La vignetta di Vauro che compare sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano di ieri è tremenda e vera. Non è un commento, ma una cronaca. Quello che si è deciso ieri a Madrid, al summit della Nato, è il sacrificio umano di un popolo, deciso senza che nessuno dei trenta Paesi, anzi adesso 32, di questa alleanza obiettasse. Si è consegnata la licenza di caccia al curdo, come fosse una razza di cinghiali, all’autocrate turco. Sì, proprio all’unanimità: anche a nostro nome, mio e di te che mi leggi.
Com’è possibile tale scempio, per di più in nome della libertà dell’Ucraina e della presunta sicurezza dell’Occidente, barattata con la vita di genti meravigliose, che in questi anni sono state la garanzia in Iraq, ma anche nella parte della Siria da loro liberata dall’Isis, della sopravvivenza a parità di diritti della comunità cristiana. I vescovi cattolici curdi e quelli latini non hanno mai smesso di denunciare che se fosse stato per gli Stati Uniti la Chiesa sarebbe stata schiacciata e liquidata tranquillamente dalle varie milizie jihadiste lì presenti e foraggiate sottobanco da Qatar e Turchia.
Vauro disegna la verità. Sotto la scritta: “Svezia e Finlandia nella Nato. Sì di Erdogan”, raffigura il neo-sultano che alla domanda su che cosa ne sarà dei curdi risponde: “Quali curdi”, e nasconde la pistola fumante dietro la schiena. Ma il volto potrebbe tranquillamente essere quello di Biden, e sarebbe stata una scelta ineccepibile.
Ah, i peshmerga di Erbil! Fantastici soldati della regione autonoma curda dell’Iraq. Il nome Peshmerga vuol dire “prima della morte”, prima della morte c’è la vita, ma essa è offerta non a uno Stato disegnato sulla carta dalle potenze forestiere e persecutrici, ma alla terra e al sangue dei propri cari. Da quelle parti non c’è bisogno della coscrizione obbligatoria: in trecentomila soldati e soldatesse esprimono un ideale di patria e libertà. Sono musulmani e cristiani. Hanno collaborato in piena intesa con l’Italia impedendo il proliferare delle bande terroristiche. Il loro presidente Mas’ud Barzani nel 2009 è venuto a Roma incontrando il premier Silvio Berlusconi, noi saremmo stati – questa la promessa – il primo Paese nel sostenerne la ricostruzione. Matteo Renzi confermò questo intento, e soldati italiani furono inviati a difesa della grande diga di Mosul. Nel 2017 ci fu un accordo solenne tra i rispettivi governi per fronteggiare insieme i cambiamenti climatici. Premier era Paolo Gentiloni. Ora come commissario dell’Ue che cosa ne dice di questo protocollo che sancisce definitivamente l’esposizione dei curdi non ai gas serra ma alle grinfie dell’esercito potentissimo dei neo-ottomani, notoriamente sostenitori dell’economia green?
Li abbiamo buttati questi nostri amici nel cesso della storia, come fosse una scoria, obbedendo a Joe Biden e ai Paesi dell’anglosfera che danni da quelle parti ne hanno già fatti tanti. Era impossibile chiedere un modesto paragrafo di salvaguardia, signori Draghi, Di Maio e Guerini?
Ricordate? Ho in mente il Corriere della Sera, con le bellissime interviste ai curdi in Siria (in questo caso provenienti dal Kurdistan situato nei confini statuali di Ankara): erano i nostri eroi, e le combattenti donne venivano acclamate al Tg1 come indomite amazzoni contro la barbarie, e ora, per far entrare Svezia e Finlandia nella Nato, li abbiamo consegnati agli aguzzini, con la faccia tosta di farlo in nome dei valori occidentali. Il memorandum firmato dai ministri degli Esteri di Turchia, Svezia e Finlandia al punto 8 del documento prevede, “sulla base delle informazioni fornite dalla Turchia”, l’estradizione di membri del Pkk, come presunti terroristi, ma anche degli appartenenti alle organizzazioni affiliate come l’Ypg curdo-siriano, le milizie che proteggono l’esistenza del Rojava, un esperimento politico laico, multietnico e multireligioso che dovremmo preservare come una sorgente fresca nel deserto.
In queste carte Nato, sigillate da splendide parole contro le autocrazie, non si accenna neanche per allusione alla criminale occupazione turca di vasti territori siriani e iracheni. Non si faccia finta di non saperlo. L’esercito e l’aviazione di Erdogan bombardano non solo le milizie armate ma gareggiano e superano i russi quanto ad azioni di sterminio dei civili, siano essi curdi, siriani, iracheni, o yazidi, i più perseguitati di tutti. Per questi lavoretti Finlandia e Svezia hanno garantito pure la vendita di armi eliminando l’embargo.
Testimonia Alberto Negri, veterano tra gli inviati di guerra: “Quando entrai a Kobane il primo ottobre 2014 i curdi siriani rischiavano la strage, con la bandiera nera del Califfato che sventolava solamente a 400 metri dalla loro prima linea”. Il nostro grazie? Ora invece dell’Isis a mitragliarli sono gli elicotteri italiani Agusta.
Che razza di doppio standard abbiamo accettato? Personalmente non ho nulla da dire a Erdogan: fa il suo sporco lavoro, e non so tra lui e Putin chi sia il pericolo maggiore per l’Italia. Anzi lo sappiamo tutti. l’Italia ha lasciato che i turchi impedissero la trivellazione del mare che le regole internazionali assegnano a Cipro, il cui governo ne aveva concesso lo sfruttamento all’Eni. Cedevoli su tutto, siamo certi che sottobanco gli Usa abbiano garantito a Erdogan la validità del trattato con cui illegalmente estende la propria “patria blu” al largo della Libia, letteralmente rapinandoci mentre noi passiamo milioni su milioni ai loro amici che tengono nei lager i migranti.
Peraltro non è solo questione di Erdogan e di curdi. Mi sbaglio o l’Italia ha sostituito il gas russo perché macchiato dal sangue ucraino con quello dell’Azerbaijan, un’autocrazia militarista, che d’accordo con turchi e dotata dei suoi micidiali droni, ha posto sotto il suo tallone l’Artsakh armeno e invade quotidianamente con suoi commando il territorio della Repubblica Armena? Ma certo che sì.
Sono consapevole. Questo articolo mi farà includere in un elenco di nemici dell’America e della Nato. Mi importa di più essere amico di curdi e armeni che non di governi ipocriti i quali dispongono come loro proprietà del destino di popoli che hanno dato la vita per loro e hanno avuto il solo torto di fidarsi della loro promessa di amicizia.
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