L’industria della gomma e della plastica ha superato nel 2021 i 23 miliardi di euro fatturato, circa l’1,3% del Prodotto interno italiano, con 140mila addetti e un contributo positivo alle esportazioni. Sul futuro c’è però grande preoccupazione a causa dei forti rincari di energia e materie prime, più che raddoppiati rispetto al totale dei costi di produzione, secondo le rilevazioni del Centro Studi Confindustria.
È quanto emerso oggi a Milano, durante l’assemblea pubblica di Federazione Gomma Plastica, l’organizzazione di Confindustria che rappresenta le industrie della gomma, dei cavi elettrici e le imprese trasformatrici di materie plastiche.
“I settori della gomma e della plastica, nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi energetici e alla crescente complessità di reperimento delle materie prime, oltre che ai gravi problemi logistici dovuti al difficilissimo contesto internazionale, continuano a svolgere un ruolo di primo piano non solo nelle filiere industriali strategiche del nostro Paese, ma anche in quelle internazionali” ha detto Marco Do, Presidente di Federazione Gomma Plastica, “È però evidente che il quadro della situazione presentato dal Centro Studi Confindustria ci preoccupa molto: settori importanti e solidi come i nostri si trovano ad affrontare una situazione che non vedevamo da decenni e che può portare a conseguenze pesanti sulla marginalità dei due comparti.”
Il Centro Studi Confindustria ha evidenziato le criticità che sta attraversando il settore: costi dell’energia, carenza di materie prime e problemi logistici, dovuti principalmente al conflitto in corso in Ucraina, dopo due anni di pandemia.
“La Federazione Gomma Plastica ha intrapreso con coraggio la strada del cambiamento, tenendo saldi i propri valori e accelerando il passo in risposta alle trasformazioni recenti del contesto economico, sociale e attuale”, ha sottolineato Alberto Marenghi, Vice Presidente di Confindustria con delega all’Organizzazione, Sviluppo e Marketing, “Un approccio che si lega anche a un’attenzione crescente ai temi del marketing e della comunicazione. I risultati sono tangibili: aver saputo insistere su alcuni temi di primo piano per le imprese – come la plastic tax, introdotta nel 2019 e più volte rinviata per merito dell’azione incisiva di Confindustria e della Federazione – e aver proposto soluzioni di medio e lungo periodo per attutire l’impatto del caro-energia. La Federazione è riuscita a trasferire all’esterno in modo chiaro il valore di essere network: lo confermano le 23 nuove acquisizioni registrate nel 2021 e la crescita del 4% della base associativa. Risultati ancora più importanti perché raggiunti nella fase complessa che ancora stiamo attraversando”.
“La produzione dell’industria italiana della gomma è aumentata del 19% nel 2021 riportandosi quasi ai livelli del 2019, ma è in frenata nel 1° trimestre 2022 (-2%). La redditività si è nettamente ridotta”, afferma il Presidente di Assogomma Livio Beghini, “Tutto ciò è dovuto ad aumenti generalizzati dei costi delle materie prime, dei noli e dei trasporti, a cui si sono sommati quelli del tutto imprevisti dei prodotti energetici. Da ultimo il conflitto bellico che, oltre a produrre generali effetti depressivi, per la nostra industria assume una connotazione particolare visto che importiamo da quelle aree circa il 40% di alcune materie prime strategiche come il carbon black e il cord metallico. Quest’ultimo da giugno è addirittura sottoposto a divieto all’importazione in UE. Le difficoltà di adeguare le nostre condizioni economiche agli aumenti dei costi, unitamente alla non disponibilità di materiali, potrebbero tradursi in prospettiva in fermi produttivi”.
“Il nostro settore”, ha dichiarato il Presidente di Unionplast, Marco Bergaglio, “stava per sollevarsi dalla crisi legata alla pandemia, ma i rincari di energia e materie prime hanno proiettato una lunga ombra sulle prospettive di ripresa del comparto, a cui si aggiunge la temutissima partenza nel 2023 della Plastic Tax, con tutti i dubbi mai risolti che si porta dietro; tassa che non comporterà nessun investimento per il settore in particolare per l’economia circolare, creando al contrario una ulteriore contrazione del mercato e un trasferimento del costo sul consumatore finale. Le misure alternative esistono”.