È accaduto sulla “Regina delle Dolomiti”. Per questo a un fatto di cronaca, e al dolore immediato che provoca la perdita di vite umane, si aggiunge il valore simbolico di un messaggio di sofferenza che arriva da una montagna iconica, appartenente al patrimonio dell’umanità dell’Unesco, e che sembra farsi portavoce di tutte le altre vette, ghiacciai e ambienti di alta quota.
Il ghiacciaio della Marmolada, sul confine tra il Veneto e il Trentino, è il più esteso tra tutti quelli presenti sulle Dolomiti.
A partire dal XIX secolo il dettaglio delle relazioni delle ascensioni alpinistiche ha fornito informazioni utili per seguire la sua evoluzione. Sappiamo così che poco più di un secolo addietro lo spessore del ghiaccio alla fronte era di circa 50 metri, mentre oggi è ridotto a pochi metri. I teli che coprono parte della superficie del ghiacciaio per tutelare gli interessi dell’industria dello sci restituiscono l’immagine di un sudario steso su un corpo morente.
Il crollo avvenuto domenica scorsa è un effetto delle profonde trasformazioni causate dal riscaldamento globale, un fenomeno innescato dalle attività dell’uomo.
Se le temperature elevate dovessero mantenersi anche nelle prossime settimane le condizioni del ghiacciaio della Marmolada nella stagione autunnale potrebbero rivelarsi molto critiche.
Ma è già questo il momento delle lacrime per gli uomini e per la “Regina delle Dolomiti”.
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