c’è oggettività, quindi descriveva il mondo siciliano senza opinioni e sentimenti. Si metteva da parte, guardando l’obiettivo da una certa distanza, perché così restituiva un racconto vero. Giovanni Verga è in grado di suscitare un effetto di stracciamento nel lettore, perché è lui a dover giudicare i dati oggettivi, non è lo scrittore a farlo.