«La mafia non c’entra». Santo Versace non ha dubbi sull’omicidio del fratello Gianni, ucciso a Miami (Usa) il 15 luglio 1997. «Non c’è alcun mistero, l’assassino è Andrew Cunanan». Ne parla a Giallo, spiegando che ciò era evidente dall’inizio ed è stato poi dimostrato dalla giustizia. «Piace a tanti scavare e scrivere delle falsità colossali, come qualcuno che fa certi programmi televisivi, altrimenti non ci sarebbe mai stato alcun dubbio, su niente», attacca il dirigente della celebre casa di moda. A quasi 25 anni dall’omicidio di Gianni Versace, esce il libro di Roberta Bruzzone, che mette la parole fine alle illazioni che si susseguono sulla morte dello stilista. Ha tracciato il profilo psicologico di Andrew Cunanan, un narcisista maligno affetto da disturbo patologico della personalità. Il movente è fondato sull’invidia nei confronti di Gianni Versace. Ma quando l’omicidio si è consumato, l’opinione pubblica non si è “accontentata” dell’assassino individuato, auspicava l’intrigo internazionale, anche perché il killer non è stato processato, né ha spiegato le ragioni del suo gesto, essendosi suicidato prima che venisse trovato.
Ma Andrew Cunanan, giogo gay di 27 anni, voleva essere Gianni Versace, ma era un serial killer che prima di uccidere lo stilista aveva fatto quattro vittime. Aveva massacrato a colpi di martello sul cranio un amico, Jeffrey Trail, a cui rubò una pistola con cui sparò alla testa a David Madson, la sua seconda vittima. A Chicago poi torturò a morte Lee Miglin, poi la triste sorte toccò a William Reese, un guardiano del New Jersey a cui rubò il pick-up con cui arrivò a Miami. Gli serviva però una illustre per suggellare la sua fama. Pur essendo finito nella lista dei dieci ricercati più pericolosi dall’Fbi, riuscì a muoversi indisturbato per due mesi a Miami, dove appunto uccise Gianni Versace.
“NESSUN MISTERO SU OMICIDIO GIANNI VERSACE, FORSE GRAZIE A ROBERTA BRUZZONE CI CREDERANNO”
Dopo l’omicidio di Gianni Versace si sono susseguite varie teorie. Come quella della criminalità organizzata, ma la pista della mafia si è subito dissipata. «Le sentenze di tutti i tribunali del mondo parlano chiaro, ma oggi che ha scritto il libro la Bruzzone forse ci crederanno di più. Io però non leggo libri su Gianni», afferma Santo Versace a Giallo. Al settimanale ha parlato anche la criminologa, parlando del suo nuovo libro. «Cunanan sapeva che questo omicidio, a differenza degli altri commessi precedentemente, l’avrebbe reso “famoso”. Tale aspetto era al centro del suo mondo psichico da sempre. Era ossessionato dall’avere considerazione e ammirazione». Roberta Bruzzone, dunque, ha ricostruito il percorso psicologico che ha trasformato Andrew Cunanan in un serial killer feroce, partendo dall’infanzia. Ma entra anche nel merito delle indagini, in quanto furono commessi degli errori fin dall’inizio. Errori definiti «clamorosi» dalla criminologa.
«Ad esempio, a Lee Miglin ruba monete d’oro. Una di queste Cunanan la impegnerà a Miami pochi giorni prima di assassinare Versace perché era al verde. Sul modulo indicherà le sue generalità corrette e l’indirizzo del Nomandy Plaza Motel. Ma quel modulo finirà nel cassetto di un poliziotto appena andato in ferie. Quando verrà tirato fuori da quel cassetto sarà ormai troppo tardi». Una circostanza grave considerando anche il fatto che era uno dei 10 maggiori ricercati negli Stati Uniti. Ci furono poi dubbi sul suicidio dell’assassino di Gianni Versace, ma non per Roberta Bruzzone. «Nel libro ricostruisco tutti i passaggi esaminando le tracce. Quell’ultimo proiettile era per lui perché lo avrebbe consegnato all’eternità. E avrebbe lasciato a bocca asciutta quelli che gli davano la caccia da mesi. Era lui che doveva decidere quando uscire di scena. Si è sparato in bocca per non rovinare il suo bel viso, che era diventato la sua arma più potente. Le prove raccontano questa storia. E solo questa».