Per il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, lo spread italiano a 200 punti base è ingiustificato e ingiusto. D’altronde, siamo il Paese del Pil al 6,6% e del riconoscimento dell’Economist. Oltre che patria di poeti, santi e navigatori. Siamo anche la nazione, però, dove martedì pomeriggio, mentre andava in scena la pantomima della politica, si sono registrate 4 morti sul lavoro, fra cui un 72enne che in Puglia è caduto da un ponteggio di 5 metri: Non gli bastava la pensione, le parole dei colleghi. Siamo il Paese dove le Regioni hanno inviato i loro rappresentanti a Roma per l’emergenza idrica: razionamenti già attivi in molti comuni del Nord e più che probabili altre parti del Paese. Caso unico in Europa: Spagna e Francia sono state investite dalla medesima ondata di calore africano, forse con maggiore violenza e nessuno parla di rubinetti chiusi per preservare l’acqua. E signori, a meno di cambiamenti della geografia avvenuti nottetempo, la penisola iberica non può contare sulle Alpi, a differenza del Nord Italia già a secco. E i black-out? Notizie di un susseguirsi di distacchi da sovraccarico in arrivo da Madrid o Parigi? A Milano sì, almeno da una settimana.
Lo spread non serve solo a segnalare il differenziale di rendimento legato a debito, Pil ed eventuali scudi Bce: segnala anche – e soprattutto – il rischio Paese inteso come attrattività degli investimenti. E credibilità percepita. E in questo caso tocca davvero fare i conti con la realtà: il risk premium legato all’acqua, alla luce o alla burocrazia non può essere cancellato dalla stamperia dell’Eurotower. In compenso, il dato ufficiale segnala il nostro differenziale in area 200. Molto calato dai 250 toccati prima che emergessero i dettagli sul farsesco concambio fra Bund e Btp che la Bce intenderebbe compiere per operare a saldi invariati e cercare di salvare un’altra volta l’Italia. Calato ma non crollato. Sta lì, placido. Si è adagiato stancamente su quel livello, quasi in attesa di una notizia. Quale?
Nel fine settimana, si terrà l’annuale forum della Bce a Sintra, in Portogallo. Di fatto, la Jackson Hole della Banca centrale europea. Probabilmente, quindi, l’attesa è tutta per l’intervento di Christine Lagarde, la quale sarà chiamata a offrire dettagli e conferme al piano fatto filtrare nei giorni scorsi di Bloomberg. Nel frattempo, la numero uno dell’Eurotower è intervenuta all’Europarlamento per fare il punto della situazione. Stranamente, non ha risposto a nessuna domanda sul nuovo scudo anti-spread. Vuole tenersi il botto per Sintra, creando così le condizioni per il suo Whatever it takes dopo tante critiche? Probabile. In compenso, ha parlato di inflazione. E ha detto chiaro e tondo che resterà alta per molto tempo. E infatti, non ha escluso che dopo l’aumento di un quarto di punto dei tassi a luglio, alla riunione di settembre si possa intervenire con maggiore incisività sul costo del denaro. Nel contempo, però, si acquista. Certo, millantando il tutto con i saldi invariati del vendere bond dell’Europa core per acquistare quelli periferici. Ma la questione non cambia, di fatto con una mano si alzano i tassi per contrastare l’inflazione e con l’altra si opera in maniera espansiva per evitare la frammentazione dei rendimenti. Ridicolo.
