La moglie di Julian Assange, Stella Moris, ha rilasciato un’intervista sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano”, nella quale ha commentato il ricorso depositato venerdì scorso contro la decisione della ministra dell’Interno inglese Priti Patel di concedere all’uomo l’estradizione negli Stati Uniti d’America. Moris ha asserito che sono circa 12 le istanze possibili a cui possono appellarsi, quali la violazione della libertà di stampa, il fatto che il caso Assange sia di natura politica e non giudiziaria, il trattato sull’estradizione tra Stati Uniti e Regno Unito che la vieta se le ragioni che ne hanno animato la richiesta sono politiche.
Stella Moris ha aggiunto: “Contano anche alcune rilevazioni scioccanti come il piano della Cia di rapire o avvelenare Julian Assange: non furono affrontate dalla Corte all’epoca, ora rientreranno nel ricorso. Se le Corti inglesi non fermeranno l’estradizione, ricorreremo alla Cedu. Non so però se siete informati di quello che sta accadendo nel Regno Unito: il governo Johnson, dopo che la Cedu è intervenuta per fermare il tentativo di trasferire in Ruanda i richiedenti asilo, ha annunciato di voler mettere mano all’ordinamento che regola l’accoglimento delle sentenze Cedu. L’effetto può essere devastante sul nostro caso”.
CASO ASSANGE, LA MOGLIE STELLA MORIS: “USA VOGLIONO VENDICARSI”
Se Julian Assange verrà estradato negli USA, la moglie Stella Moris su “Il Fatto Quotidiano” ha affermato che lo sosterrà comunque, pur avendo il timore che possa essere messo in isolamento e sia quindi impossibilitato a ricevere visite. Negli USA il regime più duro, infatti prevede solo una telefonata di 30 minuti al mese: “Dovrebbe scegliere quindi se chiamare i suoi avvocati o me… Immaginate cosa significhi avere solo 15 o 30 minuti al mese per parlare per tutto il resto della vita coi vostri cari – ha asserito la donna -. È, di fatto, un modo per uccidere una persona. Ogni giorno, negli Stati Uniti, 80mila persone vengono messe in isolamento. È routine nei penitenziari americani. Ma di quegli 80mila solo a pochissimi è riservato il regime duro. Julian potrebbe lasciare la sua cella solo per fare esercizio fisico, sempre nel cuore della notte, e non all’aria aperta”.
Questo è il trattamento che gli Usa applicano alle persone incriminate con l’Espionage Act ed è la prima volta che questa legge del 1917 viene usata contro un editore. “Gli Stati Uniti si stanno vendicando – ha affermato ancora la moglie di Assange –. Colpiscono Julian con gli stessi metodi brutali che lui ha scoperchiato. Ha portato alla luce Guantanamo, le torture, l’arbitrarietà del sistema giudiziario in Germania, in Italia e in Spagna: gli verrà restituito tutto”.
JULIAN ASSANGE, LA MOGLIE: “CASO SUL FILO DEL RASOIO”
In chiusura di intervista, Stella Moris ha sottolineato che, dal punto di vista giudiziario, il caso di Julian Assange è letteralmente “sul filo del rasoio. Ci sono forti pressioni sia perché le accuse nei suoi confronti decadano sia perché l’incriminazione proceda. L’inchiesta penale la aprì l’amministrazione Obama, ma poi Obama decise di liberare la fonte Chelsea Manning e di non incriminare Julian. L’amministrazione Trump è stata forse la più trasparente della storia, nel senso che ha reagito alle continue fughe di notizie dichiarando guerra alla stampa e dando il via alla prima incriminazione di un editore ai sensi dell’Espionage Act. Biden era parte dell’amministrazione Obama. So che attualmente all’interno dell’attuale amministrazione ci sono varie spinte, anche opposte”.
Stella Moris ha anche aggiunto che istituzioni come il Consiglio d’Europa hanno detto che Julian Assange deve essere rilasciato e non estradato, denunciando la violazione dei suoi diritti umani. Quanto ai governi, qualche settimana fa la ministra degli Esteri tedesca ha annunciato, pur se in modo cauto, che la Germania guarda al caso Assange diversamente dagli USA: “Se Julian non sarà liberato, nessuno di noi sarà più libero”, ha concluso la sua consorte.