LA RICHIESTA DELLA UIL
Secondo il Segretario confederale della Uil Domenico Proietti, i 10 miliardi di euro risparmiati su Quota 100 “consentono di continuare a introdurre una flessibilità di accesso più diffusa al pensionamento nella prossima Legge di Bilancio.
La Uil chiede al Governo un incontro politico per valutare le ipotesi e gli approfondimenti fatti nei mesi scorsi sul tavolo tecnico, anche sui temi dei giovani, delle donne e del rilancio delle adesioni alla previdenza complementare”. A questa posizione sembra contrapporsi quella di Giuliano Cazzola, che in un articolo pubblicato su startamag.it, dedicato al report di Inps e Upb su Quota 100, evidenzia che bisognerebbe fare “tesoro degli errori compiuti per non destinare risorse in eccesso rispetto al loro effettivo utilizzo”. E soprattutto occorrerebbe prestare “attenzione a ‘misure pensionistiche in chiave di flessibilità’ con caratteristiche simili a ‘Quota 100’”.
I COSTI DELLA QUOTA 41: I CONTI DI TRIDICO
Lo spiraglio della riforma pensioni di Quota 41 per il 2022-2023 si amplia dopo le ultime dichiarazioni del leader della Lega Matteo Salvini: commentando l’indagine Inps-Upb su Quota 100, è intervenuto anche il presidente Inps Pasquale Tridico per dettagliate i possibili costi per lo strumento di Quota 41 qualora si avviasse il percorso tra il 2023 e il 2025.
«La spesa pensionistica, in una prospettiva di flessibilità del sistema ammonterebbe a 18 miliardi di euro in tre anni con quota 41», ha stimato il professore nominato dal Governo Conte-1 al ruolo in Inps. Non solo, continua Tridico, i conti vedono anche «6 miliardi con l’opzione al calcolo contributivo a 64 anni di età e almeno 35 anni di anzianità a condizione di aver maturato un importo pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale». Alla luce di questi numeri, conclude il n.1 dell’Istituto: «con l’anticipo della quota contributiva della pensione con il requisito di almeno 63 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione e un importo minimo di 1,2 volte l’assegno sociale, la spesa pensionistica sarebbe di 3 miliardi». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI SALVINI
Matteo Salvini, ospite di “No stop news”, trasmissione in onda su Rtl 102.5, ha commentato i dati Inps-Upb relativi all’utilizzo di Quota 100, evidenziando, come riporta Ansa, che si parla comunque di 380mila persone “che non ce la facevano più dopo trentotto, quarant’anni di lavoro. Sono orgoglioso di questa scelta che ha permesso il diritto alla pensione sacrosanta a centinaia di migliaia di italiani e soprattutto ha lasciato quei posti di lavoro liberi per i giovani”.
Il Segretario della Lega ha anche ricordato che “entro il 31 dicembre, se il Parlamento non farà nulla, tornerà in vigore la Legge Fornero, ovvero cinque anni di lavoro in più, fino a 66 e 67 anni per poter andare in pensione. Dopo la pandemia e con una guerra in corso, allungare l’età pensionabile di cinque anni sarebbe un record a livello europeo, sarebbe assurdo”. Salvini ha quindi spiegato che “stiamo lavorando per Quota 41, quarantuno anni di lavoro sono più che sufficienti per potersi godere qualche anno di famiglia”.
RIFORMA PENSIONI, IL DOSSIER INPS-UPB
Quota 100, la misura di riforma pensioni varata dal Governo Conte-1, di fatto è già stata superata da Quota 102, ma chi ha maturato i requisiti al 31 dicembre 2021 può ancora usufruirne. E di fatto qualcuno lo ha già fatto, come testimonia un dossier messo a punto da Inps e Ufficio parlamentare di bilancio. Come riporta il sito del Sole 24 Ore, infatti, “nei primi tre mesi di quest’anno sono già pervenute all’Istituto guidato da Pasquale Tridico 12.100 nuove domande di Quota 100 e ne sono state accolte 4.700. Contemporaneamente si sono materializzate anche le prime richieste di Quota 102”. Al 31 maggio le domande presentate all’Inps “sono state non più di 3.860: il 58% dal comparto pubblico e la restante fetta da quello privato”.
I NUMERI DI QUOTA 100 INFERIORI ALLE ATTESE
Dall’analisi Inps-Upb “emerge che il 69% delle richieste di Quota 100 è arrivato da uomini. Nel dossier si sottolinea che quasi l’81% dei pensionati è transitato direttamente dal lavoro, poco meno del 9% ha optato per l’uscita anticipata da “silente” (soggetti che pur avendo versato in passato contributi non lavoravano né percepivano altri trattamenti), oltre l’8% arrivava da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito e circa il 2% era riconducibile ai prosecutori volontari di contribuzione. La pensione è stata liquidata in quasi la metà dei casi a lavoratori dipendenti del settore privato, per una fetta pari al 30% a dipendenti pubblici per il restante 20% a lavoratori autonomi”. Dal dossier emerge anche che “sono usciti con Quota 100 150.222 soggetti nel 2019, 115.189 nel 2020 e 109.021 nel 2021, per un totale di 374.432 nuovi pensionati”, contro i 678.000 previsti al momento del varo del provvedimento.
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