Il mercato, ovviamente, per ora applaude e cerca di trarre il massimo profitto in tempi di cali sanguinosi. Ma attenzione alle variabili che cominciano a circolare con dinamica impazzita, un po’ come i pipistrelli quando si sbagliano, entrano in una casa e cominciano il volo circolare in cerca della via d’uscita. Primo, a mezzogiorno di ieri lo spread era in rialzo netto a 208 punti base. Il tutto, nonostante un combinato di fattori favorevoli con pochi precedenti, al netto del caos imperante a livello globale. Secondo, ieri si è chiuso il collocamento del Btp Italia finalizzato al recupero dell’inflazione e dedicato al pubblico retail. Oggi, infatti, toccherà agli istituzionali, prima che il Tesoro stabilisca il tasso definitivo. Una cosa è certa: rispetto all’emissione del maggio 2020, quella dedicata alla raccolta di capitali da utilizzare nel contrasto alla pandemia, questo collocamento non ha vantato un gran successo. Se due anni fa il totale fu un pienone da 22 miliardi di euro, 14 dei quali raccolti fra investitori retail, la seconda giornata del Btp Italia legato all’inflazione ha chiuso con un totale parziale di poco meno di 6 miliardi. Vado alla cieca ma, sinceramente, dubito che ieri si siano state registrate 8 miliardi di sottoscrizioni. Quindi, un mezzo flop. Per due motivi.
Primo, il Tesoro sperava di chiudere la pratica in due giorni, annunciando trionfalmente la chiusura anticipata martedì sera. Secondo, appunto, l’emissione del 2020 era dedicata alla lotta al Covid con un’inflazione totalmente in linea con gli obiettivi Bce, mentre oggi il collocamento aveva carattere strategico e di investimento a lungo termine proprio per schermare i propri risparmi dalla cavalcata dei prezzi, la stessa che Christine Lagarde ha preconizzato essere di lunga durata. E attenzione, terzo particolare da tenere a mente: il collocamento è avvenuto con tempismo straordinario proprio da parte della Bce, poiché subito prima dell’emissione i presunti dettagli sullo scudo anti-spread avevano già calmato il differenziale con il Bund e, soprattutto, i titoli allarmati e allarmanti dei giornali. Insomma, pronto a recitare il mea culpa dopo aver letto la chiusura definitiva del collocamento retail, a oggi posso affermare che i primi a chiedere all’Italia un premio di rischio più alto e credibile siano proprio gli italiani.
E non basta. Questa immagine ci mostra l’ulteriore variabile cui tenere conto. Archiviata in fretta e furia la figuraccia elettorale di Emmanuel Macron, la stampa italiana ha bellamente ignorato quanto accaduto sempre domenica scorsa in Andalusia: dopo 36 anni, il PP è tornato a vincere le amministrative. Anzi, stravincere. A tal punto da aver ridimensionato e reso non necessaria al fine della governabilità la performance della destra di VOX.
Un segnale politico chiarissimo. E se il tonfo dell’inquilino dell’Eliseo, oggettivamente, ci riguarda poco o niente, la Spagna invece va tenuta sotto la lente di ingrandimento. Emmanuel Macron, infatti, è indebolito a livello interno, perché a ogni provvedimento – vedi le pensioni – che vorrà portare all’Assemblea nazionale, dovrà far seguire la ricerca di almeno 44 voti per farlo passare. Un’anatra zoppa, quattro anni di calvario. A livello europeo, però, non cambia nulla. O poco. La Spagna, invece, rischia. Perché dopo solo un anno di esecutivo Psoe e varie acrobazie populiste come l’intervento sul reddito minimo, la settimana di quattro giorni lavorativi e il congedo mestruale, il Governo Sánchez ha ricevuto un plateale schiaffone in faccia in quello che rappresenta, di fatto, quasi il Mugello di Spagna. Insomma, Siviglia ci riguarda più di Parigi. E se per caso lo spread del Bonos sul Bund andasse in fibrillazione, spinto da un’inflazione feroce e da una stagione turistica meno fortunata del previsto, la Bce si troverebbe costretta a intervenire con il badile sugli acquisti dello scudo anche per Madrid, rendendo i cosiddetti saldi invariati decisamente poco graditi a Paesi come Germania, Austria e Olanda. I quali vedrebbero i loro spread divaricarsi per le vendite e quindi il loro status di bene rifugio messo in discussione nel pieno di un periodo pre-recessivo.
Sono troppo pessimista, come al solito? Ne riparliamo a settembre. Forse prima.
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