1926. Nascono Marilyn Monroe e Elisabetta, quella che sarà la futura regina d’Inghilterra. 2022. Sessant’anni dalla morte di Marilyn Monroe, e settant’anni di regno, appena festeggiati, di Elisabetta. Un curioso incrocio di date che racconta un pezzo significativo della rappresentazione estetica del nostro mondo occidentale attraverso due miti diversi che s’intrecciano. Su Elisabetta sono stati scritti fiumi di parole, ma noi (è inutile fingere profonde conoscenze storiche) la conosciamo attraverso le sue immagini, quei suoi cappellini inverosimili, quei colori sorprendenti dei vestiti, la coreografia regale di cui viene circondata e che ci riporta indietro nel tempo di molti secoli.
Di Marilyn ce ne occupiamo ogni tanto; adesso l’occasione è un anniversario della sua morte drammatica, e anche in questo caso le parole per ricordarla non mancheranno, saranno molte. Ma sono le sue immagini che ci raccontano di lei, quelle che conserviamo nella memoria e quelle che ci riconsegnano i mezzi d’informazione.
E da queste immagini noi ci costruiamo due grandi miti, quello del potere e quello della bellezza. Miti, in apparenza, in conflitto, in realtà molto vicini, anche alleati. Il mito è un significato che noi vediamo concretamente, percepiamo, quasi fosse una cosa sensibile, e ne riconosciamo un valore per nulla astratto, universale. Quando, in modo molto elementare, diciamo: “Quella è un mito“, vogliamo dire che ha caratteristiche eccelse, di grandissima qualità, e affermiamo che quelle qualità le riconoscono tutti. Aldilà di questa semplice espressione che ricorre nel nostro linguaggio comune, i miti sono eccellenze straordinarie che raccontano le vicende della nostra cultura attraverso immagini.
Il mito della Regina Elisabetta
Guardate le fotografie della regina Elisabetta: da giovane una figura discreta, poi una donna senza pretese estetiche, infine una signora anziana che fa tenerezza. Eppure, si osservi come viene venerata dai suoi concittadini: rappresenta il potere dell’Inghilterra. Un mito. Come si è costruito? Non pezzo per pezzo, ma attraverso una sintesi tra la realtà e la nostra immaginazione, che rimane nel tempo, un’immagine complessiva a cui la gente riconosce un valore assoluto, oltre, appunto, la scansione dei singoli momenti storici.
La regina ha avuto gioco facile nel costruirsi il proprio mito vivente: la lunghezza del suo regno, la tradizione dell’Inghilterra che sembra inossidabile, il superamento degli scandali di corte, messi in soffitta e dimenticati… Tutti questi singoli eventi sono oltrepassati e rimane indiscusso il potere che esprime la sua immagine. Un potere che ha qualcosa di straordinario, appunto, di mitico, perché se andiamo a frugare nei cassetti della storia, ci accorgiamo che la corona d’Inghilterra non ha tutto questo potere politico e, tuttavia, è ineccepibile il mito del potere che Elisabetta rappresenta.
Marilym, bellezza senza tempo
Il potere affascina, mette soggezione, toglie dall’indifferenza chi ne osserva l’azione. E così è la bellezza: ammalia, incanta, seduce, conquista. Marilyn è il mito della bellezza. Dicevo che per quanto riguarda Elisabetta è facile comprendere come e perché si sia combinata questa sintesi tra realtà e immaginazione collettiva; più complesso capire come si sia formata Marilyn, mito della bellezza. Però il procedimento è lo stesso che si è seguito per Elisabetta.
Se scomponiamo pezzetto per pezzetto la sua immagine, ci accorgiamo che non c’è niente di eccezionale, eccezionalità che pretende necessariamente il mito. Capelli, occhi, naso, seno, vita, fianchi, gambe: normali, niente di eccezionale. Non ha gli occhi viola di Elizabeth Taylor; non ha i capelli rossi come una cascata travolgente di Rita Hayworth; non ha il seno di una “maggiorata”, tipo Jane Mansfield, molto in voga nel suo tempo… Si potrebbe andare avanti.
Ma tutti quei pezzetti di Marilyn che non vincono la gara di bellezza, una volta che vengano messi tutti insieme, salta fuori Marilyn Monroe, il mito della bellezza. Perché? Perché la bellezza di Marilyn non è fatta di cose, ma di sentimenti che diventano cose. Marilyn è sensualità pura: seno normale? Guardate come lo muove in “A qualcuno piace caldo“. Fianchi normali? Guardate come cammina rispetto a Jane Russell in “Gli uomini preferiscono le bionde“. Ricordate il soffio d’aria che sale dai tombini della metropolitana e scompiglia la vaporosa gonna bianca di Marilyn, lasciando vedere le sue gambe nude fino al sedere, nel film “Quando la moglie è in vacanza“? Chi ha gambe più sensuali? Capelli, occhi normali? Guardate come muove la testa, come osserva con un senso di sfida e di odio l’uomo che non ama in “Niagara“.
Bellezza e potere che diventano storia
Sono tutti film che non vedo da una vita, forse come voi, ma indimenticabile è la varietà del sentimento della bellezza che ci comunica Marilyn, carica di quella sua sensualità che diventa gioco, erotismo, aggressività. Chi si dimentica la sua voce e il suo volto quando canta Happy Birthday al suo presidente? Lei non canta, trasmette la bellezza dell’amore, comunica il sentimento universale della bellezza ferita da una passione per il suo presidente che si è trasformata in dolore, morte. Questa è Marilyn Monroe: un mito della bellezza moderna che è diventata storia. Potere e bellezza, miti che non tramontano e trovano nel tempo chi li rappresenta per ricordarci la loro relazione, anche se tanto diverse sono le figure che interpretano questi miti, come Marilyn e Elisabetta.
(Per gentile concessione, testo di Stefano Zecchi contenuto nell’ultimo numero di Novella 2000)