Lunedì: giornata di analisi e valutazione dei due scritti agli esami di maturità. Impegno iniziato venerdì scorso e ripreso oggi.
Responsabilità non facile, perché i docenti conoscono bene gli studenti, ma sanno anche che la prova di maturità non ha lo stesso valore di un compito assegnato durante l’anno.
Per cui, il primo rischio che un docente, il quale non corregge da solo ma per aree disciplinari, può correre è quello definito “effetto alone”.
Il quale ci dice che un valutatore può, senza volerlo, lasciarsi influenzare dalle prove precedenti, dall’idea o giudizio che si è fatto su uno studente. Parlo di rischio, per cui una sana attenzione è sempre bene averla. Cioè una prova è una prova, e va valutata per quella che è.
Il rischio “alone” è presto spiegato: se uno studente ha fatto sempre bene, un eventuale errore in una prova all’esame di maturità verrà graziato oppure otterrà comunque una valutazione non negativa, mentre se uno ha ottenuto sempre valutazioni non eccellenti non raggiungerà comunque, nonostante una prova meritevole, una votazione alta.
Quando i commissari sono esterni il rischio è evitato, fatte salve le possibili influenze dei colleghi interni. Ma si può essere influenzati anche dalla lettura dei voti degli scrutini dell’ultimo anno, messi a disposizione nei documenti a supporto degli esami.
Un aiuto a questa oggettività, almeno nelle intenzioni, è dato dal fatto che, nella correzione e poi valutazione, la sintesi è comunque collegiale, sapendo che la correzione viene fatta per aree disciplinari, quindi congruenti sul piano culturale: pensiamo qui all’area umanistica, oppure linguistica, oppure scientifica o tecnica.
Se la valutazione è collegiale, date le griglie di valutazione previste, con relativi indicatori, la sintesi non può ridursi al mero conteggio aritmetico dei voti, esercizio dopo esercizio, ma cercherà di cogliere il progress del lavoro di uno studente, valorizzando quindi la crescita e l’autonomia culturale. E qui possono essere d’aiuto i docenti interni.
Un progress che è più facile cogliere all’orale, basta che non sia nozionistico, ma un dialogo culturale aperto.
Il ruolo dei presidenti di commissione diventa perciò centrale, purché lo prendano sul serio, cioè impegnandosi in prima persona a coordinare i colloqui. Cosa che non ho sempre visto.
Passaggi non facili, come si può capire, quando si tratta di una prova finale.
Resta la questione del valore aggiunto dei docenti esterni agli esami di maturità, rispetto alla presenza di soli docenti interni.
Perché gli studenti devono imparare che nella vita saranno sotto esame più volte, vere crune dell’ago, e che a valutarli saranno persone che, magari, non conoscono o che conoscono appena.
I riscontri il più possibile oggettivi sono perciò una forma di auto-aiuto, perché indicano il valore ma anche il limite. Sapendo, comunque, che non sempre incontreranno persone davvero competenti ed interessate a valorizzare talento e capacità. Ma che queste sono situazioni che possono accadere, e che fanno parte delle stagioni della vita, compreso che le occasioni imponderabili, impreviste, potranno comunque presentarsi, senza alcun preavviso.
Resta, infine, che la speranza che tutti coltiviamo è che, nelle forme di valutazione, non sia mai messo al centro un giudizio sulla persona, ma solo delle sue capacità. Cioè, nella scuola, nella vita, come in un qualsiasi contesto di lavoro, le persone non sono solo “capitale umano”, ma molto di più. Capire questo dice già tutto.
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